Una conversazione per niente piacevole

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Annabeth

Ero arrivata al limite della pazienza.

La mia giornata non era iniziata bene e quella precedente era finita da schifo.

La sera prima avrei dovuto conoscere il padre e lo zio di Percy, ma ad un tratto loro due e il mio ragazzo si erano messi a litigare e lui se ne era andato. Lo avrei seguito se Talia non mi avesse fermato dicendomi che aveva bisogno di stare da solo. Tornata a casa avevo provato a chiamarlo ma non mi rispondeva, idem per i messaggi.

Questa mattina appena sveglia avevo tentato nuovamente, ma senza risultato. Mi preparai e mi diressi a scuola con la consapevolezza che lo avrei visto lì e che avrei potuto parlargli.

Mentre camminavo per strada, però, il rumore di un pallone mi fece fermare. Sapevo che a qualche passo di distanza da dove mi trovavo c'era un campetto di basket, ma chi accidenti andava alle sette e mezza di mattina a fare due tiri a canestro! Nessuno sano di mente, mi dissi. Però andai lo stesso a controllare, ancora una volta da quando mi ero trasferita a New York seguii il mio istinto.

A tirare palle al canestro c'era proprio la persona che stavo cercando!

- Hey, Testa d'alghe! - esclamai, facendo sussultare il mio interlocutore.

Percy si voltò e mi guardò sorpreso. Portava i jeans e una felpa blu, aveva le guance rosse e gli occhi arrossati che facevano risaltare il colore verde mare delle sue iridi. Aveva i capelli bagnati per il sudore e il respiro affannato.

- Ciao Sapientona - mi salutò. Aveva la voce stranamente roca.

- Scusa per ieri sera comunque. Non avrei dovuto lasciarti in quel modo - disse tirando un altro canestro.

Abbassai lo sguardo, non sapevo cosa dire. Avevo dato retta a Talia, ma forse da buona fidanzata sarei dovuta andare con lui.

- Scusami tu piuttosto. Sarei dovuta restare al tuo fianco -

Percy fece un verso di scherno, come se avessi detto una cavolata che lui non approvava minimamente. Poi scosse il capo mentre un sorriso triste si dipingeva sulle sue labbra.

- Lasciamo stare non mi va di parlarne. Piuttosto non vai a scuola? - disse per cambiare discorso

- E tu? - chiesi indispettita. Mi stava chiaramente dicendo che voleva restare solo, ma non lo avrei fatto nuovamente.

- Non mi va oggi - rispose senza troppi convenevoli.

- Neanche a me allora -

Mi scrutò da cima a fondo con quegli occhi verde mare che mi avevano fatto immediatamente innamorare di lui. C'era però, in quello sguardo, qualcosa che mi inquietava e allora mi pentii di non aver ascoltato il suo consiglio di lasciarlo stare.

- Senti, con te sto bene. Mi piaci veramente! Ma ho bisogno dei miei spazi. Se dico che voglio stare solo, lasciami solo. Se non voglio parlare di mio padre, non farmi domande. Non voglio litigare con te Annabeth, non mi va proprio - lo disse con un tono che non ammetteva repliche, come se si aspettava che gli dessi ascolto senza replicare. E fu quello a farmi infuriare!

- Sentimi tu piuttosto! - ribattei - Noi siamo fidanzati no? Certo è giusta la storia della privacy ma fino ad un certo punto! Non puoi pretendere che io faccia esattamente tutto quello che vuoi. TU ora hai bisogno di qualcuno con cui sfogarti, che ti stia ad ascoltare, non di rimanere solo. E io sono qui anche per questo -

Percy rimase a fissarmi. Lo sguardo di prima non era cambiato, ma si era leggermente addolcito. Forse mi avrebbe dato ascolto.

- Certo che sei proprio una testarda - disse lanciandomi la palla, che io presi al volo. - Visto che hai deciso di fare sega, vediamo come te la cavi negli sport -

- Non sto facendo sega, evito che il mio fidanzato faccia delle stupidaggini- risposi tirando la palla che non finì nel canestro.

Percy scoppiò a ridere.

- Sei proprio fiacca! - mi prese in giro.

- Allora insegnami no, maestro! - lo provocai con sguardo di sfida.

Allora si mise dietro di me e mi prese le mani, per mostrarmi i giusti movimenti che si dovevano fare, ma io mi buttai di peso sul suo petto. Pensavo che come al solito mi avrebbe retto, invece ci ritrovammo tutti e due a terra, e allora mi resi conto che qualcosa non andava. Il suo corpo era troppo caldo, quasi bollente!

- Percy ma che hai? - gli chiesi preoccupata, voltandomi verso di lui.

- Credo che mi sia venuta la febbre - rispose abbassando gli occhi - Ieri sera dopo che me ne sono andato, mi sono buttato in mare per darmi una calmata. Senza contare che stiamo quasi a metà ottobre e che erano le dieci di sera -

Lo guardai stranita. Sapevo che era scemo, ma non fino a questo punto!

Mi misi in piedi e lo aiutai ad alzarsi, le gambe gli tremavano e faticava a stare in piedi. La febbre doveva essere parecchio alta.

- Quanto dista casa tua da qui? - gli chiesi, lasciando che si poggiasse a me.

- Perché? - mi chiese. Faticava a tenere gli occhi aperti.

Lo fulminai con una delle peggiori occhiatacce della mia collezione.

- Casa mia è qui dietro. Due volte a destra e c'è l'appartamento - rispose.

E se il destino...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora