capitolo 15

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«Vai via» dico rivolta verso Raven sorreggendo ancora la mano di Octavia.
«No» risponde trattenendo le lacrime.
«Raven, ti prego, vattene» dico stringendo i denti. Si alza a fatica.
«Portala all'accampamento» concludo rivolta verso Octavia.
«Non penserai davvero che mi presenterò davanti suo fratello con il corpo di sua sorella fra le braccia?!» esclama in preda alla disperazione.
«Non la lasceremo qui, non merita di essere seppellita in un posto qualsiasi» rispondo trattenendo a mia volta le lacrime e lasciando finalmente la sua mano. Raven prende delicatamente il suo corpo e si incammina senza dire una parola. Mi volto verso quell'uomo, ormai non mi importa più di niente.
«È questo quello che volete?» dico avanzando.
«Clarke, il fatto che tu sia venuta qui è coraggioso devo ammetterlo, ma noi non ti uccideremo.» risponde sorridendo strafottente. Mi stupisco di quanto possano essere fredde e insensibili le persone.
«Per quale motivo?» continuo alzando il tono della voce. Emette ancora una volta una piccola risata.
«Non ti uccideremo perché ci è stato proibito»
«Cosa? Da chi?»
«Dai vostri alleati, da chi se no?» La sua espressione strafottente mi irrita più di qualsiasi altra cosa a questo mondo.
«Spiegati» gli intimo.
«La comandante dei terrestri si è recata qui ieri sera, puoi rilassarti, Clarke, non abbiamo più bisogno di te»
«Cosa vuoi dire?» esclamo avanzando ancora.
«Intendo dire esattamente quello che ho detto. Puoi andare» conclude per poi accennare a tornare all'interno della struttura.
«Cosa le avete fatto?» insisto avanzando ancora una volta.
«Niente di cui tu debba preoccuparti» risponde noncurante. La mia esasperazione ha raggiunto i livelli massimi. Tiro fuori la mia pistola e gliela punto al petto.
«Dimmi dov'è» ringhio. Ghigna per un momento.
«Clarke, non rischiare inutilmente»
«Prendi me» continuo
«Avete detto la stessa cosa, è una coincidenza?»
«Non mi importa di quello che mi farai, puoi anche spararmi ora, ma lasciala andare» gli intimo.
«Vorrei trattenermi di più, ma ora devo andare» conclude, per poi avvicinarsi al portone. La tentazione di sparargli alle spalle è forte, ma alla fine apre la porta e sparisce. Mi inginocchio e comincio a piangere, lo stress accumulato non penso si possa nemmeno immaginare. Perché Lexa l'ha fatto? Perché non poteva lasciare che le cose andassero come dovevano andare? Mi rialzo dopo una quantità di minuti che sembra infinita. Non riesco nemmeno a immaginare cosa le abbiano fatto, dove sia, come stia, e tutto ciò mi uccide. La mia mente passa da Lexa a Octavia in continuazione. Mi incammino verso l'accampamento, ho la vista appannata e barcollo leggermente. In lontananza intravedo mia madre seduta su un masso al di fuori delle mura, sul masso dove mi siedo di solito, con le mani nei capelli. Mi soffermo qualche minuto ad osservarla da lontano, mi maledico per tutto il dolore che le ho inflitto. Mi avvicino lentamente. Quando sono abbastanza vicina, decido di chiamarla, ha la testa china sulle ginocchia perciò non mi ha vista.
«Mamma» azzardo. Alza velocemente il capo e sembra illuminarsi. Si alza immediatamente e mi abbraccia. Ricambio subito, ne avevo bisogno.
«Scusami, scusa per tutto» dico sentendola piangere sulla mia spalla. Si limita ad abbracciarmi per vari minuti, poi si stacca.
«Grazie a Dio sei qui, stai bene» dice prendendomi il viso tra le mani.
«Lexa, hanno preso Lexa al posto mio» dico cercando di trattenere ancora una volta le lacrime.
«Mi dispiace tesoro» dice accarezzandomi i capelli.
«Mamma, dobbiamo tirarla fuori di lì, dobbiamo..»
«No, Clarke. Non lo farai di nuovo»
«Non la lascerò morire!» esclamo.
«Clarke..»
«La tirerò fuori da li» dico ferma. Abbassa leggermente il capo.
«Non lo farò da sola, dobbiamo farlo insieme, come popolo. Non me lo perdonerei mai se morisse a causa mia, non posso perdere anche lei.»

To the moon and back Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora