9. Gelosia

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Y/N POV

I pazienti di questo ospedale non facevano altro che lamentarsi del mio comportamento: dicevano che ero antipatica, stronza e sempre scontrosa. Ma erano loro a non capirmi. Ed è soprattutto per questo se, quando Jin mi annunciò che avrei avuto un nuovo paziente di cui prendermi cura, iniziai ad avere paura di cosa costui avrebbe pensato di me.
Non davo molto l'aspetto di una che temeva il giudizio degli altri, ma in realtà era esattamente il contrario. Però dovevo dimostrarmi forte, quindi nascondevo le mie insicurezze dietro ad una maschera. Ma in fondo tutti abbiamo delle debolezze, giusto?
Fortunatamente Yoongi si dimostrò essere capace di cogliere l'ironia – cosa che nessuno era stato in grado di fare.
Yoongi era simpatico e divertente, il suo unico difetto – per ora – era il suo carattere troppo curioso. Quando lo conobbi cominciò subito a farmi domande, inizialmente non troppo personali. Ma poi si inoltrò di più nel mio passato, e questo non potevo accettarlo. Non avevo mai parlato a nessuno della mia vita privata, perché avrei dovuto farlo con lui? La verità era che mi vergognavo di far sapere cosa avessi vissuto, quindi cercavo di ignorare le domande che mi facevano al riguardo.
Ma tornando a parlare di Yoongi. Oggi sembrava davvero ingestibile, era da questa mattina che rompeva.
«Vai, devi pesc...». Mi interruppe per la ventesima volta.
«Stronza, hai detto a Jimin delle sigarette e lui si è arrabbiato!», si lamentò nuovamente.
Giuro che se avessi potuto gli avrei già spaccato la faccia contro un muro.
«Yoongi...», lo guardai minacciosa, ma lui non fece una piega. «Io te l'avevo detto che lo avrei fatto», spiegai cercando di essere il più calma possibile.
«No, tu avevi detto che gli avresti raccontato che lo tradisco con esse», protestò il menta.
Sbuffai. «Va be', adesso basta rompere. Pesca una carta, su». Stavamo giocando a briscola ed io lo avevo già battuto in due partite. Non era proprio un asso in questo gioco... ok, forse in tutti i giochi. Ma sapete come si dice: sfortunato in gioco, fortunato in amore.
«Questa volta vinco io, ho tutte carte buono», si vantò. Avevamo quasi finito anche questa partita, il mazzo era terminato e ci restavano solo le tre carte che avevamo entrambi in mano.
«Aspetta a parlare». E mostrai quelle che possedevo io: asso, tre e Re di briscola, ovvero le carte vincenti. «Oh, che peccato».
«Basta, non voglio più giocare». Yoongi incrociò le braccia e mise su il broncio. A volte pareva proprio un bambino di cinque anni.
Scoppiai a ridere. «Che fai, ridi di me?», bofonchiò per poi ridere anche lui.
«Ah, Yoongi, senza di te mi annoiavo a morte qui», ammisi cercando di tornare in me.
«Perché?», domandò tornando serio.
«Non piaccio a nessuno in questo ospedale. Sono troppo scontrosa, per loro», spiegai alzando gli occhi al cielo.
«Hanno ragione». Cosa?
«Scusami?», gli rivolsi un'occhiata glaciale.
«Scherzavo, scherzavo». Yoongi alzò le mani in segno di resa, ridendo.
«Penso di non stare simpatica nemmeno ai tuoi amici», mormorai. Confetto – come lo chiamava Yoongi – spesso mi guardava storto.
«Tae ti trova divertente, invece Jimin penso sia un po' geloso. O almeno così mi ha spiegato Taehyung», disse Yoongi mentre sorseggiava il suo succo di frutta alla mela. Io l'avevo detto che era ancora un bambino. Ogni tanto mi chiedeva di riportargli qualcosa di buono dalle macchinette perché i pazienti non potevano averne accesso. Delle volte capitava anche di poter incontrare un qualcuno a vigilare, in modo che i malati non comprassero nulla.
«Geloso?», domandai confusa.
«Sì, pensa che tu potresti portarmi via da lui», ridacchiò il menta.
«Scusa, ma non sei gay?». Non ci stavo capendo più nulla.
Yoongi scosse la testa in senso di negazione. «Io sono pansessuale». Ah, non mi era mai capitato di conoscere persone di questo orientamento sessuale.
«Oh, capisco», dissi semplicemente.
«Spero tu non odi chi non è etero». Potevo intuire dai suoi occhi ansia e preoccupazione. Non doveva essere semplice essere gay, bisessuale o altro, non sapevi se tutti sarebbero stati in grado di accettarti per quello che eri veramente.
«Una persona può fare quello che gli pare, a me non frega un cazzo», dissi con la mia solita finezza, e scrollando le spalle. Davvero pensava che fossi il tipo da andare a giudicare gli altri secondo cosa preferissero che il compagno avesse lì sotto? Si era fatto un'idea sbagliata di me, allora.
«La tua famiglia lo sa?», chiesi.
«Sì. Forse mio fratello no, ma quando ho fatto coming out lui non era ancora nato», spiegò mentre giocava al solitario con le carte.
«Quanti anni ha?».
«Ha sei anni compiuti a settembre». Mi mostrò anche una foto, e lì colpo di fulmine. Mi innamorai completamente di quel piccolo bambino dai capelli a caschetto.
«È bellissimo!», esclamai intenerita da quel sorrisetto a coniglio. «Posso prenderlo in adozione?», domandai speranzosa.
«Certo che no!», rispose Yoongi riponendo gelosamente le fotografie al suo posto.
Sbuffai. «Antipatico», lo presi in giro facendolo ridere.
Aveva un bel sorriso e una tenera risata, dovevo ammetterlo. Non glielo avrei mai detto, però, perché sapevo che avrebbe iniziato a darsi le arie. Avevo imparato a conoscerlo ormai.
«Manca poco al Natale», notò Yoongi fissando il calendario appeso al muro. Ma se eravamo a novembre...
«Manca ancora un mese», lo corressi. Ok che il tempo passava veloce, ma non così tanto.
«È comunque poco. Tu che farai?», aggiunse. Ma i fatti suoi?
«Non farò nulla», risposi mentre aprivo la bottiglia d'acqua. Cosa pensava che avrei fatto? «Tu, invece?», chiesi a mia volta.
Yoongi sospirò abbattuto. «Vorrei andare dalla mia famiglia, ma non vorrei capissero che sono malato», spiegò brevemente.
«I tuoi genitori non sanno nulla?». Non ero molto sconvolta al riguardo: poche erano le persone maggiorenni che raccontavano alla famiglia della loro salute, specialmente se si trovavano ricoverati in ospedale.
Il menta scosse la testa. «Non vorrei farli preoccupare troppo», disse con tono dispiaciuto. «Tu non vorresti tornare a casa, almeno durante le feste?», mi domandò poi.
«No», risposi secca. Ero un po' rigida al riguardo.
Infine salutai il mio amico ed uscii, come facevo sempre.


Nurse | M.Yg.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora