12 - Essere o non essere

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Sebastian's Pov

<<Ohia, ohia>> rivolgo uno sguardo divertito al mio Bocchan che, ricambiando il mio sguardo con un sorrisetto compiaciuto, è stretto da alcune catene che gli hanno segnato i polsi e le caviglie, facendole leggermente sanguinare, posso notare il liquido rossastro secco sulla sua pelle <<Sembra che lei non sia far altro, a vvolte, che sapersi fare rapire>> mi sistemo i capelli all'indietro <<Alludi forse a quel lontano fatto con Azzurro Venere?>> <<Non ascolti le chiacchiere di un diavolo di maggiordomo, padroncino>> sento tintinnare il metallo che lo imprigiona al muro <<Piuttosto, hai intenzione di liberarmi o cosa?>> il suo tono di voce stizzito si può scorgere molto facilmente: di certo, dopo aver aspettato una settimana prima che io venissi a liberarlo, non certo per mio ozio ma per, invece, un piano elaborato in fretta, è logico che si senta troppo costretto in quelle quattro mura <<Spero che non l'abbiano torturata>> lo guardo negli occhi prima di spezzare le sbarre di ferro che lo distanziano da me <<Affatto, il loro intento era solo quello di infastidirti, ma si sono arresi dopo circa tre giorni, anche se ho fatto fatica a tenere conto del tempo che scorreva>> mi sporgo verso di lui, gli tolgo la benda che copre il suo occhio viola con il simbolo del nostro contratto <<Mi dica, ora, Bocchan, cosa desidera>> sorride malizioso <<Se ti dicessi cosa voglio davvero non potresti farmelo avere>> ridacchio sommessamente <<Non pensavo mi avrebbe risposto così>> sbuffa ma vedo lo stesso che se la ride sotto i baffi <<Aiutami ad essere di nuovo libero, Sebastian, questo è un ordine!>> annuisco prima di inchinarmi <<Yes, My Lord>>

Ciel, tu non sarai mai libero veramente, finchè sarai stretto tra le mie dita, e non ho per niente voglia di lasciarti andare troppo facilmente.

Io sono il tuo servitore e tu il mio padrone.

Io sono tuo ma tu al tempo stesso sei mio.

<<Trova un modo per ripulirti di quel sangue in fretta e vedi di mettere in un angolo anche tutti quei cadaveri>> sorrido, indietreggio non calpestando i corpi degli uomini che ho da poco ucciso <<Lasci fare a me>>

Alois' Pov

Sono steso sul letto le cui lenzuola sono state cambiate questa mattina, la mia camicia da notte bianca ricade leggera sulle coperte linde quanto essa, il mio sguardo è rivolto alla finestra e alla Luna che splende nel cielo notturno, nascosta a me soltanto dalle tende che coprono il vetro <<Sono stufo di tutto questo>>

Mi chiedo molto spesso perché io non abbia reagito in questi giorni che si sono susseguiti uno dopo l'altro, che hanno dato vita ad un circolo vizioso fatto da visite fastidiose di mio zio, cameriere silenziose, fin troppo, e di noia, noia totale. Forse è l'effetto delle droghe a me iniettate per non permettermi di avere scatti di ira violenti? Forse sono i troppi schiaffi di mio zio in pieno viso?

D'un tratto mi alzo, raggiungo lo specchio a figura intera che si trova vicino al mio armadio, mi osservo e quello che riesco a scorgere nei miei occhi azzurri è la delusione, quella che ti logora anche quando non sei cosciente, anche quando ti infilo un ago nella vena del braccio, anche quando piangi al solo sentire nominare il cognome della persona che vorresti fosse lì con te.

Che vorresti si ricordasse ancora di te....

No, non posso pensare questo! Lui non mi ha abbandonato, sono sicuro che sta venendo a prendermi, entrerà dalla finestra e mi porterà via con lui, torneremo a casa assieme! Questo è solo l'effetto che quel tranquillante ha su di me, non devo preoccuparmi.

Il mio alter ego che si sovrappone alla mia figura non smette di ridere sguaiatamente <<Seriamente pensavi di averlo legato a te? Povero cretino>> senza pensarci due volte sferro un pugno contro il vetro che, debole sotto la mia forza, si rompe in tanti piccoli pezzi ed alcuni mi feriscono il viso e i piedi <<No! Lui, lui.....>> mi mordo il labbro prima di scoppiare a piangere accasciandomi a terra, mi rotolo sul pavimento finendo a pancia in su, la schiena trafitta dai piccoli vetri rotti, rotti come il mio cuore in questo momento; spalanco le braccia osservando il soffitto affrescato con l'albero genealogico dei Trancy, il mio nome compare, ma non si può dire lo stesso del mio ritratto, probabilmente è stata fatto quando ancora ero piccolo.

O meglio, era.

Io sono solo un povero ragazzo stolto che si è arricchito alle spalle di un altro che non ha mai potuto vivere nel palazzo in cui risiedo io.

Visto? Non sai fare nulla da solo.

La mia risata interna esce fuori con un basso rantolo, mi esplode nel petto e la mia schiena si inarca, dopo qualche secondo urlo <<Io non sono così!>>

<<Fissatemi pure, fissatemi tutti con odio, fate pure! Arnold Trancy, guardami!>>

Non mi toccherà più con un dito, lo giuro sulla Regina.

Ho finto di essere un Trancy, ma è ciò che sono ora.

Non posso fingere di essere diverso da questo.


*Angolo autrice*
Attenzione, le ultime parole sono davvero importanti per me.
Vi lascio comunque delle immagini inerenti al capitolo <3

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