Anything could happen.

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« Non sono molto sicura di volerti seguire, ci cacciamo sempre nei guai per colpa tua » mi lamentai, mentre Justin mi tirava per una mano come un bambino tira la madre verso un negozio di caramelle.

Lui mi zittì con un gesto, per poi indicarmi una porta che assomigliava a quella del giardino interno dov'eravamo stati i primi giorni, quando ancora non lo sopportavo. Stavo imparando a conoscerlo, senza fretta. In fondo avrei avuto tutta la vita per farlo.

« Dove mi stai portando? » chiesi, cercando di essere gentile.

Justin voltò la testa e mi sorrise. « Lo vedrai »

Erano le tre e mezza circa, e mentre tutti "interagivano" come consuetudine dopo il pranzo, noi andavamo in giro per la scuola. Speravo con tutto il cuore di non essere beccata un'altra volta da Paul il bidello, o ci avrebbe strigliati.

Arrivammo alla porta, di un azzurro sporco e un maniglione antipanico rosso; pareva un'uscita di emergenza, ma non aveva i vetri e non capivo dove portasse. Justin spinse la maniglia e la porta si aprì cigolando. Davanti a noi apparvero delle scale anti-incendio in metallo, e lui si diresse verso il tetto della scuola. Era lì che voleva trascinarmi, ma a che scopo? Voleva parlarmi? O forse voleva solo stare solo con me, senza avere paura di essere di nuovo beccato?

Ammirai il paesaggio. Si vedeva la montagna dove Brett si era rifugiato, e in quel momento in cui ero più tranquilla e non preoccupata per l'incolumità di mio fratello, riflettei sulla definizione che avevano appioppato alla "montagna", vista la sua altezza. Sembrava più una discreta collina, con l'unica differenza che era fatta di rocce appuntite. Era per quello che da dietro la scuola non si vedeva.

« Non capisco cosa ci facciamo qui » commentai.

Finalmente la scala terminò e ci ritrovammo sul tetto della scuola. In mezzo ad esso c'era un piccolo abitacolo bianco con un'altra scala, ma di marmo. Probabilmente non avevamo usato quella perché era interna, e sarebbe stato troppo pericoloso. « Fidati »

Mi tolsi un ciuffo dai capelli e mi diressi verso il muretto di sinistra, sporgendomi un po'. Appoggiai i gomiti su di esso e mi piegai, poi misi il viso tra le mani. Il paesino dove andavamo a fare compere, Bestwood, era stato costruito a ridosso della montagna, e riuscivo a vedere i tratti poco definiti delle casette bianche e beige. I tetti rossi parevano delle macchie di vernice che davano più colore a quel dipinto, aggiungendo anche il verde della foresta circostante.

All'improvviso sentii le braccia di Justin che mi cingevano i fianchi. Mi alzai e lui appoggiò la testa sulla mia spalla. Rabbrividii e iniziai da subito ad arrossire, ma cercai di rimanere impassibile, anche se avrei voluto stringerlo più forte di quanto stesse facendo lui.

« C'è una bella arietta » dissi, per aprire una conversazione normale, e non una di quelle che finivano sempre in litigi.

Sospirò in risposta, e sentii perfino il suo petto vibrare contro la mia schiena, per quanto fosse adiacente al mio corpo. Accostai le mie mani sulle sue, che mi cingevano il busto. « Che ore sono? » chiese Justin dopo un paio di minuti in silenzio, prendendomi quasi alla sprovvista. Sussultai impercettibilmente, poi controllai l'orologio.

« Quasi le quattro, dovremmo tornare dentro » rammentai.

Era circa la quarta volta che saltavo le lezioni, e ogni volta dovevo giustificarmi dicendo che mi sentivo poco bene, che mi avevano trattenuta, che ero andata da Grimay perché non sapevo orientarmi o perché mi ero persa e Paul mi aveva ritrovata. Inoltre faceva già buio. Era appena iniziato novembre, e la sera arrivava subito.

« No » rispose lui, stringendomi più forte per un attimo, come se avesse avuto paura che sarei sgusciata via, scappando un'altra volta. Io però, non ne avevo intenzione. Al massimo mi sarei inventata di essermi persa sul tetto della scuola, per una qualche casualità.

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