Capitolo 14

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POV's Filippo

La porta si spalancò e l'esile corpicino di Rolex fece capolino timidamente cercando di non far rumore. Chiuse la porta silenziosamente e si avviò verso la camera
-Che ci fai qui?- dissi secco facendola sobbalzare. Lei abbassò immediatamente tormentandosi le mani
-I...Io, ecco- risi aspro
-Se serviva una casa per scopare mi dispiace, ma è già occupata- continuai. Lei finalmente alzò lo sguardo lucido dalle lacrime
-Filippo ma che dici- disse debole
-Non so per quale motivo tu sia qui, ma di sicuro non sei più la benvenuta qua dentro. Hai tempo finchè non trovi un altro appartamento poi non ti voglio più vedere- dissi freddo come il ghiaccio alzandomi per buttare le bottiglie ormai vuote. Poi mi diressi verso le scale scostandola
-Filippo...- disse lei con voce rotta -Va bene, andrò via...- disse poi appoggiando la mano sulla maniglia della porta
-Perchè non me lo hai detto?- dissi di botto restando di schiena
-Non erano problemi tuoi- disse secca
-Ma davvero è così difficile per te accettare che qualcuno abbia voglia di aiutarti?!- sbottai
-Davvero sei così egoista da pensare che tutto questo faccia star male solo a te?- tornai a guardarla, avevo gli occhi lucidi
-Voi non dovevate saperlo, Tu non dovevi...- disse flebile
-Non sono stupido Greta, guardati cazzo. Sei pelle e ossa, piena di macchie violacee e seriamente tutte quelle medicine sono per il cuore? Non prendermi in giro- le urlai
-Cosa devo dirti Filippo?! Eh! tu la metti giù così facile, ma non lo è per un cazzo! Ho paura che tu mi veda come mi vedo io ok...- una lacrima le rigò il dolce viso. Serrai la mandibola avvicinandomi -La famiglia non è sempre, per forza, quel luogo magico in cui tutto è amore. La mia mi ha ucciso. Lui voleva che lo ripagassi per avermi curato, perché mi considerava una sua proprietà. Perché non concepisce che i suoi soldi vengano usati per una cosa non sua, io devo la vita a mio padre e lui non vuole che io sia libera di vivere come desidero. Posso innamorarmi, ma se lui chiama io corro, funziona così ormai da anni. E io che sono una stupida ingenua ho scambiato tutto questo per amore. Filippo io non capisco perchè sei ancora qui, davvero non lo so. La mattina sono orribile, con il mascara colato che la notte precedente ho dimenticato di togliere e i capelli aggrovigliati. Sono pure più acida del latte scaduto, proprio acida acida, antipatica, sarcastica e anche un po' misantropa. Poi sono strana, ma non di quella stranezza adorabile che hanno le ragazze un po' hipster, oh no, io sono strana forte, talmente strana che a volte non mi capisco nemmeno io. Odio chiunque mi stia accanto, eppure ho bisogno di sentire una presenza costante che non mi faccia mai sentire sola, perchè sai, io mi sento sola pure su un pullman all'ora di punta. Poi non amo uscire, però amo stare all'aperto, e amo il mare, eh si, quello si. Ma non mi piace il mare estivo, quello carico di creme solari e braccioli galleggianti, ho un debole per quello invernale, quello freddo dove non entreresti nemmeno sotto tortura, ma che guarderei volentieri per il resto della mia vita. E non ho nemmeno poi così tanti amici, o magari li ho, ma sono troppo presa dalla mia autodistruzione per farci caso. Già, ho anche degli enormi problemi d'autostima, forse un po' di depressione. Forse ho dimenticato di dire che mi odio, o forse l'ho fatto. Ah, e inoltre sono un disastro nei rapporti, che siano d'amicizia o d'amore. Non so relazionarmi con la gente, sono troppo chiusa, troppo estroversa, troppo insicura, troppo esuberante, e chi lo sa? Sta di fatto che a volte sto meglio da sola e altre volte sto sul punto di scoppiare a piangere ogni volta che mi ritrovo per conto mio. Ho smesso di agitarmi quando le cose vanno male, è passata quella fase. Ho capito che incazzarmi, buttare per terra tutto, urlare non serve. I problemi restano lì e quel che mi circonda è solo un po' più rotto, come me. Ora sto zitta. Di parlare dei miei problemi non ci penso nemmeno più, tanto a che serve, li sotterro. E lascio che distruggano solo me, il mio mondo, almeno fuori, lo lascio in ordine. Non ti conviene affezionarti a me.- disse piangendo, ma sprigionava una forza malinconica, di quelle che possiedono solo le persone che hanno sofferto e sanno che soffriranno ancora. Mi avvicinai ancora asciugandole le lacrime
-Sei bella. E non per quel filo di trucco. Sei bella per quanta vita ti è passata addosso, per i sogni che hai dentro e non conosco. Bella per tutte le volte che toccava a te, ma avanti il prossimo. Per le parole spese invano e per quelle cercate lontano. Per ogni lacrima scesa e per quelle nascoste di notte al chiaro di luna complice. Per il sorriso che provi, le attenzioni che non trovi, per le emozioni che senti e la speranza che inventi. Sei bella semplicemente, come un fiore raccolto in fretta, come un dono inaspettato, come uno sguardo rubato o un abbraccio sentito. Sei bella e non importa che il mondo sappia, sei bella davvero, ma solo per chi ti sa guardare- sospirai perdendo totalmente il controllo delle mie parole -È assurda la paura che ho provato vedendoti lì, così fragile. Ero lì e mi sono reso conto di non esser stato capace di proteggerti come volevo. Fai paura Rolex, non di aspetto, non mi sognerei mai di dire una cosa del genere. Fai paura perchè sei complicata, perchè il tuo sorriso mi stringe ogni volta lo stomaco. Sai guardarmi Rolex, come nessuna ha mai fatto e la vedo la tua espressione sorpresa dalle mie parole. Perchè sicuramente ti saresti aspettata una sfuriata seguita da qualche insulto reciproco, ma sono ubriaco e tu sei così... così tu- mi avvicinai alla sua bocca sussurrando l'ultima frase. Le nostre labbra si sfiorarono per un momento prima che allontanassi il viso dal suo -Ma tu sei di un altro- sospirai -Ed io di un'altra- la guardai nuovamente -E quanto odio saperti tra le braccia di quel verme, perchè io li conosco molto bene quelli come lui, io ero come lui. Ma mi sono innamorato ed è stato un bel casino, perchè lei ha saputo far uscire un lato di me che odiavo e me lo ha fatto amare- sforzai un sorriso
-Fil io...- cercò di dire con voce tremante
-Prima ho detto una cazzata, non voglio che tu te ne vada- sorrise dolce e io mi dovetti allontanare per non baciarla davvero stavolta. Indietreggiai per poi salire le scale
-Possiamo provare ad essere amici- disse lei interrompendo il silenzio
-Sì, amici- dissi fingendo di essere felice prima di entrare in camera e chiudermi la porta alle spalle. Mi accasciai lento sul pavimento afferrandomi la testa tra le mani -Ti amo- sussurrai -Volevo dirti questo- dissi sedendomi come al solito sulla finestra a fumarmi l'ennesima Lucky Strike e a scrivere testi per le mie canzoni.

Tin Heart || IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora