Sento le lacrime calde cominciare a scendere lungo le guance, passo mezz'ora a cercare di smettere. Ho preferito non sentire mia madre direttamente, le ho solo fatto sapere tramite Octavia che sto bene, e di non preoccuparsi. Non voglio parlarle in questo momento, se dovesse essere l'ultimo ricordo che ha di me, voglio che lo abbia mentre sorrido, non mentre le parlo piangendo. Mi distendo, non riesco a chiudere occhio. Con il passare delle ore comincio a intravedere la luce filtrare dalle fessure della tenda. Decido di uscire, devo godermi questi ultimi momenti di quiete. Alcuni sono già in piedi, probabilmente hanno avuto la mia stessa idea, altri invece ancora dormono. Mi dirigo verso il portone principale, tra poche ore molte persone vi entreranno senza mai più uscirci. Ho cercato di avere la pace, ma sarei egoista costringendo tutti a cercare un altro posto solo perché io non voglio combattere. Vado oltre le mura, mi siedo su un masso non molto lontano. Sento le lacrime cominciare a scendere di nuovo, questa volta non cerco di fermarle. Sto singhiozzando da alcuni minuti, quando sento un rumore non molto distante da me. Alzo subito l'arma in quella direzione, se fossero già qui?
«Clarke» riconosco la voce. Abbasso leggermente la pistola e mi alzo.
«Siete già qui?» chiedo asciugandomi gli occhi velocemente.
«Non proprio, ma arriveranno fra poche ore» risponde lei venendo verso di me.
«E tu perché sei qui?» Lexa alza lo sguardo incontrando il mio.
«Hai violato l'accordo» risponde fermandosi davanti a me.
«Ho fatto ciò che era meglio per il mio popolo.» affermo.
«È una decisione stupida, Clarke, il tuo popolo perderà.»
«Abbiamo armi avanzate, non perderemo» rispondo avanzando a mia volta verso di lei. Mi guarda leggermente stupita.
«Tu combatterai?» le chiedo incerta.
«Certamente» risponde guardandomi negli occhi.
«Combatterai per ucciderci quando hai il comandante dei tuoi rivali, qui, a due passi da te» dico avanzando ancora, fa un leggero passo indietro.
«Cosa vuoi dire?» chiede continuando a mantenere lo sguardo sul mio, e appoggiando la schiena contro la corteccia di un albero. Rimango di fronte a lei, la cosa sembra destabilizzarla.
«Avresti potuto uccidermi tante volte, ma non l'hai mai fatto. Ora ne hai la possibilità, uccidimi, uccidimi ora» dico ferma. Il suo respiro si fa pesante, forse per la troppa vicinanza al mio corpo.
«Tu non combatterai, Clarke.» la guardo stranita. Improvvisamente qualcosa mi colpisce alle spalle, facendomi cadere a terra. Mi dimeno, ma due terrestri si affrettano a legarmi le mani e ad imbavagliarmi. Mi rialzano, continuo a cercare di urlare, ma la voce si smorza sul bavaglio.
«Calmati» mi dice ferma, la guardo furiosa. Mi scortano in mezzo ai boschi, probabilmente mi uccideranno. Camminiamo per più di quindici minuti, quando arriviamo a quello che sembra essere un villaggio piuttosto primitivo. Le persone mi guardano stranite e spaventate. Entriamo in una struttura con una larga stanza centrale, vi sono alcuni terrestri ai lati delle entrate e un grande trono in fondo. Lexa ci supera e va a sedersi, finalmente i guerrieri lasciano la presa e mi liberano la bocca.
«Cosa hai intenzione di fare?» sbotto avanzando verso di lei. I terrestri fanno un passo verso di me, ma Lexa gli fa cenno di uscire e loro eseguono. Continuo a guardarmi intorno spaventata e furiosa.
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To the moon and back
Fiksi PenggemarLexa kom trikru, comandante dei terresti. Clarke Griffin, comandante del popolo del cielo. La terra ormai era inabitata da secoli, la popolazione si era radunata a bordo di una nave spaziale, l'arca. Era ormai di tempo di ritornare alle origini, ne...