Brutta notizia

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Percy

Ero disteso su un lettino in una stanza d'ospedale con le pareti tutte bianche, una flebo attaccata al braccio sinistro che conteneva uno strano liquido giallo.

Avevo passato tutto il pomeriggio e tutta la notte ad urlare per il dolore al petto e, finalmente, quella mattina il dolore si era calmato lasciandomi, però, una forte nausea.

- Come sta il mio malato preferito!? - esclamò una voce familiare.

Sulla porta della mia camera c'era un ragazzo dalla carnagione leggermente scura, con gli occhi marroni e i capelli dello stesso colore e ricci, aveva un pizzetto sul mento.

- Da schifo, Grover - risposi.

Grover era il mio migliore amico dai tempi dell'asilo, eravamo praticamente cresciuti insieme, ed era l'unico in grado di calmarmi dopo le discussioni che avevo con mio padre. E naturalmente era stato il primo, dopo mia madre, a sapere la verità sul mio conto.

- Hai una pessima cera! Poseidone aveva detto che stavi messo male, ma non pensavo così tanto - mi disse preoccupato prendendo una sedia e sedendosi vicino a me.

- Adesso sto bene, veramente - risposi ridacchiando.

- Ah, menomale! Allora sono io che vedo il tuo viso più bianco di un morto e due belle occhiaie nere sotto i tuoi occhi - rispose sarcastico.

- Si può essere! - esclamai con un sorriso.

- A parte gli scherzi, che ti hanno detto? - chiese Grover.

Lo guardai sospirando, non sarebbe servito a niente mentirgli tanto se ne sarebbe accorto e poi avrebbe chiesto ai dottori la mia reale situazione.

- Ho il polmone sinistro del tutto infiammato e non è ancora arrivato il peggio. Il dottore ha detto che presto mi ritroverò a respirare con un solo polmone, se le medicine non faranno effetto subito - confessai. In realtà c'era dell'altro, ma non volevo preoccupare ancora di più il mio migliore amico. Bastavano già i miei genitori e Paul.

Grover mi guardò con un sopracciglio alzato, sapeva che mancava qualcosa nel mio racconto.

- Parla! O devo andare a chiedere ai dottori? -

- Non è semplice infiammazione, c'è altro ma non so cos'è, nessuno ha voluto dirmelo. Ho sentito il dottore dire a papà che si è bloccato non so cosa e che forse... - mi interruppi e guardai il mio amico, implorante - Ho bisogno di un trapianto. Ma come ti ho detto ho sentito quello che dicevano, non ne sono del tutto sicuro -

- D'accordo. Comunque si risolverà tutto, no? Tra l'altro tu sei Percy Jackson, nessuno può fermarti - disse Grover allegro, ma i suoi occhi erano diventati lucidi.

Gli strinsi la mano per rassicurarlo, avevo già visto mia madre in lacrime, quella mattina, non mi aveva detto la ragione della sua tristezza ma l'avevo immaginata e adesso non volevo che il mio migliore amico scoppiasse a piangere davanti ai miei occhi.

- Si, hai ragione. Nessuno può fermarmi, amico - dissi guardandolo intensamente e sorridendo.

- Viste tutte queste belle notizie, immagino che non vorrai sapere che cosa mi ha detto Juniper - disse Grover per cambiare discorso.

- Fammi indovinare...brutta notizia? - chiesi, immaginando già cosa voleva dirmi.

Lui fece una smorfia e in mezzo secondo girò gli occhi in tutta la stanza per poi posarli di nuovo su di me.

- A scuola hanno scoperto tutto. Cioè sanno di tuo padre, intendo - disse dispiaciuto.

Per tutta risposta scrollai le spalle, non me ne fregava un accidente. Avevo problemi ben più gravi dei pettegolezzi degli studenti in quel momento.

- Sinceramente non mi importa. Al diavolo tutti! Chi è mio amico per davvero mi resterà comunque vicino e non per doppi fini - risposi senza farmi troppi problemi.

- Allora ti farà piacere sapere che alcuni tuoi amici verranno a trovarti dopo la scuola - disse un'altra voce e una ragazza con gli occhi blu elettrico entrò in camera mia.

- Ciao Tals! - dissi salutando mia cugina.

Ma subito dopo la guardai ad occhi spalancati, temendo che avesse sentito tutto.

- Ho sentito Percy, ho sentito - disse intuendo i miei pensieri - Ma non dirò nulla se non vuoi che si sappia. E poi ho intenzione di scoprire se quello che hai sentito è vero, non è giusto nasconderti una cosa del genere -

Talia si avvicinò al mio letto e mi diede un bacio sulla fronte.

- Pensavo che fossi ripartita - dissi per non mostrarmi troppo turbato.

- Infatti, stavo per partire. Mi trovavo all'aereo porto quando ieri mattina Jason mi ha chiamato dicendo che eri in ospedale - mi spiegò mia cugina.

- Purtroppo ieri ci è stato espressamente vietato di venirti a trovare - disse Grover mettendo il broncio - Siamo venuti, io, Talia, Jason e Annabeth ma i dottori hanno detto che non potevamo vederti -

Erano venuti a trovarmi e io non avevo saputo nulla, ma tra l'altro non potevano vedermi no! Visto che mi contorcevo dal dolore e sputavo sangue a non finire.

- è stato un bene che non vi hanno fatto entrare fidatevi, non ero del tutto presentabile o reperibile, se vogliamo metterla così - dissi, senza spiegare la mia condizione del giorno prima.

Grover e Talia si guardarono preoccupati, mentre io ricominciavo a tossire convulsamente e il dolore ritornava. La nausea peggiorò e indicai una bacinella sul comodino, che il mio amico mi passò mentre mia cugina mi fece mettere seduto.

Volevo farli uscire, non volevo che mi vedessero così, ma non riuscivo a parlare per la tosse. E poi arrivò il peggio, il sapore metallico, il sangue che usciva mentre tossivo. Talia mi strinse per le spalle e Grover mi aiutò a reggere la bacinella.

Sentii mia cugina singhiozzare e le mani del mio amico tremavano alla vista di quello che mi stava succedendo. Volevo sprofondare, volevo evitargli tutto quello, ma non ne ero in grado e maledii me stesso per aver accettato il loro aiuto caricandoli di un peso grande come la mia malattia.

E se il destino...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora