Parte II. Capitolo 7

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"Manca pochissimo e domani ritorno da te" ripeteva Alberto mentre cercava in tutti i modi di sistemare il telefono per farsi vedere meglio in videochiamata.

 "Sei stanco?".

"Abbastanza. Ma sono felice. Tu? Come è stato il primo esame all'università?".

"Benissimo, anche se alla fine si trattava solamente di studiare la prima parte del programma".

"Ci hai pensato a quella proposta che ti ho fatto?".

"Quella di andare a vivere insieme? Si, ci ho pensato. Appena torni ti darò la mia risposta definitiva" gli risposi sfoggiandogli un enorme sorriso.

 "Io non capisco perché mi devi sempre far penare ogni volta. Tu lo sai come sono fatto. Non ci arrivo alla sera se non mi dici subito le cose".

"Dovrai pazientare ancora un po'. Adesso chiudo. Ti mando lo stesso la buonanotte, anche se da te è pieno giorno".

"Ti amo" mi congedò lui lasciandomi un dolce bacio sullo schermo del telefono.

Era ormai passato un mese da quando i miei rapporti con Alberto si erano rafforzati ogni giorno sempre di più. Questa distanza non ci avevo diviso, ma al contrario, ci aveva doppiamente legato. Nel frattempo avevo, inevitabilmente, informato la mia famiglia delle ultime novità sentimentali. Mio padre, sa sempre grande sostenitore della nostra coppia e visto la grande stima che provava nei confronti di Alberto, non esitò a mostrarmi tutto il suo sostegno. Un po' meno mia madre, soprattutto, quando le parlai della convivenza. Da madre premurosa ed in panicata per il futuro di sua figlia, mi aveva servito un ramanzina allucinante su tutti i contri della convivenza con il proprio fidanzato a vent'anni. Mi aveva sottolineato la sua storica frase l'amore non basta. Poi aveva continuato buttandola sulle differenze caratteriali che prima o poi sarebbero saltate fuori, concludendo con un sonoro

"Quando convivi con una persona vieni influenzata dai suoi stili di vita e devi, inevitabilmente, adattarti a quelli"

In sintesi, mia madre mi aveva preso per un'incosciente alle prese con un passo più lungo della gamba.

Non potevo nascondere a me stessa, che le sue parole, avevano avuto una notevole influenza sulla mia scelta. Non aveva tutti i torti. Ma era anche vero, che più guardavo Alberto, più mi convincevo che fosse lui il valore aggiunto della mia vita. Mia madre mi ripeteva sempre, nei nostri lunghi discorsi, che nessun uomo avrebbe mai dovuto completarmi. L'uomo doveva essere un valore aggiunto, un contorno capace di rendere saporita una vita, saporita a sua volta già di suo. Sapevo benissimo che questo discorso di mia madre derivava da un forte cinismo e da una grande paura provocata dall'esperienza negativa che aveva vissuto con mio padre, ed infatti lo condividevo. Non completamente, però. Alberto oltre ad essere quel valore aggiunto, rendeva pieni i miei spazi vuoti. E cosi che mi completava. Mi rendeva una persona migliore.

Il risultato di tutto questo? La mia felicità. Allora perché non provarci a condividere un pezzo di vita?




Poggiai il telefono sul letto e raggiunsi Carlotta in cucina alle prese con la cena. Ogni tanto guardava lo schermo nero del suo cellulare e lanciava pesanti sbuffi.

"C'è qualche problema?" le chiesi avvicinandomi a lei e aiutandola a tagliare le verdure. "Alessandro. Sta diventando, abbastanza pesante".

"Forse, vorrebbe una spiegazione sul perché hai deciso di lasciarlo perdere" le suggerii.

"Anche a me hanno lasciato perdere tante volte, senza darmi grandi spiegazioni, e come vedi sono ancora viva e vegeta".

Eccola un'altra cinica.

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