First Brain is Unforgettable

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𝕴'𝖒 𝖙𝖍𝖊 𝖐𝖎𝖓𝖉 𝖙𝖔 𝖘𝖎𝖙 𝖚𝖕 𝖎𝖓 𝖍𝖎𝖘 𝖗𝖔𝖔𝖒
𝕳𝖊𝖆𝖗𝖙 𝖘𝖎𝖈𝖐 𝖆𝖓' 𝖊𝖞𝖊𝖘 𝖋𝖎𝖑𝖑𝖊𝖉 𝖚𝖕 𝖜𝖎𝖙𝖍 𝖇𝖑𝖚𝖊
𝕴 𝖉𝖔𝖓'𝖙 𝖐𝖓𝖔𝖜 𝖜𝖍𝖆𝖙 𝖞𝖔𝖚'𝖛𝖊 𝖉𝖔𝖓𝖊 𝖙𝖔 𝖒𝖊
𝕭𝖚𝖙 𝕴 𝖐𝖓𝖔𝖜 𝖙𝖍𝖎𝖘 𝖒𝖚𝖈𝖍 𝖎𝖘 𝖙𝖗𝖚𝖊
𝕴 𝖜𝖆𝖓𝖓𝖆 𝖉𝖔 𝖇𝖆𝖉 𝖙𝖍𝖎𝖓𝖌𝖘 𝖜𝖎𝖙𝖍 𝖞𝖔𝖚


Il corpo della giovane assassinata era steso sul tavolo in freddo metallo, ma lei ormai non poteva più sentire nulla, nè il calore nè il gelo. Era stata spezzata quando era ancora nel fiore degli anni: i lunghi capelli biondi come il grano le ricadevano in graziosi boccoli sulle spalle e la sua pelle schiarita dal pallore della morte non era solcata da una sola imperfezione. Certo, salvo il buco al torace dal quale le era stato strappato il cuore.

C'era un pazzo assassino in giro per Santa Fe? Be... a Damian non importava, visto che era già morto.
Guardò con un misto di tristezza e pietà la giovane che sembrava profondamente addormentata, tradita solo dall'innaturale immobilità della morte, e facendosi il segno della croce le dedicò una preghiera.
- E grazie per farmi da pasto. -
Pensò prima di prendere i suoi attrezzi, così da poter recidere la calotta cranica ed estrarre il cervello. Lo pesò perchè era necessario annotare anche quel particolare nella cartella del medico legale e poi si infilò nella piccola cucina dell'obitorio, uno spazio angusto, dotato del minimo indispensabile affinchè qualcuno potesse cucinarsi un pasto semplice e veloce.
Damian non era sicuro di riuscire a mangiare un cervello così come nulla fosse. Certo il suo corpo lo voleva immediatamente, anelava a bagnarsi le labbra nel sangue, ma la sua mente rifuggiva quel pensiero. Fu per questo che decise di rendere il supplizio più leggero, provando a renderlo un piatto quasi normale.
Iniziò a tagliarlo in piccoli pezzi e li buttò in una ciotola di quelle per l'insalata poi vi aggiunse del pomodoro, dei finocchi, e dei tocchetti di mozzarella, dopodichè condì il tutto con olio, sale e aceto. Il cervello ora aveva quasi le sembianze di gamberetti sgusciati. Evviva!
Ancora non del tutto convinto, si sedette su una delle uniche due sedie disponibili, facendo scricchiolare il legno di cui era fatta, ed iniziò a rimestare la sua insalata mista con l'ausilio del cucchiaio, decidendosi solo dopo un lunghissimo istante a prendere un bel boccone e ficcarselo in bocca ad occhi chiusi.
E dopo il primo boccone ne giunsero altri.
Alla fine si ritrovò a mangiare di gusto, come un bambino davanti al suo piatto preferito. E che goduria! La sensazione di fame si attenuava ad ogni morso, fino a scomparire del tutto. Ora c'era spazio per sentire la voce della negromante che lo aveva risvegliato.
Damian la sentiva quasi sempre, come se lei lo chiamasse a sé, ma a volte la fame attenuava quel particolare suono delicato, sostituendolo con pensieri terrificanti di corpi dilaniati e organi divorati.
Ora invece lo sentiva forte e chiaro. Gli sembrava quasi la voce di un angelo, mentre lui era il mostro che si era appena nutrito di carne umana, di una poverina morta nel peggiore dei modi.
Oh ottimo il senso di colpa era...
Un flesh lo fece sobbalzare, facendolo guardare intorno ad occhi sgranati, smarrito come quando si era risvegliato dopo la morte.
Aveva appena visto un ricordo, un ricordo che non gli apparteneva: un vampiro aveva succhiato il sangue della vittima e l'aveva tenuta con sè per una notte di passione, forse proprio poco prima che morisse. Scosse la testa violentemente come per espellere quelle immagini, e ancora sconcertato uscì dalla morgue, deciso a dimenticare quell'accaduto. Possibile che aver mangiato il cervello della ragazza gli avesse regalato anche i suoi ricordi?
Dopo qualche giorno a vivere flashback e a comportarsi a tratti come una ventenne esaltata e con la sindrome dell'acquisto compulsivo, capì che era possibilissimo, e che mangiare cervelli umani aveva grossi effetti collaterali: ti facevi dei gran bei trip nella vita di un altro, e assumevi il suo carattere e le sue abitudini... almeno finchè non passavi al cervello successivo.
Benissimo. Non solo Damian era morto e risorto, ma non sarebbe mai più stato completamente se stesso. A fargli compagnia nella sua mente c'erano la sua stessa voce, quella della negromante che in tutti i modi cercava di farlo tornare da lei, e quella del malcapitato che finiva nel suo stomaco.
Che meraviglia... se avesse saputo come fare a suicidarsi lo avrebbe decisamente fatto.
Sempre che quel pensiero fosse davvero il suo o del nuovo tizio autolesionista di cui si era nutrito poche ore prima...

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