6. Diciannove anni

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TAEHYUNG POV

Mi risvegliai dalla mia dormita trovando l'appartamento completamente vuoto. Le uniche cose che interrompevano quel silenzio tombale erano i miei respiri pesanti ed il rumore dei passi del piccolo Yeontan.
Controllai l'ora dallo schermo del telefono: erano le dieci e mezza della sera.
Avevo fatto un altro di quegli incubi. Ultimamente non facevo altro che sognare loro, quelle due persone che avrebbero dovuto amarmi più di tutti. L'immagine dei volti giovani — e crudeli — dei miei genitori continuavano ad apparirmi nella mente ogni notte, facendomi sudare e mancare il respiro per la paura.
Con molta calma mi alzai dal comodo divano, diretto in cucina per bere un bicchiere d'acqua, e trovai un biglietto sul tavolo: "Noi usciamo, dormi bene", diceva. Dovevano averlo scritto Yoongi e Jimin.
Chissà se il menta avrebbe finalmente parlato con il suo migliore amico riguardo a quello che gli avevo detto qualche tempo prima.
Chiusi un attimo gli occhi rimembrando ciò che avevo sognato durante il mio riposino: c'ero io che stavo abbracciando amorevolmente i miei genitori, ma loro avevano preso le sembianze di due mostri verdi, con tre teste ed otto occhi, e mi avevano inghiottito... esatto, quella era proprio la parola giusta per descriverli: dei mostri.
Oppure ero io il mostro? In fondo, se avevano deciso di abbandonarmi un motivo c'era.
Scossi la testa. Perché continuavo a pensare a loro? Avrei dovuto eliminarli dalla mia mente già da un pezzo, eppure la figura di mio padre e di mia madre era ancora fissa nella mia mente.
Ero così stanco di questa storia che senza nemmeno accorgermene iniziai a piangere. Corsi in bagno per guardarmi allo specchio. «Sono solo una nullità», dissi al mio riflesso. «È per questo che quei due mi hanno mandato via: erano stanchi di me... proprio come lo sono io».
Il mio sguardo finì su una lametta posta sul bancone in marmo del lavandino. La barba non era ancora ricresciuta, ma si poteva pur sempre tagliare dell'altro. Presi l'oggettino in metallo e me lo rigirai tra le mani varie volte finché, per sbaglio, non formai un piccolo graffio sul pollice, il quale cominciò a perdere molto sangue. Dovevo ammettere che si trattava di una sensazione magnifica: era come se tutti i miei problemi scivolassero via insieme a quella sostanza rossa e appiccicosa.
Così mi accorciai le maniche della felpa nera che stavo indossando ed iniziai a creare piccoli tagli sui polsi, e poi anche sul volto... era bellissimo; sembravo un drogato.
In seguito, disinfettai le varie ferite e le coprii con delle fasce... tutte tranne quelle sul viso, perché desideravo che la gente capisse quanto stessi soffrendo solo guardandomi in faccia.
«Ti va una passeggiata?», proposi al mio cane, il quale cominciò subito ad abbaiare e a fare i salti mortali, preso dall'eccitazione, e a correre verso la porta d'ingresso. Sorrisi leggermente a quella scena.
Prendere una boccata d'aria mi avrebbe fatto più che bene.

«E così eccomi qui». Raccontai tutto quello che era successo a Yoongi e Jimin, mentre qualche lacrima salata ancora sfuggiva da sotto il mio controllo. «In seguito, sono venuto in questo posto e mi sono fermato a guardare il paesaggio», conclusi.
I miei amici mi guardavano sconvolti e incapaci di dire qualcosa, il rosa mi accarezzava dolcemente la schiena.
«Non avresti dovuto farlo», commentò il menta.
Sospirai e scrollai le spalle. «Sapete, oggi sono passati ben diciannove anni da quel giorno», spiegai mentre guardavo un punto indefinito nell'orizzonte. «Ed io sono diciannove anni che soffro da solo ed in silenzio...».
«Non sei più solo già da un paio di mesi... io e Yoongi ci prenderemo cura di te da adesso in poi», pronunciò Jimin.
«Esatto! Cercheremo di non farti soffrire più e di farti dimenticare tutto quello che hai passato», confermò l'altro. Erano dolci a pensare di poterci riuscire, ma io sapevo già che si trattava di una cosa impossibile... continuavo costantemente a pensare a loro nonostante siano passati anni ed anni, come potrebbero i miei amici cambiare le cose da un momento all'altro?
«Magari fosse semplice...». E mi stesi completamente a terra fermandomi a fissare il cielo stellato. Gli altri due fecero la stessa cosa allungandosi al mio fianco, mentre Yeontan si posò su di me.
Avrei tanto voluto che fossero riusciti nel loro intento, perché ogni qualvolta che chiudevo gli occhi immaginavo sempre e solo mia mamma e mio padre, e non lo facevo nemmeno a posta! Mi perseguitavano; forse è vero che i figli non si separano mai dai propri genitori. Che sofferenza...

Nurse | M.Yg.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora