X (seconda parte)

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Dalla parte precedente:

«Voi restate qui e tenete d'occhio Rossini, lui non ci deve scappare. Anzi, visto che sappiamo che quello non è davvero il suo cognome, cercate delle informazioni su Tommaso Marrone e Tommaso Ferri» li esortò Piero. «Noi invece torniamo nel nostro albergo e cerchiamo di parlare con Pelù. Forse lui può aiutarci in qualche modo.»

***

Il rocker era seduto su un divanetto sulla grande terrazza vista mare dell'hotel, intento a sorseggiare un bicchiere di vino rosso e a godersi il tiepido sole invernale.

«Ciao, Piero» lo salutò il suo omonimo. «Ti disturbiamo?»

«Ragazzi, ciao! Che piacere vedervi! No, nessun disturbo. Prego, sedetevi» ribatté l'altro, indicando i tre posti liberi vicino a lui. «Scusate la mia faccia, ma stanotte ho fatto un po' più tardi del solito. Purtroppo non ho più vent'anni e direi che si nota... Anzi, ne compio cinquantasei proprio oggi!»

I giovani, in precedenza ignari del fatto che quel giorno fosse il suo compleanno, replicarono calorosamente facendogli gli auguri e si accomodarono vicino a lui.

«Dicci la verità, stavi festeggiando anche il riuscito rapimento di Marco Raugei?» ridacchiò Gianluca, senza troppi giri di parole.

Pelù si pietrificò sul posto. «Come fate a...? No, aspettate, posso spiegarvi...»

Ignazio sorrise dandogli un'amichevole pacca sulla spalla per tranquillizzarlo. «Sappiamo cos'è successo. Raugei ha raccontato tutto a...»

«Raugei?!» strillò lui incredulo.

«Abbassa la voce!» lo riprese subito il siciliano. «Purtroppo è riuscito a scappare ed è tornato a Sanremo.»

«È vero che avete avuto un diverbio qualche anno fa?» domandò Piero.

Il toscano sospirò. «È una lunga storia... Non saprei nemmeno da dove iniziare.»

«Che ne dici di partire dall'inizio?» suggerì Gianluca.

Dopo aver bevuto un sorso di vino, Pelù si arrese e incominciò a parlare.

«Ho conosciuto Marco nell'estate del 2007. Una sera ero ospite di una radio romana che, oltre alla classica intervista, aveva organizzato una specie di Meet&Greet tramite un'estrazione, regalando così la possibilità a cinque persone di incontrarmi. Tra queste c'era anche lui: era un ragazzino molto gentile ed educato, ma allo stesso tempo si intravedeva bene la sua anima rock. Dopo aver rotto l'imbarazzo iniziale, mi raccontò che insieme ad altri tre amici aveva fondato i Diablos, una cover band dei Litfiba che aveva un discreto successo nel territorio fiorentino, e che un giorno sarebbe diventato una rockstar famosa quasi quanto me. Ricordo che mi colpì molto la sua determinazione, forse perché in un certo senso mi ricordava un po' me da giovane. Prima di andarsene mi lasciò un CD dicendomi che era la demo di un suo brano dal titolo All'Infinito, che ascoltai una volta tornato a Firenze. Per avere poco più che vent'anni aveva scritto una canzone davvero bella: parlava dell'amore per la musica, ma il bello era che si rivolgeva a lei come se fosse una donna in carne ed ossa, una sorta di musa se vogliamo. Anche se c'erano alcune cose da migliorare, capii subito che aveva talento da vendere e così decisi di portare quel disco alla Sony BMG, la mia casa discografica, consigliando ai piani alti di tenerlo in considerazione. Qualche giorno dopo lo rincontrai proprio lì: era felicissimo, la Sony gli aveva proposto di partecipare a Sanremo 2008 e, in caso di buon piazzamento, gli aveva assicurato un contratto discografico. Le selezioni per il Festival andarono bene e lui entrò a ufficialmente in gara nella sezione Giovani.»

«Però venne eliminato la prima sera, giusto?» chiese Ignazio.

«Purtroppo sì. L'esibizione fu davvero un disastro: non riuscì a gestire l'emozione e di conseguenza finì per scordarsi gli accordi della chitarra e steccare sulle note più alte. Dato che ci eravamo scambiati i numeri di telefono, non appena scese dal palco lo chiamai e provai a confortarlo, ma era davvero a pezzi, soprattutto perché sapeva benissimo che la Sony si sarebbe tirata indietro, cosa che effettivamente accadde. Anche se ero impegnato nelle ultime fasi di lavorazione del mio disco, cercai di stargli vicino e poi lo invitai alla data estiva del mio tour a Firenze per poter parlare un po' con lui faccia a faccia. Quella sera mi disse che aveva provato ad inviare le sue canzoni ad altre case discografiche, però purtroppo quasi nessuna era interessata a lui. E quelle poche che lo avevano chiamato per un colloquio volevano che cambiasse il suo stile musicale per adattarsi alla richiesta del mercato che andava di moda in quel periodo, ma giustamente lui non era d'accordo: la musica era la sua, quindi decideva lui cosa cantare, cosa suonare e cosa scrivere. Nel frattempo continuava ad esibirsi nei locali con i Diablos, ma avevo capito che senza una spinta prima o poi si sarebbe arreso. Fu così che senza pensarci due volte gli chiesi di entrare a far parte della mia band.»

Il grande gioco degli specchi || Il Volo & MetaMoroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora