[Silent Sight]

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Oᴍᴀʀ Fᴀʟᴡᴏʀᴛʜ
Cᴀᴘɪʀsɪ﹐ sᴛɪᴍᴀʀsɪ﹐ ᴀᴍᴀʀsɪ

“Tutto cambia. Ciò che oggi ritieni
giusto, domani potrai considerare sbagliato…ciò che oggi approvi,
domani potrai disapprovare.
Ciò che oggi ti piace tanto,
domani potrà disgustarti
ciò che oggi scansi come dannoso,
domani potrai cercare come vantaggioso. Ciò che oggi ami, domani potrai odiare. Non dare mai niente per certo.
Finché vivi niente resta immutato.
Ciò che non cambia muore.
Se vuoi vivere, cambia.”

17 dicembre.

Namjoon era stanco.

Stanco di stare in quella casa opprimente e angusta, piena di ricordi sgradevoli e dolorosi.

Stanco della sua monotonia.

Namjoon era un grande ammiratore della letteratura, lo affascinavano le delicate e semplici espressioni usate per donare significati profondi e complessi alle trame dei romanzi che spesso leggeva, chiuso nel suo studio e immerso nel totale silenzio.

Molte volte stava sveglio la notte con una fioca luce a illuminare le pagine dei suoi libri ingialliti e ad ascoltare la pioggia battere contro il tetto e le finestre appannate dal suo respiro.

Lui, la letteratura, e una tazza di tè.

Scriveva anche lui poesie, lettere e testi.
Sarebbe voluto diventare uno scrittore, per esprimersi tra le righe e metterci tutto sé stesso, l'avrebbe fatto fino all'ultimo respiro, donare una parte di sé al mondo.

Aveva questo sogno fin da bambino, e ne parlava con quello che era il suo migliore amico.

Non aveva una foto di lui, non si ricordava che faccia avesse e neanche il suo nome, ma sono rimasti ancora i disegni infantili sui muri di camera sua - dove non entrava da un anno a questa parte a causa della sua omosessualità non accettata- e qualche ricordo nel cuore.

Niente di più di qualche momento sfocato e messo in un angolo poco visibile e impolverato della lista dei ricordi che fanno male.
E che andrebbero cancellati.

Ma questo Namjoon non lo sapeva fare.

Namjoon, tanta era la frustrazione, si malediva per la sua innata capacità di ricordarsi ogni cosa, ogni singolo dettaglio, non gli sfuggiva niente dal controllo e dalla memoria.

Ma cosa aveva lui, un ragazzo autofobo e melodrammatico da morire, di speciale da poter esternare al mondo la sua opinione?

Tante erano le domande sulla vita e su se stesso che il ragazzo, guardando il cielo e fumandosi una disgustosa sigaretta alla vaniglia con una calma quasi disumana, si poneva.

E mai si udirono risposte al tramonto del sole e al sorgere di esso mentre passavano i secondi, così come i giorni e gli anni.

Non realizzò il suo sogno.

La sua vita divenne triste ed estremamente noiosa.

I natali erano più freddi senza persone accanto con cui festeggiare e le estati stancanti e agonizzanti, e ripensandoci Namjoon si maledisse ancora.

Si maledisse per non aver dato retta ai genitori.

Si maledisse per essersi innamorato di Jin.

Si maledisse per odiare di averlo amato.

Trasalí.

Il cielo quel giorno piangeva.
Erano come quelle lacrime amare e salate che Namjoon asciugava dopo aver pianto nel bagno dell'Università.

Ancora una volta, andò sul balcone.

Lasciò che la pioggia gli carezzasse il viso, e accese una sigaretta, come routine.

Era strano Namjoon.

Amava la pioggia.
Quando pioveva, generalmente il cielo era grigio, e lui amava le opere fredde.
Il suono rilassante della pioggia che insiste a infrangersi sull'asfalto e sulle case con le finestre parzialmente illuminate, l'atmosfera cupa e triste, lo rappresentavano a pieno.

Namjoon quel giorno danzò sotto la pioggia con una sigaretta spenta, il cuore in mano, e migliaia di parole scritte a matita su un foglio di carta.

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