Four.

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Luke's P.O.V.

Mi svegliai con il corpo completamente indolenzito e la testa che rimbombava continuamente. Feci persino fatica ad aprire gli occhi perché non riuscivano a rimanere aperti al contatto con la luce. Mi girai dall'altra parte e cercai di tirare la coperta addosso, inutilmente perché nel giro di qualche secondo mi ricordai che appena arrivato a casa, per qualche incredibile miracolo la sera prima, mi buttai sul divano e mi addormentai in quel posto stretto senza badare al fatto che dopo tutto l'alcool ingerito sarebbe stato ancora più complicato alzarsi. La prima cosa che vidi quando riuscii finalmente ad aprire gli occhi e mettere a fuoco quello che avevo attorno, fu Ashton che era seduto sulla poltrona davanti a me che mi guardava con lo sguardo di un padre che guarda il figlio tornato ubriaco alle tre del mattino.

-Alla buon'ora Hemmings. -sbraitò sbuffando tenendo le braccia incrociate al petto.

-Che ore sono? -chiesi schiarendomi la voce e passandomi una mano sul viso.

-L'una. -rispose per poi rimanere in silenzio. Neanche io cercai di dire qualcosa, perché ad essere sincero, in quel momento l'ultima cosa che volevo era parlare con qualcuno,e ancora peggio se quel qualcuno era Ashton che non avrebbe perso l'occasione di uscirsene con le sue meditazioni filosofiche e farmi da psicologo per l'ennesima volta. Sapevo che ci teneva a rimettermi in sesto e che non mi avrebbe mai voluto del male ma la sua voce, quella mattina, non faceva altro che aumentare il mio mal di testa.

-Di nuovo, Luke. Ti sei di nuovo ridotto così bevendo troppo. -disse con una punta di nervosismo ed esasperazione nella voce alzandosi e cominciando a fare avanti e indietro davanti al divano.

-Non puoi farti trovare ogni volta che ne hai la possibilità in queste condizioni. Non sei mai stato così e non ti aiuterà a nulla esserlo adesso. -continuò fermandosi a guardarmi mentre io, in realtà, non assimilavo nulla di quello che diceva e non facevo altro che massaggiarmi le tempie nella speranza di diminuire il dolore.

-E che ne sai tu cosa può aiutarmi e cosa no? -risposi bruscamente cercando di alzarmi, ma persi l'equilibrio e mi ritrovai nuovamente su quel divano in pelle.

-Sono il tuo migliore amico e non hai idea quanto faccia male vederti in queste condizioni. -mi guardò con tristezza e si sedette al mio fianco poggiandomi una mano sulla spalla.

-Perdonami. -sussurrai rendendomi conto che avevo reagito senza pensare e che lo avevo ferito senza un apparente motivo.

-Lo so che non è per niente facile e so anche che Ellie era l'amore della tua vita, ma a volte le cose non vanno come ce le aspettiamo e questa volta devi riprendere la tua vita in mano e andare avanti per quanto questo possa risultare difficile. -disse continuando a guardarmi e avvolgendo completamente il braccio attorno alle mie spalle stringendomi a se. -E io sarò qua ogni volta che vorrai. -continuò.

-Ho intravisto Louis ieri. -affermai passando una mano nei capelli in modo da spostarli dalla fronte. -E per un momento ho sperato che anche lei fosse lì. Sentii il mio cuore capovolgersi quando notai una sagoma che mi sembrò lei. -deglutii. -Non so per quale motivo ho continuato ad avere l'assurdo presentimento che fosse comunque lì e ho dato di matto. L'alcool mi bruciava la gola continuamente e una ragazza rossiccia era sempre vicino a me. Volevo dimenticarla, non volevo più pensare a lei e quello che non siamo più. Ho persino baciato la rossa, ma per quanto ero brillo ho avuto comunque quella sorta di  sentimento di star tradendo Ellie. -abbassai lo sguardo. -Sono tre mesi che non la vedo, eppure ovunque vada mi giro a cercarla. Non ce la faccio più, Ashton. È orribile continuare ad andare avanti con l'ansia e il peso continuo di incrociarla magari in mezzo alla strada, e per quanto sarebbe strano è impossibile negare che non lo vorrei.

9 Primavere || lrhDove le storie prendono vita. Scoprilo ora