At his place

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Arrivammo nel cortile di un edificio a cinque piani, era stato costruito pochi anni prima e una parte degli appartamenti era ancora disabitata o in affitto. La facciata era azzurra, con finestre di un blu più scuro; una siepe donava un po' di privacy al piccolo giardino ed al parcheggio di cemento.

Scesi dalla macchina e, ormai rassegnato, seguii il biondo fino all'entrata; entrammo nell'ascensore e premette il tasto numero tre, le porte si chiusero e partì un'imbarazzante canzoncina melodica. Incrociai per sbaglio il suo sguardo e abbassai il mio quasi subito, era tutto troppo imbarazzante. L'ascensore si aprì e avanzammo sul pianerottolo di piastrelle chiare, l'appartamento era subito a destra, riconoscibile dalla porta di legno scuro; Erwin girò le chiavi nella toppa e mi spinse dentro il lussuoso locale, poi si chiuse la porta alle spalle e prese a fissarmi

-Cos'è quella faccia?- chiesi, torvo. Sapevo benissimo che era ancora molto arrabbiato con me, ma anche io ero scocciato dal suo modo di fare

-Per quanto ancora terrai quel muso?-

-Tsk, non puoi rispondere con un'altra domanda- mi lamentai; il biondo si voltò e percorse il corridoio, sparendo dietro una porta. Tornò poco dopo con uno dei suoi costumi della divisa e una maglietta bianca, mi lanciò gli indumenti

-Tieni- li presi al volo –Se resterai bagnato ti ammalerai- poi mi indicò il bagno, dove avrei potuto cambiarmi.

Mi guardai nel grande specchio a muro: la maglia aveva le spalle troppo grandi per me, ad ogni passo rischiava cadere, mentre avevo dovuto stringere molto bene l'elastico del costume, per non rischiare che succedesse qualcosa di spiacevole; mi sistemai anche i capelli e aprii la porta, con l'idea di raggiungere Erwin in soggiorno, ma me lo ritrovai davanti, intento a scrivere sul suo cellulare. Si era cambiato e ora anche lui indossava una maglietta bianca; guardai i suoi bei lineamenti e quelle due pozze azzurre, mentre era così concentrato e sembrava non essersi accorto di me. Finalmente alzò gli occhi e subito gli si formò un sorrisetto sulle labbra, forse il fatto che stessi indossando i suoi vestiti lo inteneriva, ma tornò serio subito e mii fece cenno di seguirlo fino in soggiorno

-Voglio sapere cosa c'è- disse, sedendosi sul divano bianco e candido come la neve

-Prego?- chiesi, non capendo

-Hai detto che hai perso il controllo della situazione, ed è per questo che hai finito per ubriacarti- sospirò e mi fissò in modo cupo –Però Farlan mi ha riferito, pochi giorni fa, che resti da lui a bere fino a tardi ogni sera- alzai gli occhi al cielo, perché mai Farlan glielo aveva detto? Sapevo bene che ad Erwin non piacevano molte delle mie abitudini, mi aveva obbligato a smettere di fumare lui stesso, aveva il brutto vizio di controllarmi in maniera ossessiva, quasi come se fossi un bambino combina guai.

-È vero, ma non vedo il problema- alla mia affermazione, si passò una mano sugli occhi, segno che cercava di trattenere il suo fastidio

-Sai benissimo che non mi piace questo tuo vizio- stava iniziando ad alzare la voce, sarebbe finito tutto con una lite, poco ma sicuro

-Non sono un bambino- mi lamentai –Smettila di starmi addosso in questo modo, non sono un ragazzino innocente, come pensi ultimamente e tu lo sai bene- Alzai il tono a mia volta –Tu lo sai meglio di chiunque, io sono già marcito tempo fa, non me ne faccio niente di queste tue attenzioni- seguirono momenti di silenzio che parvero infiniti, mi chiesi se non si sarebbe arrabbiato ancora di più, ora che avevo parlato così

-Marcito? Ma che diavolo stai dicendo?!- si alzò di scatto e si posizionò di fronte a me –È questo che pensi? Di essere una mela marcia?- era allibito da quello che pensavo di me stesso –Le mele marce si buttano immediatamente, secondo te io avrei aiutato qualcuno senza speranza, solo per il gusto di farlo? Per dargli false speranze inutili?- mi alzai a mia volta, non era certo questo che intendevo –Allora hai proprio voglia di fare l'ingrato- strinsi la mascella e lo guardai con occhi di fuoco, a giudicare dal tono, l' ultima affermazione era sicuramente una provocazione, non avevo intenzione fare il suo gioco, ma non riuscii a trattenermi

-Cosa ti aspettavi? Che ti avrei ripagato per quello che hai fatto? Non sei di certo stato obbligato ad aiutarmi!- capii di aver detto esattamente quello che si aspettava, quando notai il piccolo ghigno che stava comparendo sul suo viso

-Ripagarmi dici? Per esempio obbligandoti a lavorare gratis per qualche anno?- mi prendeva in giro quello stronzo, tornai a sedermi e incrociai le braccia al petto

-tsk-

-quando fai quel verso vuol dire che sei infastidito-

-tsk, lasciami in pace- sentii una risata leggera e una mano mi scompigliò i capelli; lo guardai allontanarsi, poi chiusi gli occhi e sospirai, appoggiandomi allo schienale

-Senti- la voce del biondo mi fece riaprire gli occhi, si era fermato all'altezza della porta e sembrava pensieroso –Perché non andiamo fuori sta sera?- domandò, passando la mano dietro il collo

-Cos'è? Un appuntamento?- scherzai, lui si allarmò subito

-Ma no, ma no. Solo per fare due chiacchiere davanti ad un drink-

-Quindi dopo tutta questa discussione mi stai portando a bere?- sulle mie labbra si era formato un sorrisetto un po' malefico, mi divertiva molto quella situazione

-Accidenti... Allora tu prenderai solo acqua- la conclusione non mi piaceva

-No! Non esiste!- Erwin scoppiò a ridere

-Ti controllerò per bene- scherzò –Non staccherò mai gli occhi da te-

Criminal BloodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora