A song of storms and sorrow

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𝑻𝒆𝒔𝒕 𝒎𝒚 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒊𝒕𝒚
𝑪𝒉𝒆𝒄𝒌 𝒊𝒇 𝒕𝒉𝒆𝒓𝒆'𝒔 𝒂 𝒘𝒆𝒂𝒌 𝒔𝒑𝒐𝒕
𝑪𝒍𝒊𝒏𝒈𝒊𝒏' 𝒕𝒐 𝒊𝒏𝒔𝒂𝒏𝒊𝒕𝒚
𝑯𝒐𝒑𝒆𝒔 𝒕𝒉𝒆 𝒘𝒐𝒓𝒍𝒅 𝒘𝒊𝒍𝒍 𝒆𝒂𝒔𝒆 𝒖𝒑
𝑻𝒓𝒚 𝒕𝒐 𝒎𝒂𝒌𝒆 𝒊𝒕 𝒍𝒐𝒐𝒌 𝒍𝒊𝒌𝒆 𝒊𝒕'𝒔 𝒂𝒍𝒍 𝒔𝒐𝒎𝒆𝒉𝒐𝒘 𝒈𝒆𝒕𝒕𝒊𝒏𝒈 𝒃𝒆𝒕𝒕𝒆𝒓

Aveva fatto crescere i capelli per lasciarli danzare nel vento.
Aveva fatto un lungo viaggio solo per raggiungere il luogo in cui l'aria e il mare si incontrano
creando l'armonia di una tempesta che è purificazione e pace.
Aveva allargato le braccia sotto la pioggia ed aveva corso sulla spiaggia, 
permettendo ad ogni suo peccato di essere lavato via.
Ma non era stato sufficiente.
Alla fine la pace era scivolata altrove, proprio come granelli di sabbia tra le dita.
Non è cambiato nulla, vuole ancora uscire da se stessa lei.
Aprirsi il petto e strapparsi il cuore per smettere di sentire, per smettere di provare.
Nemmeno il sussurro del vento riesce ormai a silenziare le altre voci,
la sua testa urla, piange, ringhia.
Il dolore le fa pulsare le tempie e le fa scoppiare il sangue nelle vene con violenza,
la stessa con cui incide i propri polsi in cerca di liberazione.
Ma quella sensazione in riva al mare, tra il maestrale e il rumore delle onde,
non può essere in alcun modo ritrovata in quel luogo dimenticato dagli dei.
E piange, piange, e si dispera senza voce.
Non può parlare, non lo sa fare.
La sofferenza si impiglia in gola quasi soffocandola, e torna indietro come un pugno allo stomaco che la lascia a terra rigida e boccheggiante,
fredda e distante.
Le lacrime scorrono come il sangue sulle braccia,
liquido cremisi con cui scrive sui muri, sui quaderni, sul suo corpo martoriato.
Sugli specchi per coprire quel riflesso che non deve essere guardato.  
Perchè qualcuno però veda, perchè qualcuno sappia.
Si aggrappa a quel sogno lontano che la fa volare, proprio come il vento quel giorno di tanto tempo prima,
ma non basta, non basta più nemmeno quello.
Un desiderio lontano, un miraggio nel deserto.
Troppo, troppo, troppo.
Oppure troppo poco.
Mai abbastanza, mai abbastanza.
Sempre sbagliata, sempre sbagliata.
Cantilene scandite dalla cattiveria con cui da sola si ferisce.
Nemica di se stessa prima di essere nemica del mondo,
con quella fragilità di chi vorrebbe essere salvato, e che al medesimo tempo desidera essere lasciato lì a morire fagocitato da se stesso.
Confusione, compromesso, paradosso.
Dov'è?
Dov'è quel vento capace di fare miracoli?
Soffia altrove, soffia distante. Soffia in una terra differente.
Non c'è pace, non c'è rimedio, solo il bisogno di ripartire da zero.
Ma il vicolo davanti è cieco, e quello dietro troppo buio.
Fa paura guardarsi alle spalle, c'è solo da dimenticare.
Fa paura guardare avanti, non c'è un posto sicuro in cui arrivare.
Cammina, cammina,
cammina senza meta e senza sosta,
gli occhi timidi nascosti dai tatuaggi di guerriera,
lei che potrebbe profumare d'estate, ma ha scelto di vestirsi dei colori dell'inverno.
O forse dell'inferno?
Dormirà stretta al suo cuscino questa notte? 
O magari abbraccerà ancora una volta il suo sogno di carta e inchiostro?
Ma gli incubi sono in agguato ad attendere in quell'oscurità senza luna,
scivolandole addosso come carezze di angeli caduti,
persi come lei in un luogo che il sole non raggiunge mai.
Nemmeno ad occhi chiusi c'è armistizio, nemmeno ad occhi chiusi c'è armonia.
In bilico tra l'odio e la follia, tra nero e scarlatto,
aspetta, spera, prega che qualcuno trasformi la disperazione in poesia.
O che tornasse perlomeno a soffiare il vento.
Soltanto questo può cullarla e portarla via.


Writober 2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora