Capitolo 19 -Beatrice

14 2 0
                                    

Sento il cuore battermi forte nel petto, mentre aspetto un qualsiasi tipo di sua reazione. Brian appoggia tutto il suo peso sulla gamba sana e poi tenendo la stampella in bilico con l'altra mano, si gratta il mento, come se nulla fosse, come se fossi nulla.
«Lui è Brian.» la voce di Harry mi arriva poco chiara alle orecchie, come se fosse distante da me. «L'ho portato qui perchè ultimamamente gliene sono successe un po' di tutti i colori, si è lasciato con la ragazza, ha avuto un incidente..» si ferma e guarda Martina negli occhi. «probabilmente causato da lei, gli avrà fatto qualche sorta di vodoo.» accenna una risata, ma si blocca qundo nessuno ride con lui. Io guardo Brian che, incapace di reggere il mio sguardo, lo poggia per terra, fingendo di guardarsi le scarpe. Harry mette le mani in tasca e alza le spalle. «Allora, ci fate entrare o no?» ha il sorriso bello e felice. Mi scosto di lato per farli entrare e guardo il ragazzo, che entrando mi sfiora la spalla. Ho finalmente visto il colore dei suoi occhi. Sono di un verde così scuro da sembrare nero. Martina mi prende per mano e delicatamente fa per trascinarmi dentro, ma io sono irremovibile. E poi vorrebbe lasciare Brian qui fuori? Sento poi la porta chiudersi dietro le mie spalle. Siamo solo noi due. Ho desiderato che ci trovassimo in questa situazione molto tempo fa, ma il mio sogno ad occhi aperti era molto diverso. Lui mi diceva che gli mancavo e io ero nelle sue braccia al sicuro. I suoi occhi erano gioia allo stato puro e rendavano felice anche me. Poi mi diceva che mi amava e mi baciava ripetutamente sulla fronte e poi sul collo mentre io sorridevo, grata e avevo i brividi. Alzo lo sguardo e invece mi trovo una persona così diversa da come me l'ero immaginata, così fredda e scostante che per un attimo mi chiedo se sia davvero Brian oppure un doppelgänger cattivo, come Kathrine, magari, opposto di Elena. La mia mente mi da un violento pizzicotto e mi ricorda che per quanto The Vampire Diares possa essere la mia serie tv preferita, questa è la vita reale e in questa vita sono davanti alla persona per me più importante, zitta e ferma, senza dire nulla, come una completa idiota. Sto aspettando delle scuse? Le sta aspettando lui? Ripercorro la nostra storia alla velocità di un time-lapse, ma non mi sembra che io abbia mai sbagliato nulla. È lui che deve scusarsi per aver dato una festa con delle spogliarelliste. Il ricordo di quel momento mi da uno scossone e mi da la forza per parlare.
«Come conosci Harry?» dalla mia bocca sono davvero uscite delle parole così stupide per l'inizio di una conversazione? Chiudo un attimo gli occhi e sospiro. Non ti devi nascondere, probabilmente è la persona che fra tutte ti conosce meglio, sa come sei fatta e quasi sicuramente sa come ti senti adesso. Allora perchè non spazza via il mio dolore?
«Non sapevo che Martina abitasse qui, altrimenti non sarei venuto.» sento che si sta allotanando, anche se la distanza fra noi è di appena qualche metro.
«Non volevi vedermi?» mi metto le mani nelle tasche sul retro dei pantaloncini di jeans e aspetto la sua risposta, con il cuore in gola.
«È meglio che vada.» nell'incidente deve aver perso anche l'udito, evidentemente, perchè non sta rispondendo alle mie domande in maniera adeguata, anzi sembra proprio che non le senta.
«Perché? Potresti stare con me.» mi mordo la lingua quando mi accorgo del doppio senso fatto. Poi alzo gli occhi nei suoi e noto che mi stava già guardando e come un bambino beccato a copiare in una verifica sposta subito lo sguardo su qualcosa che non sia io. Poi si morde un labbro, cosa che fa quando è nervoso o agitato. Gli ho attaccato io questa abitudine, penso sorridendo. Quando capisco che non mi vuole rispondere, continuo io. «Dove vorresti andare? Non puoi guidare.»
«Grazie, Beatrice, per avermelo ricordato.» alza gli occhi al cielo in un'espressione annoiata. Il suo comportamento così menefreghista nei miei confronti mi ferisce.
«Non intendevo..» sussulto quando dice il mio nome per intero.
«Non mi sono spiegato bene: è meglio che vada, lontano da te.» sposto una mano davanti al naso e cerco di sbattere più velocemente le palbebre per non essere tradita dale mie lacrime. Lui impugna le stampelle e poi mi gira le spalle. Lo vedo sospirare, il capo chino, esita. Spero con tutta me stessa che si giri e che mi baci, ma quando inizia a camminare, mi mando a quel paese da sola. Fanculo a tutti i libri che ho letto, a tutti i film che ho visto, non c'è mai un lieto fine, per me. Mi mordo un dito ed entro, mostrandomi forte sotto lo sguardo indagatorio di Martina. Le sorrido con la poca felicità che in questo momento mi rimane e mi dileguo in camera sua. Mi sdraio sul letto e guardo il soffitto. Non voglio piangere ancora, non voglio piangere ancora, basta, smettila. C'è un tasto off per il senso di inadeguatezza che provo in questo momento? Chiudo gli occhi e mi concentro sulle cose belle che ho passato, sperando che in qualche modo chiudano il rubinetto che ho al posto degli occhi. Poco dopo entra Martina.
«Dov'è Brian?» mi chiede cauta, sedendosi vicino a me.
«Lontano da me.» alzo le spalle e immagino tutte le sue felpe bruciare in un rogo di dolore, tristezza e amarezza. Focalizzare questo pensiero in qualche modo mi aiuta a trovare la forza di parlare. «Vai da Harry. È un ragazzo carino per quanto lo abbia conosciuto.»
«È venuto qui per te.» mi ricorda, passandomi una mano sulla fronte, spettinandomi e arruffandomi i capelli. Alzo le spalle.
«Puoi sempre fargli cambiare idea. Sei molto più bella di me e in questo momento sicuramente più felice. Riuscirai sicuramente a farlo cadere nella tua trappola cattura ragazzi.» mi sorride.
«Hai due giorni liberi dal lavoro, dovresti divertirti e uscire con gli amici. Non deprimerti per Brian nel letto quando fuori è una bellissima giornata.»si gira verso la finestra aperta per osservare il cielo azzurro e senza neanche una nuvola. «Se ti va posso mandare a casa Harry e andiamo a fare un po' di shopping io e te.»
«E con quali soldi?» le chiedo, ridendo appena, ma solo per farla contenta. «Ascolta, Marti, vai da lui, conoscilo. Se non ti piace non succede nulla, non dovete mica sposarvi. Io ho solo bisogno di dormire un po'.» mi da un bacio sulla guancia bagnata dalle lacrime e riluttante a lasciarmi sola esce dalla sua stanza, chiudendo la porta alle spalle.
Brian. Brian. D'un tratto la tristezza si trasforma in rabbia, voglio reagire. Purtroppo non ho qui il mio ex-ragazzo per tirargli un pugno, così decido di aiutare Martina. In un modo strano, ma è l'unico che conosco. Mi metto a cercare degli indizi, qualcunque cosa, che mi possano condurre al perché di quella cicatrice. Voglio aiutarla, devo, ma non so come. Mi accovaccio davanti ad una scatola enorme e color madre perla, che si abbina perfettamente ai colori panna e beige della stanza. Ricordo che Martina mi aveva detto di non aprirla, perché ci sono ricordi della sua infanzia e che era inutile curiosare lì dentro. È l'unico posto che mi viene in mente dove possa cercare. Appoggio per terra i libri che aveva messo sopra, una lampada e tre cactus piccolini. Poi tolgo il coperchio. C'è praticamente di tutto qui dentro. Sembra essere una capsula dei ricordi. Per un momento mi chiedo se sia giusto ficcare il naso dove la mia amica mi aveva detto esplicitamente di non farlo. Mi giro verso la porta, chiusa e poi riguardo lo scatolone. Infilo le mani e la prima cosa che prendo sono una pettorina per cani piccolissima, sembra che appartenesse ad un cucciolo. La tiro fuori e la appogio di fianco a me. Poi trovo un guinzaglio e dei giochi che fanno rumore se si schiacciano, i classici giocattoli per cani. Uno a forma di pollo e l'altro a forma di carota. Mi passa tra le mani un collare con la medaglietta di riconoscimento a forma di cuore e stringo gli occhi ancora umidi dalle lacrime per leggere il nome inciso sopra. Inforco meglio gli occhiali sul naso e porto l'oggetto vicino a me.
«Milka.» dico sottovoce. Rimetto tutto dentro, ma continuo a cercare. Non voglio che se Martina dovesse entrare di sorpresa veda tutto il contenuto della scatola fuori posto e sparso sul pavimento. Fin'ora un ricordo di un cane morto non mi dice nulla. Trovo un raccoglitore ad anelli fucsia e lo apro. Dentro ci sono una decina di pagine, dove descrive il suo matrimono dei sogni, una lista delle sue amiche e di quelle che non sopporta, (sorrido quando a fianco del mio nome trovo venti X vicino) e dei ragazzi più carini della classe delle elementari. Anche se non andavamo nela stessa classe, le nostre maestre erano amiche e andavamo sempre in gita insieme e poi ci vedevamo durante l'intervallo. Giro ancora pagina e trovo un disegno di quella che credo sia la sua famiglia, solo che sono in quattro. Stringo gli occhi e mi asciugo con il palmo della mano il naso che da un po' minacciava di colarmi. Ci sono mamma e papà, le figure più grandi, che si tengono per mano e poi lei e un ragazzo e anche loro si tengono per mano. Anche se mi lascia perplessa come cosa, penso che fosse il suo fidanzatino delle elementari. Chiudo il raccoglitore e lo ripongo al suo posto. Trovo molti pupazzi, ma li lascio perdere. Al fondo, trovo un altro quaderno, che sembra per lo più un album di foto. Infilo il braccio dentro e quando le mie dita si stringono all'oggetto, non riesco a tirarlo in superficie, non credo che sia per il peso dei giocattoli e dei fogli disegnati da una bambina di sette anni, ma credo che sia bloccato. A dar conferma ai miei pensieri mi accorgo che è intrappolato con lo scotch trasparente. Mi dirigo alla scrivania e vado a colpo sicuro aprendo il secondo cassetto. So che è lì tiene le forbici. Taglio una parte per farlo scivolare di lato e recuperarlo. In questo momento mi sento un po' un archeologo. La copertina è spessa e in rilievo, di un blu zaffiro. Passo le mani sulla targhetta. "Foto ricordo." mi mordo il labbro e senza rimuginarci troppo, lo apro. La prima foto è di Martina da piccola, mentre è nuda con solo il pannolino indosso e piange disperatamente. Procedo. Sono tutte foto di Martina, lei con un vestitino da fata, da principessa, lei truccata con i brillantini. Lei con le treccine che sorride mostando i dentini caduti sul davanti. Trovo anche delle foto delle elementari e in quella della gita ci sono anch'io. Mi vengono le lacrime agli occhi quando vedo me e Izaura che ci teniamo per mano e ridiamo per conto nostro, guardandoci come se gli altri non esistessero, mentre i nostri compagni erano in posa per la foto. Sono stupida, è solo un album dei ricordi. Cosa pensavo di trovare? Penso, e proprio menre sto per chiuderlo faccio scorrere velocemente le ultime pagine. Le foto sono tutte strappate, come se ci fosse una persona che Martina non vuolesse più vedere. Si vede lei da piccola vicino all'albero di Natale, in braccio ad un bambino poco più grande di lei di appena tre o quattro anni, sembrerebbe dalle gambe cicciotte e dai calzini di Superman. La faccia è stata strappata. Anche tutte quelle successive sono così. Sempre più desiderosa di sapere come mai, scorro le pagine fin all'ultima, quando trovo un articolo di giornale, scritto piccolo e con la carta ingiallita. L'immagine in bianco e nero, sembra rappresentare un incidente automobilistico. Sto per leggerlo quando sento dei rumori in salotto. Ripongo tutto la suo posto, senza curarmi di rimettere lo scoth, non c'è tempo. Chiudo il coperchio e dispongo in maniera veloce le piantine grasse, i libri e la lampada. Spero che non si accorga di nulla. Appena una manciata di secondi dopo, spunta Martina felice.
«Avevi ragione! È simpatico. Sembra quasi diverso dagli altri ragazzi della zona.» la supero velocemente e corro in salotto. «Ehi, Bea, tutto bene?» mi segue ed io annuisco.
«Ho ricevuto un messaggio da Tancredi, dice che devo andare a casa subito. C'è, ehm, un problema con i gemelli.» dico a caso e mi metto velocemente le scarpe.
«Cavolo! Stanno bene?» chiede preoccupata. «Ti do un passaggio in macchina, così fai prima.» va vicino alla scarpiera posta in un angolo, ma la fermo.
«No!» dico, forse con troppa enfasi. Lei mi guarda strano e rimette a posto le scarpe. «Hanno solo qualche linea di febbre e Tancredi deve uscire di casa e non vuole lasciarli soli.» sorrido e la abbraccio. Poi esco, facendo sbattere troppo violentemente il portone per via della corrente.
Mentre cammino velocemente fino alla fermata del pullman più vicina, i miei pensieri sono come un labirinto e non riesco a smettere di pensare a quel giornale che non ho potuto leggere. È per colpa di quell'incidente se Martina ha quella cicatrice? E anche se fosse come potrei aiutarla? Sono stata una sciocca a pensare che io possa portare via un po' del suo dolore per alleggerirla. E poi perché strappare via dalle foto una persona? Sembra una cosa un po' da psicopatici o da qualcuno che nasconde un secreto, come Martina.
Mi sento così inutile ed impotente a non poter fare niente.

His Smile 2 - Il nostro per sempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora