[Atychiphobia]

427 47 2
                                    

[Atychifobia: paura di fallire.]

21 dicembre.

Non aveva una macchina, ma aveva qualche spicciolo nel portafoglio per permettersi un biglietto dell'autobus.

Così fece Namjoon, dirigendosi verso la fermata, sfregando le mani nel tentativo di riscaldarsi un po'.

Non aveva riflettuto, troppo preso dalla discussione con Seokjin, alle temperature fuori casa, e in quel momento ne stava pagando le conseguenze.

È sempre stato così.
Prendere le scelte è sempre stato un gioco per il moro, nonostante ad una certa il fato gli si ritorceva contro.

E si maledí ancora una volta, quella mattina, sbattendo i denti e sussurrando imprecazioni.

Si sedette sulla panchina di legno - alla quale mancavano delle assi - e si guardò intorno con curiosità.

C'era una sigaretta fumata a metà nascosta tra le assi e quando il ragazzo ci poggiò le dita poté giurare che fosse ancora calda.

La tirò fuori dal suo nascondiglio e la accese, posando le labbra sul filtro.

Chissà chi l'aveva messa in bocca.

Scrollò le spalle e aspettò l'autobus finendo la sigaretta che- a differenza delle sue- era senza aroma, nonostante il filtro sapesse di menta.

Quando vide il mezzo avvicinarsi, aveva aspettato mezz'ora e le sue dita erano bianche a causa del freddo insopportabile.

Salendo sulla vettura, prese i soldi per il biglietto, ma si rese conto di non averne abbastanza; nonostante ciò l'autista lo lasciò andare, notando i suoi occhi gonfi e le labbra ormai viola, con un sospiro assai vago.

Le strade del centro di Seoul erano davvero affollate, più di quanto Namjoon si ricordasse. I larghi marciapiedi brulicavano di persone, ma non ne distingueva chiaramente il volto, la mente gli giocava brutti scherzi.

Le insegne neon dei negozi coloravano quella grigia giornata e il rumore dei clacson riuscivano a tenerlo ancora cosciente, solo il giusto necessario per non farlo crollare nel silenzio delle sue emozioni.

E sembrò davvero che quella fosse destinata ad essere una giornata di merda, quando appena sceso dalla vettura cominciò a diluviare, e Namjoon dovette correre fino alla struttura della casa editrice Kim.

Sospirò, e la porta elettronica si aprí.
Entrò e una giovane ragazza - doveva essere sulla ventina - con delle accese lenti a contatto azzurre e molto cordiale lo accolse con un sorriso - finto.

»Lei dovrebbe essere il Signor Kim
se non erro. Prego, mi segua.«

Fece come detto, e la giovane ragazza lo condusse dinanzi a una porta.
Bussò e dalla stanza tuonò la voce dell'uomo con il quale Namjoon dovrà tenere un colloquio.

A sangue freddo, prese un profondo respiro ed entrò.

_

Uscì dalla struttura con il contratto di lavoro tra le mani e un mezzo sorriso sul volto. Il primo di quei giorni.

È stato assunto a tempo pieno perché - a detta del signor Kim-  «aveva le doti mentali e il lessico superiori agli standard richiesti per l'ammissione e l'assunzione», e si sentí molto onorato dagli ulteriori elogi dell'uomo, che sicuramente non si aspettava.

Prese un secondo autobus, tornando al solito osceno scenario del suo quartiere malridotto e aprí la porta di casa.

Lí c'era il suo non-più ragazzo ad aspettarlo, sulla sedia, con gli occhi rossi.

In quel momento i ruoli si invertirono.

Cɪɢᴀʀᴇᴛᴛᴇs (K.Nj.+M.Yg.) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora