POV's Filippo
Ormai era il tramonto. Restavo lì sul balcone seduto su quel divanetto con un pacchetto di Lucky Strike, ormai quasi vuoto, quando sentii la portafinestra aprirsi. Greta uscì sul balcone appoggiandosi al davanzale. Guardava il tramonto, persa nel panorama. Ero rimasto a fissarla e tante emozioni contrastanti attraversavano il mio corpo, rabbia, tristezza, gioia, speranza, delusione. Spostò una ciocca di capelli neri dietro all'orecchio e il mio cuore iniziò ad accelerare. Mi schiarii la voce e lei si spaventò.
-Oh scusami davvero. Io non ti avevo visto. Ora me ne vado- si strinse nel suo maglione che le arrivava a metà coscia e nascondendo le mani nelle maniche troppo lunghe per lei. Lo chignon scompigliato e gli occhi struccati la rendevano angelica. Le labbra rosse che continuamente si tormentava sembravano ancora più rosse. Si avvicinò alla portafinestra distogliendo lo sguardo. Aspirai dalla sigaretta
-Se vuoi puoi restare- dissi. I suoi occhi chiari si incatenarono ai miei.
-Davvero non voglio disturbarti- disse mordendosi l'unghia del pollice
-Dai finiscila e siediti- risi leggermente. Lei si avvicinò cauta. -Vuoi?- chiesi porgendole il pacchetto di sigarette. Lei annuì e ne prese una accendendola. Aspirò e butto tutto fuori in una nuvola densa.
-Mi dispiace- dicemmo in coro -No davvero- ancora contemporaneamente. Ridemmo leggermente.
-Davvero Gre sono io che mi devo scusare. Per averti insultato, per aver detto quelle cose e per... Bhe... per aver provato a baciarti- dissi
-Tranquillo è acqua passata- disse guardandomi. Eppure in quegli occhi mi persi. Così chiari, così puri. Perché quegli occhi mi provocavano sempre quelle strane capriole all'altezza dello stomaco e i battiti del cuore accelerati. -È bello qui- disse
-Già- risposi. Dopo minuti di silenzio parlai
-Senti Greta io vorrei solo sapere cosa nascondi. Vorrei sapere cosa ti porti dentro, il tuo passato- sospirai -Mi dispiace ma pur sapendo che mi odi, io non posso resistere dal conoscerti a fondo- rivelai
-Fil sono complicata- buttò fuori il fumo.
-Ok- mi alzai. Lei si stropicciò gli occhi tenendo tra le dita affusolate una delle mie sigarette
-Fil!- mi richiamò -Prendi una birra e siediti che ti racconto di me- sorrisi e in pochi minuti ero già seduto accanto a lei con due birre in mano. Lei rise e stese le gambe sulle mie. Era bella.
-Sono nata a Roma sud. Mio padre e mia madre hanno sempre litigato e ogni volta li sentivo urlare, finché un giorno all'età di cinque anni mio padre se n'è andato con una sua collega. Mia madre è caduta in depressione e ha iniziato a bere e a drogarsi. Io fui bullizzata a scuola per anni ed anni. Diventai anoressica- sospirò -Mia madre aveva iniziato a sfogarsi su di me con la scusa che le ricordassi mio padre e io di conseguenza mi rifugiai nella danza. Quando ballavo mi sentivo libera, felice. Sognavo di salire su ogni palco del mondo. Poi un giorno un ubriaco mi travolse con la sua auto mandandomi a puttane le ginocchia. Smisi di ballare e nonostante gli interventi non osai mai ricominciare. Sarebbe stato troppo doloroso. Avevo paura, ogni cosa davanti ai miei occhi crollava. Poi è arrivato lui. Marco si chiamava. Il mio primo vero amore a quanto pare non corrisposto. Alla prima occasione mi abbandonò. Una sera eravamo in discoteca. Tutto procedeva a gonfie vele finché non uscii dal locale per fumarmi una sigaretta. Proprio lì persi la mia verginità non volendo. Ricordi il mio attacco di panico? Quell'uomo mi aveva chiamata stupida verginella- una lacrima le cadde sullo zigomo -Non si è mai chiesto se fossi una felice stupida verginella. Si è limitato a strapparmi via la mia adolescenza, le mie prime volte. Io... io non volevo- singhiozzò alzando il maglione per farmi vedere una grossa cicatrice sul ventre -Questa me l'ha fatta lui, perché mi ero ribellata. E dopo quell'uomo io cambiai completamente. Mia madre perse il lavoro e perse tutti i soldi. Anche i vari compagni di mia madre iniziarono ad abusare di me. Per portare qualche spicciolo a casa dovetti prostituita. Poi mi costrinsero a lasciare la mia città per venire qui. Io a casa non ci torno Filippo- pianse e io la strinsi
-Piccola non immaginavo niente del genere- ero scioccato da ciò che una ragazza di soli 19 anni aveva dovuto passare.
-Avevo solo 17 anni Filippo. Ero una bambina- la continuai a stringere finché i singhiozzi diminuirono. Si addormentò accoccolata al mio petto. Mi tolsi la giacca posandogliela sulle spalle. Non potevo immaginalo. Mi sentivo estremamente in colpa. Bella e rovinata. La guardai. Il viso angelico ancora rigato dalle lacrime. Le labbra rosse e i capelli neri raccolti. Mi sentivo bene ad averla accanto
-Che mi stai facendo ragazzina...- le diedi un bacio tra i capelli e sorrisi quando si strinse ancora di più a me. -Mi dispiace per quello che hai dovuto passare. Non lo meritavi- le accarezzai la schiena -Non importa cosa accadrà, non ti succederà più nulla. Ci sarò io a proteggerti. E lo so che non mi stai sentendo, ma ci tengo a te ragazzina. Cazzo se ci tengo e ti sbagliavi stamattina. Io non ti odio affatto, anzi. Riposati ora- la presi in braccio e la portai in camera sua adagiandola delicatamente nel letto e coprendola. Le lasciai un bacio sulla fronte e uscii dalla sua stanza chiudendo la porta e sospirando. Vidi Benny passare e mi avvicinai. -Benedetta- la chiamai
-Filippo dimmi- disse confusa
-Sono stato un coglione con Greta e mi dispiace tantissimo- dissi.
-Filo lei ti piace?- chiese
-Mi attrae- abbassai lo sguardo. Benny mi appoggio una mano sulla spalla
-Lo capirai col tempo, ma stai attento con lei. È una ragazza molto fragile- annuii
-Grazie Benny, sei una buona amica. Buonanotte-
-Notte Filo e ti prego chiarisci con Lori- annuii e mi rifugiai in camera. Presi il mio quaderno e scrissi
"Non volevi i miei soldi, mi preoccupavo per te, con leggerezza raccontavi che tua madre non c'è. Da quella volta come le altre sere, io ci provavo con te, ma non ti offrivo da bere. Rolex non piangere, se la notte arriva, parlami ancora di te."
Rolex. Notte piccola Rolex.