Capitolo 10.

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"Vuoi il latte o il cappuccino?"

"Tish, mi ascolti? Vuoi latte o cappuccino?"
"Latte, lo sai Ale"
"Lo so, ma volevo attirare la tua attenzione. Sei completamente in un modo tutto tuo oggi"
"Sono confusa, mi sento molto confusa"
"E questa confusione ha a che fare con qualcuno di nostra conoscenza?" mi sorrise Alessandro mentre si sedeva, di fronte a me, al tavolo già pronto per la colazione e mi porgeva il bicchiere con il latte.
Occupava il posto che era riservato ad Alberto. Nel corso del nostro rapporto e della nostra conoscenza io e lui avevamo imparato a dare importanza ai piccoli gesti e fare colazione insieme era diventato una specie di "rito sacro".
Ora di fronte a me ogni mattina, non c'era più Alberto. C'era Alessandro, o Mameli, o Giordana.
Lui non c'era più.
E questa cosa mi faceva male. Tanto male.

Mentre Alessandro continuava a parlarmi, io facevo finta di ascoltarlo, ogni tanto annuivo e poi ritornavo a guardare la tazza del latte che giravo continuamente con il cucchiaino.

Poi lo vidi.
Lo vidi scendere giù per le scale e sedersi di fronte a Giacomo.
Nessuno sguardo né tanto meno un cenno.
Lo vidi bisbigliare qualcosa con Giacomo e poi andare via di corsa senza nemmeno aver toccato cibo.

Le giornate da quando con Alberto non ci parlavo più diventarono, improvvisamente, sempre più noiose e pesanti. Facevo anche fatica a concentrarmi cominciando ad avere vuoti di memoria dei testi di canzoni che mi erano stati assegnati. Non potevo permettermi di fallire. Amici è un'occasione che ti capita una sola volta nella vita. Il problema, che forse molti dei miei compagni non avevano capito, non era quello di riuscire a prendere quel fottutissimo banco, quanto riuscire a mantenerlo. I professori non avevano mai smesso di cercare talenti ed ogni giorno la nostra permanenza nella scuola era in bilico ed appesa ad un filo. Ecco perché era necessario non distaccare mai gli occhi dall'obbiettivo.

Verso tarda giornata veniamo convocati tutti in sala relax per una comunicazione urgente.
In realtà, già sapevamo.
Qualcuno aveva chiesto di cambiare squadra.
Sicuramente sarà stato Jefeo, visto il desiderio che manifestava da tempo di voler congiungersi ad Atene.

"Abbiamo ricevuto una richiesta da parte di uno di voi di voler cambiare squadra. Più che una richiesta, sembrava quasi una necessità. Se ti va di spiegare le motivazioni a i tuoi compagni, Alberto" disse con fermezza uno dei tipi che lavorava in produzione.

Alberto?
Ma come? Perché?

"Si. Come sapete tutti ho sempre espresso il desiderio di voler rimanere qui a Sparta. Purtroppo le cose adesso sono un po' cambiate e non me la sento di voler continuare a restare qui. Lo so che sono interscambiabile, ma per la serenità del mio percorso è necessario che io lavori con altre persone. Che ne so, con Giordana non ho un grande rapporto, ma potrei trovare sintonia comunque una sintonia con lei"

Quelle parole furono un pugno nelle stomaco.
Siamo incompatibili.
E' vero. Caratterialmente non ci sopportiamo.
Ma la nostra sintonia artistica quella no.
Non la doveva toccare.
La maniera nella quale io e lui entravamo in alchimia nel momento in cui le nostre voci si amalgamavano era un momento soltanto nostro.
Come poteva ridimensionarlo così?
Solamente pensare che quello che avevamo vissuto io e lui in quelle canzoni avrebbe potuto viverlo similmente con Giordana.

Per la primissima volta sentii gli occhi riempirsi di lacrime.
Sentii che stavano per scendere ad una ad una.
Sentivo che se fosse andato via io mi sarei sentita persa.
E' come se uno di quei punti che accuratamente disegnavo sul viso ogni mattina, un giorno, decidessi di non disegnarlo più.

Non sarei stata più io.
Non sarei più Tish, senza Alberto.





La guardavo dopo aver pronunciato quelle parole.
Sapevo che le avevano fatto del male, ma sapevo anche che era giusto così. Non potevo lasciare il programma di mia spontanea volontà, ma era necessario che mi allontanassi da lei.
La notte precedente non avevo per niente dormito. Tish era stata il mio pensiero fisso e quasi alle cinque del mattino ero arrivato ad una conclusione:
O la lascio del tutto perdere o mi innamoro follemente di lei.
Per evitare la seconda, ho optato per la prima.
Così cambiare squadra mi era sembrata la soluzione migliore.


La produzione, alla fine, non accettò questa mia richiesta per ragioni logistiche e di squadra ed io non potei controbattere.

"Come stai, Alberto?" mi chiese Giacomo battendomi una pacca sulla spalla.
"Ci credi se ti dico che sto bene? Oppure le mie occhiaie non sanno mentire?".

Con Giacomo avevo legato molto nell'ultimo periodo ed avevo scoperto davvero una bella persona. Sapeva sempre cosa dire e sapeva anche quando ne era il momento. Aveva ventisei anni e per me era un bene poterlo ascoltare, avrei tratto da lui comunque, se pur giovane, molta esperienza.

"Se davvero ti interessa dovresti prendere le redini in mano" sentenziò Giacomo.

"Lei non si fida di me. Come devo dirtelo?".

"Ti sei mai chiesto perché? O meglio glielo hai chiesto? Ne avete mai parlato? Le hai chiesto come si sente? Se le piace davvero il suo corpo? Se ha qualche timore? Le sue esperienze amorose passate? Se guardi sempre nella tua direzione non potrai mai capire cosa c'è se percorri altre strade. Tu guardi sempre i suoi atteggiamenti oggettivi, ma non vai mai a capire da dove questi atteggiamenti nascano".

"Lei non mi parlerà mai delle sue cose".
"Perché vi trovate qui. Vi trovate in un programma televisivo. Passate la maggior parte del tempo di fronte le telecamere e quando venite qui in hotel ci siamo sempre tutti quanti noi. Ci credo che è difficile per lei aprirsi".

"Quindi cosa mi consigli?".
"Mio zio ha una casa a Sperlonga. E' qui vicino ed è una piccola casa al mare. Ho le chiavi perché ... ho le chiavi. Affitta una macchina per due giorni e passate lì un weekend. Tanto cosa hai da perdere?".


Parlare con Giacomo mi aveva aperto gli occhi.
Dovevo andare più a fondo con lei, dovevo capirci di più.
Poi, magari, in seguito, prendere una decisione. 

E come al solito, come se avessi una calamita, mi ritrovavo di nuovo dietro la porta della sua stanza. Senza che potessi bussare, lei aprì spontaneamente. Gli occhi le si illuminarono e rimase in silenzio per alcuni secondi.

"Ciao .." mi disse fievolmente "Vuoi entrare?"
Entrai, chiudendo la porta delicatamente la porta.
Lei si mise a sistemare alcuni vestiti lasciati in disordine e silenziosamente aspettava che io parlassi.
"Tish, quanto ci metti a preparare una piccolissima valigia?"

Lei mi guardò stranita.
"Perché?"
"Domani, dopo la registrazione della puntata, abbiamo due giorni liberi e ti voglio portare in un posto. Solo io e te. Senza telecamere, senza Amici, senza compagni di scuola. Solo io e te. Allora che fai? Vieni?"
"Non credo che verrò".


Mi stava nuovamente abbattendo, ma stavolta decisi di restare in piedi.

"Va bene. Rispetto la tua decisione. Ma se cambi idea, ti aspetto per le sette giù ai parcheggi dell'OC".


La sera dopo avevo l'ansia del primo appuntamento, del primo bacio e del primo esame all'università. Stavo di merda e lei non arrivava.
L'orologio segnava le 19:30 e di Tish neanche l'ombra.

Quando stavo per mandare tutto a puttane e lanciare un grido isterico di rabbia, la vidi arrivare con un borsone.

"Alberto? Andiamo. Ma la musica in macchina la scelgoio".     



ECCOMI QUI! Non mi sono dimenticata di voi! Leggete molto bene il capitolo, perché ogni tanto troverete un cambio del punto di vista di chi racconta la storia. Ho scoperto che mi piace molto scrivere dal point of view di Alberto, quindi nei prossimi capitoli lo troverete spesso, anche se rimarrà sempre Tish la narratrice principale della storia. 

Preparatevi, perché i prossimi capitoli saranno MOOOOOOLTOOOOOOOOO particolari e belli forti. 

E' arrivato il momento che qualcosa di bello accada tra 'sti due!
Grazie ancora per i bei commenti e un bacio enorme! :)

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