34. Tu e papà siete fidanzati?

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Una tocco leggero, quasi una carezza, ma assomiglia di più ad uno sfioramento: è questo che mi sembra di sentire sulla fronte. Forse sto sognando, o forse no. Faccio fatica ad aprire gli occhi, ma alla fine, dopo averci provato almeno tre volte, ci riesco e non posso fare a meno di ridere quando vedo la faccia paffuta di quel piccoletto davanti a me.

"Ciao, campione"

"Andiamo a fare colazione" dice, ma non lo sta proponendo.

Mi metto a sedere, cerco Fabrizio con lo sguardo, ma non lo trovo. La porta del bagno però è chiusa, credo che sia là dentro. Sposto il mio sguardo su Libero e mi rendo che è già pronto, lavato, cambiato e pettinato. Come ho fatto a non sentire nulla e a non accorgermi di nulla?

Certo, ti sei addormentato tardi mentre stavi per mangiare con gli occhi Fabrizio meraviglioso Fabrizio, ecco come hai fatto!

"Tu sei già pronto?" Glielo domando, pur sapendo già la risposta.

"Si" sorride, poi si allontana per prendere il suo quaderno dei disegni. Lo poggia sul letto e inizia a disegnare.

Allungo le braccia per stirare i muscoli ed è in questo momento che la porta del bagno si apre e io resto a guardarlo quasi incantato.

È possibile che sia ancora più bello di ieri?

"Io ho finito" dice Fabrizio, utilizzando lo stesso tono freddo di ieri.

"Ok" rispondo apatico, poi mi alzo e vado anche io in bagno per prepararmi.

Mi guardo allo specchio e cerco di convincere me stesso che oggi sarà migliore, che niente può andare peggio di così. Poi mi sciacquo la faccia e dò una pettinata ai miei ricci ribelli che hanno praticamente preso la forma del cuscino, al resto penserò più tardi.

Una volta fuori dal bagno, scendiamo a fare colazione, ma c'è un particolare a cui ho prestato molta attenzione: Libero mi ha dato la mano per camminare lungo il corridoio, ma non l'ha data solo a me. L'altra manina è stretta a quella di suo padre.

Fabrizio sembra tranquillo o forse riesce a nascondere bene il suo fastidio.

"Oggi devo annà a quel congresso..." dice quasi distrattamente, mentre addenta un croissant. Ancora non mi guarda e lascia la frase in sospeso, ma non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.

"Tranquillo, Bizio. Si tratta di lavoro. Tu vai pure, io e Libero troveremo qualcosa da fare per passare il tempo" Lo guardo, sperando che lui sollevi la testa e invece il suo sguardo resta fisso sul piatto.

Non dice più nulla, nemmeno io lo faccio e portiamo a termine la nostra situazione in silenzio. La situazione diventa sempre più ingestibile. Pensavo che stesse migliorando, ma evidentemente mi sbagliavo.
Non è cambiato rispetto a ieri, almeno non nei miei confronti.

Sento di nuovo la rabbia che riempie ogni mio pensiero. Vorrei davvero avere un confronto con lui, ma fino a quando c'è il bambino non posso farlo.

Ad un certo punto lui mette giù le posate e io alzo-di nuovo- lo sguardo su di lui.
"Lì?" Sta chiamando suo figlio. "Adesso devo annà in un posto, tu resti con Ermal?" Sentirgli pronunciare il mio nome per intero mi fa dimenticare tutto quanto.

D'improvviso non sono più tanto incazzato e tutto sembra ritornare in una posizione di equilibrio, quasi.
E non importa se l'ha detto per parlare con suo figlio, il mio nome pronunciato da lui è sempre una piccola magia.

"Ok, possiamo andare a fare una passeggiata?" Domanda lui con un grande sorriso.

"Certo che potete. Però devi fà er bravo e ascoltà tutto quello che te dice Ermal" risponde lui.

Far away-MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora