Capitolo 15.

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Porca puttana.

Davanti a me riuscivo solo ad immaginare la faccia, molto probabilmente incazzata e molto probabilmente stupita di Alberto nel ritrovarsi Alvis sul ciglio della porta della mia camera.

Guardai il test. Esito negativo.

Per fortuna non era incinta, si era trattato solamente di un falso allarme, che mi diede la forza di uscire dal bagno ed affrontare quella situazione abbastanza imbarazzante.

Appena spalancai la porta del bagno, Alberto mi fulminò con uno sguardo.

"Sei viva, allora" si limitò ad assentire scrutando la stanza e muovendo la traiettoria del suo sguardo a centottanta gradi come se volesse trovare qualche prova di un papabile tradimento.

"Forse è meglio se vi lascio da soli" si liquidò Alvis che fino a quel momento si sarà sicuramente sentito di aver interpretato la figura del terzo incomodo.

Mi salutò con un cenno di mano e chiuse la porta delicatamente.

Alberto ritornò a fulminarmi con occhi inquisitori.

"Ti posso spiegare..." decisi di intervenire cercando di rompere il ghiaccio.
"Devi".

Bene. Era incazzato.

"Ti starai chiedendo che fine abbia fatto.."
"Vedi un po' tu. Dopo le lezioni sei scappata, sei stata via tutto il pomeriggio, non rispondevi ai miei messaggi e alle mie chiamate e non sei scesa a cena. Ma figurati, continua pure a comportarti come cazzo ti gira".

Ok. Era seriamente incazzato.

"Sono andata in farmacia...".
"E ti sei portata la scorta?"
"Mi lasci finire di parlare? Alvis l'ho incontrato lungo il tragitto ed ha insistito per accompagnarmi. Sono andata a comprare un test di gravidanza".
"Un test di gravidanza?"

Sgranò gli occhi mentre mi sentì pronunciare quelle parole.

"Un test di gravidanza? E l'hai già fatto?".
"Si..."

Fino a quel momento non avevo mai visto Alberto gesticolare ed agitarsi. Lui era sempre così posato e razionale. Anche nelle discussioni che avevamo all'interno della scuola, tra di noi o con i nostri compagni, non l'avevo mai sentire alzare la voce per pretendere di aver ragione. Il suo motto è sempre stato quello "vivi e lascia vivere", a differenza mia che avevo il brutto vizio di controllare ogni sentimento, ogni gesto di ogni singola persona.

Ma stavolta avevo visto un Alberto fuori di sé.

La sua non era semplice rabbia, era delusione. Ed empaticamente la percepii.

"Io non ci posso credere. Tu hai fatto tutto questo con lui. Perché non mi hai chiamato, perché non l'hai detto a me?"
"Che cazzo ti dovevo dire? Ti saresti allarmato..."
"Sono deluso Tish".

Tutto sprofondò in un silenzio. Le nostre urla di placarono e lasciarono spazio ai suoni delle auto che provenivano dalla strada. Lui si sedette sul letto sprofondando le mani nei suoi capelli.

Era stato sostituito. Era questo che gli faceva male.
Con voce flebile ebbe solo la forza di emettere una parola:

"Esito?".
"Negativo".
"Vaffanculo".

Ed uscì sbattendo la porta.


Per poi ritrovarmelo, dopo cinque minuti esatti, nuovamente nella mia stanza.

"La cosa che mi fa girare i coglioni è che se andata con lui. Cazzo! E' una cosa così importante e tu l'hai affrontata con una persona che hai conosciuto due giorni fa...".
"Ti calmi?"
"No, non mi calmo. Cosa credevi? Che sarei sfuggito alle mie responsabilità? No, porca puttana. Ti avrei aiutato e se quel test fosse stato positivo avremmo trovato insieme una soluzione per tenerlo. Ma invece hai voluto fare di testa tua. Perché tendi ad escludermi dalla tua vita?".

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