#12 Il sangue di un innocente.

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Mi risveglio nel mio letto. Come ci sono arrivato?. Ricordi confusi della notte prima mi arrivano in frammenti disordinati. Dominique e i suoi capelli neri. Dominique che non era più Dominique. Quella donna. Astoria. La sua voce e quella dannata frase che non faceva altro che rimbombarmi in testa. Poi Rose. La sua voce. Il suo tocco. Rose che mi tiene la mano. Rose seduta al mio fianco. Rose che non mi lascia. Eppure sono da solo in questa camera fredda e a giudicare dalla luce deve essere anche tardi. Probabilmente ho saltato parecchie lezioni.
Mi metto a sedere sul letto, la testa mi pulsa terribilmente. Mi stropiccio gli occhi, Albus non c'è. Mi manca, avrei tanto bisogno di parlargli adesso. Sospiro abbattuto mentre mi faccio forza e mi tolgo le coperte di dosso rabbrividendo. Nonostante la primavera inoltrata nei sotterranei fa un freddo bestiale. Un fruscio di ali mi distrae dalla complicata operazione di alzarmi in piedi. Un gufo, che riconosco essere uno di quelli della scuola, si posa sulla testiera del mio letto. Gli regalo un biscotto e lui mi lascia la lettera che porta il sigillo di Hogwarts. L'apro e la leggo nonostante il mal di testa che mi sta massacrando le tempie.
Perché la Mcgranitt mi sta convocando nel suo ufficio?. Perché deve parlarmi di una questione importante?. Mi sta già salendo l'ansia e ho paura possa aver scoperto degli incubi più frequenti o delle mie allucinazione, perché ormai non so che altro nome dargli. Spero di no, non voglio che avvisino i miei genitori facendoli preoccupare. Hanno già dovuto patire troppo per colpa mia.
Sospiro avvilito, Albus mi manca, a quest'ora starei sfogando con lui tutta la tensione che sento riposare nel mio corpo. Sono già passate due settimane e non capisco perché mi ignori con così tanto zelo, cioè posso averlo ferito, ma lui non sente la mia mancanza? Non potremmo semplicemente parlarne e risolvere?. Non so, quello che so è che recupero i primi vestiti che trovo e me li infilo. Ho il viso stravolto, ne sono consapevole; con le occhiaie ancora più pronunciate per colpa dell'attacco di panico di ieri notte. Mi sento così stanco e avvilito che mettere un passo davanti all'altro mi uccide. I miei incubi non mi fanno dormire e anche da sveglio mi tormentano. Non so cosa fare per farli sparire e ho paura che io stia impazzendo. Anzi, sto decisamente impazzendo. Mi sento male, il sapore acido che ho sul fondo della gola risale ed ho un improvviso giramento di testa. Mi alzo barcollando e corro come un matto verso il bagno, arrivo dentro che sembro spiritato; spavento qualche ragazzino del primo anno che squittiscono ed escono di fretta lasciandomi solo. Tiro una manata alla porta di un cunicolo e mi accascio al suo interno attaccandomi alla tazza del cesso. Vomito bile e mi sembra di star rimettendo l'anima, non ho cibo nello stomaco e sudo freddo mentre vomito ancora il nulla. Mi sento morire la gola mi brucia e mi sento soffocare. Sento come una mano che mi sta premendo la gola e il pomo d'Adamo verso l'interno. Mi stanno soffocando, sento quella morsa stringersi ancora. Non respiro, non riesco a respirare.
Boccheggio ancora disperatamente cercando di far entrare aria nei polmoni, ma quella non ne vuole sapere di accontentarmi. Sento un'enorme tristezza pervadermi, un senso d'impotenza, una disperazione talmente nera da lasciarmi inginocchiato su quel water senza alcuna voglia di alzarmi. Non ne trovo motivo. Non sento alcuna voglia di vivere. Voglio solo rimettere tutto quel dolore che mi ha preso all'improvviso. Voglio solo lasciarmi andare. Inizio a piangere. Le lacrime fluiscono fuori dai miei occhi incontrollate. Stringo i bordi della tazza finché le dita non diventano bianche, mentre un altro conato mi fa tremare violentemente. Reprimo la voglia di urlare perché non ne posso più. Non so cosa mi succede. Non so perché mi sento così. Quelle non sono le mie sensazioni. Non sono i miei sentimenti. Riconosco l'estraneità di quello che sto provando, me ne dà una conferma l'immenso odio che sento scorrermi nelle vene. Un misto di odio, ossessione e amore per mio padre e soprattutto per me. Come se stessi rivivendo il dolore di qualcuno, come se me lo stessero cucendo addosso per farmi sentire le due facce della medaglia. Ciò che provo io e ciò che sta provando chiunque mi stia facendo questo. Sento tutto così intensamente da desiderare di morire per avere un po' di pace.
Mi lascio ricadere contro il muro freddo del cubicolo sul pavimento lercio e immagini di ricordi non miei mi passano davanti agli occhi. Un matrimonio in casa mia, quella donna... Astoria in abito da sposa, percorre una navata e mio padre la sta aspettando all'altare. Sono giovanissimi. Sento l'amore che prova per lui, talmente forte e avvolgente, talmente sottile il confine con l'ossessione da sentire il mio disagio. Vedo il Manor e Astoria che aspetta mio padre dal lavoro sorridendo. Gli occhi verdi sono brillanti e lucenti.
Astoria e mio padre che vanno agli eventi vestiti eleganti, percepisco il suo fastidio, percepisco quanto odii le donne che stanno guardando mio padre.
La vedo mentre le dicono che è incinta, riesco a sentire quanto non voglia il bambino che ha in grembo, quanto non mi vuole. La vedo mentre impazzisce e grida e lancia oggetti contro mio padre, la pancia ormai è ben visibile.
Sento il suo odio crescere verso di me, sento quanto non voglia avermi tra i piedi. Vedo la sua depressione crescere. Non ha più voglia di vivere. Se la prende con mio padre, lo aggredisce, lo allontana, lo minaccia.
La vedo andare dal medico, la vedo assumere medicine. Sento il dolore allucinante del parto e grido insieme a lei. Ho male ovunque e non riesco a muovermi. Finalmente quel parassita è fuori dal suo corpo.
Draco ha occhi solo per me. Scorpius di qua Scorpius di là. Astoria mi odia. Non mi vuole vicino. Non riesce nemmeno a guardarmi. La depressione è sempre più forte, sempre più inabissante. Mi sento male e voglio piangere e morire. L'unica soluzione è morire. La vedo nel bagno, io sono seduto ai piedi della vasca e il sangue è ovunque. Mi sento così debole. Finalmente la morte, se chiudo gli occhi non sento più nulla. Finalmente la pace.
-SCORP!- sento gridare qualcuno, la porta del cubicolo vibra. Dietro i miei occhi serrati vedo i suoi. Verde salvato. Verde slavato ovunque. Non ne posso più.
-SCORPIUS! APRI QUESTA DANNATA PORTA!- un altro urlo, la porta vibra di nuovo sotto i colpi di qualcuno che sta bussano incessantemente.
Non riesco a parlare, con le mani serrate nei capelli. Quel dolore, quell'odio è talmente destabilizzante da togliermi tutte le forze. Lo sento forte, mi avvolge stretto. Odio per mio padre, per me e ribrezzo per mia madre, per la mezzosangue. La voglia incontrollata di ucciderla e di portarmi via. Vuole portarmi via, lo sento vibrante il desiderio, non sopporta che lei sia mia madre. Non sopporta che io stia con i miei genitori. Sono suo, suo soltanto. Grido perché quelle sensazioni orribili mi stanno uccidendo e serro ancora di più le mani nei capelli. Non voglio provarle, non le voglio addosso.
-Scorpius ora butto giù la porta!-.
Ma io sono seduto paralizzato, fisso il vuoto di fronte a me schiavo delle emozioni di qualcun altro. Schiavo delle emozioni di quella donna. Perché mi sta facendo questo? Perché mi tortura così?. Le lacrime scendono ancora sul mio viso, le sento come fossero lontane. Come non fossero nemmeno mie.
Un tonfo sordo rimbomba su tutte le pareti. La porta del bagno sbatte contro il muro opposto al mio e due figure entrano dentro il cubicolo. Sento i loro versi sorpresi, posso percepire i loro occhi spalancati su di me.
-Scorpius...- mormora una voce. La conosco. Alzo gli occhi e incontro quelli verdi chiari e preoccupati di Joshua e i miei singhiozzi si fanno più forti, le mani mi ricadono in grembo. Non so più cosa fare. Non mi riconosco più.
-Scorpius che hai fatto ai polsi?!- mi chiede Zacharias con una nota spaventata nella voce. Abbasso lo sguardo e lo punto proprio sui miei polsi. Due tagli netti mi sfigurano la pelle candida. Spalanco ancora di più gli occhi terrorizzato. Lenti rivoli di sangue colano sul pavimento. Sento l'odore ferroso arrivarmi violentemente alle narici. Mi gira la testa e devo reprimere un altro conato. Solo ora sento il dolore bruciante delle ferite. Prima non le avevo ne sono certo.
-Io... Io non...- balbetto e cerco di parlare ma la voce è come incastrata nella mia gola.
Zacharias si inginocchia di fronte a me, mette una mano sulla mia fronte. Mi sento così stanco, vorrei solo dormire, chiudo le palpebre, ma subito l'immagine degli occhi di lei mi si palesa davanti.
-No! Scorp stai sveglio capito?! Non chiudere gli occhi!- mi ordina Joshua inginocchiato di fianco a Zacharias e tirandomi due schiafetti sulle guance. Riapro gli occhi di scatto e guardo i miei amici. I volti due maschere di preoccupazione e paura. Zack ha la bacchetta in mano e mormora qualcosa. I tagli ai polsi si stanno rimarginando.
-Dobbiamo portarlo in infermeria- mormora Josh ansioso; ma io scuoto la testa. Non voglio. Non posso. Non dopo quello che ho provato. Non posso rischiare che chiamino i miei genitori e non sapere se riuscirò a distinguere i miei sentimenti da quelli di Astoria. Quell'odio è talmente forte che fatico a contrastarlo. Ho paura, una paura fottuta di non essere più in grado di gestire me stesso. Sto impazzendo.
-No...vi prego- mormoro e forse l'urgenza della mia voce è talmente disperata che non controbattono. Oppure è perché sono troppo debole e so essere comunque decisamente testardo. Si guardano un attimo scambiandosi un'occhiata. Poi Zack stringe le labbra in una linea dura facendo un leggero cenno di assenso con il capo.
-Josh aiutami ad alzarlo- dice Zabini appoggiandosi il mio braccio destro sulle spalle. Joshua lo affianca e faticosamente mi issano in piedi. Mi sento così debole che mettere un piede davanti all'altro è uno sforzo enorme. Sento dolore ovunque e la testa mi pulsa terribilmente. Mi sento talmente confuso e scioccato, da quello che ho provato, dall'odio che sento dentro che vorrei solo che smettesse.
I ragazzi mi trascinano attraverso la sala comune, dove attiriamo qualche occhiata curiosa . Fortunatamente la superiamo in fretta e arriviamo in camera.
Mi adagiano sul letto e io mi ci abbandono, sento ancora i polsi bruciarmi. Ho un disperato bisogno di dormire, ma non voglio. Gli incubi sono troppo forti, troppo crudeli.
-Albus...- mormoro, perché ho bisogno di lui, ho un disperato bisogno di Al e di Rose. La mia luce, ho bisogno di una luce. Sento come da lontano Zacharias e Joshua parlare, forse mi stanno chiedendo qualcosa, ma io non capisco. Li sento lontani. Sono troppo stanco. Chiudo gli occhi sfinito e non sento più nulla.

***
Nei media: Draco Lucius Malfoy.

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