Welcome to Kindfun College.

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« CHE COSA? »

Irynee aveva il terrore dipinto in faccia. Mi prese le mani e mi guardò trattenendo le lacrime. Immaginavo già cosa si stava dicendo, "Devi essere forte, per Hayley."

« Sì. Parto tra due ore. » mormorai guardando per terra. Nemmeno io ci credevo. Un college, per pazzi?

« Non ci posso... no, è impossibile! Come faccio senza di te? Come farò a sopravvivere? » esclamò lei, mettendosi le mani tra i capelli. Io scossi la testa, dicendole: « Non lo so. »

Squillò il mio telefono, e io sapevo già chi era. Non risposi nemmeno, mi limitai ad abbracciare stretta Irynee, che piangeva in silenzio.

« Buona fortuna Hayley. » sussurrò, per poi urlare: « TI VOGLIO BENE! » mentre io correvo via.

Cercai di non piangere, ma sentii gli occhi lucidi e le lacrime che mi facevano bruciare le pupille. Arrivai a casa e trovai Pj ad aspettarmi, con la mia valigia in mano. Batteva continuamente il piede per terra, impaziente. Non vedeva l'ora che mi levassi dalle palle, lo sapevo.

« Avevi intenzione di metterci più tempo? » mi chiese, ma io lo ignorai.

Afferrai la valigia, che era color lime fluorescente. Dentro ci avevo infilato l'indispensabile la sera prima, quasi in modo distratto. Vestiti, intimo, spazzola, spazzolino... ma anche due o tre libri e un vecchio nintendo ds che avevo dalla prima superiore. Almeno avrei avuto qualcosa da fare.

Pj attirò la mia mia attenzione, allungando la mano e muovendo avanti e indietro le dita come per chiedermi "la mancia". Rimasi a fissare la sua mano per un attimo.

« Cosa? » domandai perplessa.

« Il cellulare. Dammelo, è vietato portarlo. »

« Lo darò a loro. » mi girai, trascinandomi dietro il borsone. Pj non continuò ad insistere, strano da parte sua. Di solito ero difficile da battere, e lui si arrendeva quasi subito.

« Buon divertimento, Hayley. » sentenziò lui.

« Va' al diavolo » borbottai con un grugnito, sbattendo poi la porta dietro di me.

Appena sentii la porta chiudersi a chiave, mi morsi il labbro, poi sorrisi. Finalmente, dopo diciassette anni, mi ero liberata di lui. Niente più schiaffi, urli, tirate di capelli o spinte. Solo io, Hayley Morgan.

Non sarei più stata la sua schiava.

Mai più.

***

« Hayley Morgan? »

Ero in un aereoporto "in culo al mondo" e mi guardavo intorno. C'erano operai che correvano da una parte all'altra, bambini che piangevano tenendo la mano alla propria madre e gente che si abbuffava in Mcdonald's e King Burger. Immaginai di guardare la scena da un altro punto di vista, dall'alto. Io sarei stata l'unica immobile, in mezzo a mille puntini che si muovevano frettolosamente.

Improvvisamente, non so da dove, apparve una signora con in mano un cartello, che aveva scritto sopra il mio nome. Sbarrai gli occhi. Mi conosceva?

Sventolai la mano. « Sono io. Lei chi è, mi scusi? » chiesi io, avvicinandomi. La osservai e mi accorsi che era davvero molto giovane. I capelli le arrivavano fino sopra la gonnellina del completo Chanel blu che indossava. Erano di un bel castano scuro. I suoi occhi mi rapirono subito: viola. Era la prima volta che vedevo un iride di quel colore. Ero rapita dal luccichio delle sfumature. Lei sorrise.

« Oh, scusami. Sono Grimay, la figlia del preside. Mio padre ha mandato me per accompagnarti a scuola. » si presentò. Allungò la mano, e io gliela strinsi con educazione.

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