7. Noi saremo

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Vorrei leggerti un po'.

E tenere il segno con le dita.

(N. Hikmet)

Madrid, uscita Museo Reìna Sofia, martedì 3 ottobre 2017, ore 18:00

"Visto? Più la guardo meno differenze trovo! Siete davvero identici."

"Perché sei un coglione! Falla finita!"

"Dai! Che male c'è nel dire la verità? Siete entrambi troppo alti, troppo goffi, troppo sgraziati, con lo sguardo troppo lucido e perso, ma tanto adorabili."

"Se non fosse per la tua sorellina, le avrei dato fuoco assieme a te."

"Hai sentito, piccola giraffa? Ora Harry è geloso perché non è più il solo ad essere alto nel quartiere. Sei una concorrenza scomoda..."

"Non farmi pentire di averti portato al museo. La stai rischiando davvero grossa, Lou. Piantala o stanotte con quel peluche ti ci soffoco."

"Col sonno pesante che hai, è molto più probabile prenda vita prima lei di te."

Harry rise gettando la testa all'indietro. Si voltò, dato che precedeva il più grande di qualche passo, e alzò entrambi i medi nella sua direzione.

Louis replicò il gesto, brandendo ancora il piccolo peluche, simbolo del museo che avevano appena visitato, contro la figura del riccio. Per tutta risposta, Harry sorrise con la bocca aperta e la lingua appena tra i denti, socchiudendo gli occhi lucidi tra le rughette che li incorniciavano ai lati, le fossette due lunghe virgole a promettere ancora interminabili risate, che non avrebbero mai conosciuto un punto. Louis sospirò, notando che così strette tra le palpebre le iridi di Harry sembrassero appena due fili d'erba bagnati dalla rugiada al mattino, capaci di sparire in un istante al primo battito di ciglia, al primo soffio di vento fresco. E lui non voleva sparissero. Voleva sentire quelle palpebre e quelle fossette sotto le dita, voleva che portassero addosso la sua impronta, una scia a cui tornare e da seguire ossessivamente.

Iniziava ad abituarsi a quel sorriso irriverente e smorfioso di Harry, lo stesso che gli aveva rivolto scendendo dall'auto di Ed quella mattina all'alba prima di farsi quasi rincorrere dentro l'atrio del Villa Magna, ancora pieno di adrenalina per la giornata appena trascorsa.

Erano entrati in camera quando ormai erano le 6 inoltrate, e Louis aveva realizzato che prima delle lezioni poteva permettersi a malapena due ore di sonno. Si era reso conto anche di quanto poco gli importasse, quando aveva visto Harry lanciare la giacca su una poltroncina e restare in camicia nera lucida, mentre si chinava a metà per cercare un cambio nel suo borsone. Avrebbe potuto passare il resto del tempo che aveva lì in Spagna ad ammirare il modo in cui i ricci gli ricadevano sulla schiena e i muscoli di gambe e braccia gli si tendevano nei movimenti, senza desiderare mai di dormire o di mangiare.

"Posso andare prima io in bagno?" gli aveva chiesto il riccio, tenendo candidamente in mano qualche indumento più casual.

Louis si era riscosso dai suoi pensieri solo per balbettare "Si-si, ovvio. Io mi cambio qui. Vai e dimmi se ti serve qualcosa per la caviglia."

Harry allora era arrossito e si era fiondato in bagno. Louis ricordava di essersi affrettato a cambiarsi, mettendo una t-shirt bianca e un pantalone di tuta grigio. Si era lanciato sul letto e aveva sentito qualcosa appena dietro il cuscino. Harry era riemerso dal bagno, in maglietta gialla e pantaloncini bianchi, trovandolo con in mano la sua felpa verde, quella che aveva dimenticato l'unica notte che era rimasto da lui. Louis aveva sgranato gli occhi e gliel'aveva porta per restituirgliela, sporgendosi poi a prendere anche i pantaloni di Harry, ripiegati su una sedia in un angolo. Il riccio lo aveva ringraziato, per poi iniziare a mordersi fortissimo il labbro.

Còmo si yo fuera el sol (LARRY AU)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora