Capitolo 4 - Presentazioni

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La luce filtra tenue oltre le tende tirate.

Con un occhio aperto e uno chiuso, mi sembra di capire che il tempo non sia dei migliori oggi. Ed è un vero peccato, perché io sono metereopatico. Totalmente.

Se c'è il sole, riesco ad essere, il più delle volte, piuttosto di buon umore; se il cielo è nuvoloso il mio umore è normale, nè felice nè triste; e se piove, beh, se piove ho proprio l'umore sotto le suole delle scarpe. Quelli che adorano la pioggia proprio non li capisco. Le fastidiose goccioline sul viso, i vestiti zuppi, l'ombrello ingombrante da reggere.

Sbuffo al solo pensiero e decido di alzarmi.

Questa volta non voglio, e non posso, arrivare in ritardo al centro come la settimana scorsa. Quando mi dirigo in bagno, mi soffermo un attimo ad osservare la mia immagine riflessa nello specchio. Mi guardo negli occhi fino a diventare quasi strabico, poi continuo con il resto del mio volto: i capelli, il naso, le guance e, infine, le labbra.

Arrivo alla conclusione che non mi sono mai guardato davvero, perché solo ora mi accorgo di piacermi. Mi piace il colore dei miei capelli e come mi stanno, mi piace il taglio dei miei occhi, e perfino le mie labbra mi soddisfano. Il naso un po' meno, ma nel complesso ci sta bene.

Sorrido al me che ho di fronte e mi sciaquo per quattro volte la faccia fino a svegliarmi completamente.

Una volta asciugatomi, mi dirigo al piano di sotto, dove i miei genitori stanno già facendo colazione - lo sento dal rumore delle stoviglie - sempre accompagnato dalle mie inseparabili stampelle.

«Tesoro, sei già in piedi?» mi chiede mia madre, prima di alzarsi in punta di piedi per scoccarmi un tenero bacio sulla guancia.

Glielo restituisco e le dico che vorrei arrivare al centro un po' in anticipo per bere qualcosa al bar, motivo per cui non farò colazione a casa.

«Ah, ci abbandoni per andare dalla tua amica, eh?» interviene mio padre senza staccare gli occhi dall'Ipad, sul quale sta leggendo il giornale.

Amica? Quale amica?

Poi capisco a chi si sta riferendo.

Ma certo, la cameriera.

È talmente mia amica che non me la ricordavo nemmeno.

Okay, forse un po' sto esagerando. Non posso non ricordarmi dell'unica persona che mi ha dato del bello oltre ai miei genitori.

«Quale amica?» domanda quindi la donna al mio fianco, curiosa più che mai.

Mio padre tace, io anche, ma lei vuole sapere e insiste.

«Nessuno mamma, solo la cameriera del bar, che per altro non è mia amica. Anzi, ci è mancato poco che mi versasse la limonata che avevo ordinato addosso, la settimana scorsa» dico, con forse un po' troppa cattiveria.

Entrambi mi guardano e so benissimo cosa sta passando nella loro anticamera del cervello: nostro figlio si è fatto un'amichetta.

No. Siete fuori strada. Completamente.

«Qualcuno mi accompagna?» chiedo quindi cortesemente, prima che qualcun altro intervenga con una frase detta a sproposito.

Non aspetto nemmeno la risposta, mi dirigo nuovamente in camera per vestirmi e poi in bagno per lavarmi i denti.

Quando scendo, mio padre mi sta aspettando con le chiavi della Jeep in mano.

-

Sedute ai tavolini ci sono più persone dell'ultima volta, e ad uno di essi riconosco un signore del mio stesso gruppo. Lui mi saluta con un cenno del capo e io faccio altrettanto per poi dirigermi verso il bancone per ordinare un caffè macchiato. Forse restando in piedi, anche se con fatica, ho più probabilità di non far cadere nessuno con le mie maledettissime stampelle.

The Fighter | S. M. {Conclusa} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora