Parte II. Capitolo 2.

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POV'S TISH.
"L'altro giorno ho incontrato un tipo. Non puoi capire un maleducato a livelli indescrivibili. Si è, tecnicamente, fiondato sul mio taxi, e alla fine dopo averlo condiviso, mi ha lasciato l'intero conto da pagare. Ti rendi conto?".

Ascoltavo Carlotta raccontare le strane vicissitudini delle sue giornate. Aveva un modo tutto suo, così strano di raccontare. Si agitava, si arrabbiava e gesticolava. Non riusciva mai a stare ferma, spostava vestiti, li piegava, staccava quelli sullo stendino e li riordinava nuovamente. Questo iter lo ripeteva ogni volta che qualcosa le interessava davvero.

Ed ero convinta che quel ragazzo che aveva "cortesemente" insultato in ogni lingua esistente sul pianeta le avesse lasciato qualcosa.

"Adesso, basta parlare di questo imbecille. Piuttosto, parliamo di te. Come stai?".
"Io? Sto bene".
"Ti piace Milano? Devo dirti la verità sono stata una pessima amica. Sei da quasi un mese qui e non ti ho mai portato fuori per vivere la città".
"Puoi stare tranquilla, non è nelle mie priorità in questo momento". le dissi accennandole un sorriso, staccando gli occhi dal libro che stavo leggendo beatamente sdraiata sul divano. "Fammi capire. Non penserai di farti suora di clausura? Non puoi stare chiusa qui tutto il tempo, rimuginando su un passato che ormai è passato e non tornerà".

Carlotta non sapeva niente del mio passato, ad eccezione di quello artistico, del quale l'avevo informata. Eppure con quella frase fece centro. Rimuginando su un passato che ormai è passato e non tornerà.

Possibile che lo stessi ancora aspettando? Ricordai quante volte, all'interno della scuola, ripetevo a me stessa che tutto era finito. Per uno speciale del sabato, in una comparata con Ludovica,  mi avevano assegnato un brano di Sergio Endrigo Io che amo solo te. Nonostante, nel corso di quei mesi avessi notevolmente arricchito la mia cultura musicale italiana, quel brano non lo conoscevo. E fui piacevolmente sorpresa di averlo tra le mani.

Più volte la scuola di Amici mi aveva messo di fronte alle mie emozioni, che in un modo o nell'altro, per carattere o senso del pudore avevo cercato di soffocare. Ma quel brano mi aveva completamente incastrato.

 "Cosa ti fa pensare questo pezzo?" mi chiedeva il maestro Pino Perris, mentre sfogliava un alta pila di fogli di testi di canzoni per ordinali.

 "A tante cose" ebbi il coraggio di rispondere, primache le lacrime riaffiorassero sul mio viso tondo e leggermente truccato.

"E che in questo momento ...è difficile. Io sono delusa ed incazzata. In questo contesto non ho tempo per sputargli merda a dosso".

"Cosa senti quando assapori una per una le parole di questo brano?".

Rimasi in silenzio mentre continuo a lacrimare, stringendo il microfono e tenendo fissi gli occhi sul foglio con il testo.

"Tish, provaci ...piangere, sfogarti, ti fa bene". Mi invogliava il maestro Perris, guardando Alvis, una delle mie più grandi spalle all'interno del programma.

"Penso che vorrei averlo qui".

Esattamente dopo due anni, quella Tish chiusa in una saletta prove, con la maglia verde del serale, guadagnata con sudore, gli occhi pieni di lacrime e la frangetta stropicciata, è esattamente la stessa Tish di adesso, anche se più grande. Le sensazioni, le emozioni ed i sentimenti sono sempre gli stessi contro il tempo e contro la distanza. Chissà se LUI vive tutto ciò che vivo io. Chissà, se anche LUI, oltre la distanza ed il tempo, non mi ha ancora dimenticato. Ogni volta che cerco di cambiare, funziona sempre così. Inciampo sempre sul filo che ci lega da anni, che non si è mai spezzato, forse perché ci ha legato ancora prima che ci conoscessimo, solo che ne eravamo ignari.

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