Prologo

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Lauren's POV

Il palco era immerso nell'oscurità più totale e non si vedeva nulla, né per chi ci stava sopra né per chi ci stava sotto. Sentii il mio battito cardiaco risuonare nelle mie orecchie, offuscandomi la vista per qualche istante, e il mio respiro accelerato mi avvolse vietandomi di sentire le ultime raccomandazioni delle persone che si trovavano alle mie spalle. Ero in una bolla, non sentivo niente e nessuno se non il mio corpo e i miei pensieri, totalmente immersa nella silenziosa confusione dettata dall'ansia da prestazione, e per un istante ebbi paura di star per svenire.

Ero sul punto di girare sui miei tacchi e di scappare a gambe levate da quel posto quando uno dei vari tecnici mi fece segno di salire, stroncando sul nascere ogni mio pensiero codardo. Mi feci forza, concentrando tutte le mie energie sulle mie gambe, e feci un passo in avanti, sospirando rumorosamente, mettendo finalmente piede su quella buia costruzione. Camminai lentamente, attenta a non andare addosso a qualche strumento che sarebbe servito per il concerto dopo la mia performance, con la chitarra in una mano e il microfono nell'altra, cercando di regolarizzare il mio respiro e il mio battito cardiaco.

Sentii la folla rumoreggiare, forse qualcuno mi aveva vista, e da quelle decine di migliaia di persone si sollevarono grida di gioia tanto forti da far tremare l'impalcatura sotto i miei piedi. Sorrisi alla scarica di adrenalina che percorse la spina dorsale, riscaldando le mie mani congelate a causa dell'ansia e scuotendo il mio corpo in un breve fremito di eccitazione che mi regalò un'energia che non avevo mai provato prima.

Posizionai il microfono al suo posto sull'asta di supporto, che regolai a dovere in modo che fosse all'altezza della mia bocca, e infilai a tracolla la chitarra. Feci un veloce giro di corde, controllando che fosse ancora perfettamente accordata, e la collegai all'impianto acustico tenuto sotto controllo dai tecnici. Infilai l'in-ear all'orecchio e diedi l'okay al gruppo dei tecnici, che sapevo mi stavano guardando, e chiusi gli occhi per un istante ricordando che avrei avuto solo altri cinque secondi di buio.

Cinque secondi, né uno di più né uno di meno, che avrebbero potuto cambiare la vita di qualcuno. In quel lasso di tempo si può ricevere la notizia più bella della propria vita o la più brutta, si può rimanere irrimediabilmente feriti o si può guarire, si può fare la cosa più giusta al mondo o si può rovinare tutto finendo per trascinarsi alle proprie spalle quei singoli cinque secondi per il resto dei propri giorni. Possono essere la fine, quel punto che conclude ogni singola storia e che dichiara a gran voce che quel che è stato è stato, che non sarebbe più potuto essere cambiato e che non sarebbe più tornato indietro, ma possono anche essere l'inizio di tutto, ciò che avrebbe sancito la nascita di qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso, qualcosa di unico. A volte si spera che non finiscano mai, a volte che finiscano subito, ma una sola cosa è certa: scorrono imperterriti, lentamente o velocemente che sia, e non si fermano mai.

Cinque secondi, lunghi e brevi, tutto e niente. Cinque secondi che passarono anche per me.

Luci. Urla. Musica.

Era ora di iniziare.



Spazio autrice:
Boh, ho voluto fare un esperimento ed è uscita questa storia (i prossimi capitoli saranno più lunghi). È che un mese fa circa ho scoperto questa canzone e non sono ancora riuscita a togliermela dalla testa, quindi a una certa ho deciso di provare a scrivere qualcosa. E boh, non so che altro dire.
Ciao ciao

Head Above Water ~ CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora