Capitolo 6

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Min

"Accidenti... devo tagliare un po' i capelli, se continuano a crescere diventeranno solo d'intralcio" pensai mentre guardavo la mia figura allo specchio. Da piccola mi dicevano che somigliavo a mia madre, la cosa mi rendeva fiera di me e ogni volta che succedeva andavo in giro per casa saltellando con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Mia madre era una donna che si ritrovava sempre al centro dell'attenzione. Chiunque vedendola non poteva fare a meno di fermarsi a guardarla almeno per qualche secondo. Tutti la credevano una donna forte, che non si lasciava intimidire da nessuno, ma in realtà non era così, io sapevo... sapevo che dietro quel sorriso si nascondeva una persona triste, che si sentiva sola e che aveva bisogno di essere protetta.  

Ma la gravità di tutto questo, fui in grado di capirla solo all'età di 12 anni. Era notte fonda e addormentarmi era praticamente impossibile, così mi alzai per andare a prendere un bicchiere d'acqua. Ma quello che trovai non fu un bicchiere d'acqua, ma qualcos'altro. Mia madre era stesa a terra priva di sensi, con una bottiglia di soju tra le mani, e poco più lontano, ce n'erano altre... non una, non due, ma ben cinque bottiglie completamente vuote. 

Da quel giorno ho cercato di fermarla, ma quella dipendenza aveva superato persino il suo amore per me, passava le giornate buttata sul divano davanti alla tv, ma io non potevo fare niente, assolutamente niente. 

«Ti proteggerò, mamma, te lo prometto...» le avevo detto, all'età di 15 anni, prima che i medici la portassero in sala operatoria, prima di vederla andare via per sempre con i suoi occhi arrossati e i lunghi capelli castani.  

Alla fine era stato tutto inutile. Da quel momento ero sola, non avevo soldi ed ero circondata dai creditori dai quali mia madre aveva chiesto prestiti per comprare alcool.

All'improvviso sentii, bussare alla porta. 

"Accidenti... oggi hanno cambiato orari quei bastardi? Non è questa sera che dovrebbero venire, come ogni santo mercoledì, per rompermi le scatole?" pensai con aria scocciata. Presi il bastone appoggiato sulla soglia della porta e me lo misi in spalla. Ormai era diventato la mia migliore arma per difendermi, dopo i calci e i pugni. Afferrai la maniglia e lentamente aprii la porta dicendo: 

«Cos'è abbiamo cambiato orari? Vi ho già detto ch...» mi interruppi dopo essermi resa conto di avere di fronte, Min Ho e due dei tizi che avevo incontrato quella mattina. Min Ho e il tizio dai capelli neri guardavano me e il bastone quasi terrorizzati, mentre il castano al centro, sorrideva. «Oh... Come avete fatto a trovarmi?» dissi e rivolgendomi a Min Ho: «Li hai portati tu qui?» continuai. 

«Siamo venuti a restituirti questo...» disse il tizio con i capelli castani mentre tirava fuori il mio berretto nero. "Cavolo... lo avevo completamente dimenticato!" pensai. 

Mi accorsi che Min Ho e il ragazzo con i capelli neri, stavano ancora fissando il mio bastone. Risi e cominciai a sventolarlo nella loro direzione, godendo delle loro facce preoccupate e impaurite. 

«Cos'è quella faccia? Avete paura?» chiesi. Presi il cappello dalle mani del castano e lo ringraziai con un leggero inchino. Tornai poi agli altri due. Guardai Min Ho. 

«Mi sorprendi Min Ho... non credevo di farti cosí
paura!» esclamai, guardandolo dritto negli occhi. "Okay ora basta, dopotutto è il figlio della signora Lee" pensai e abbassai il bastone.  

Guardai il ragazzino di prima. «Guarda che stavo scherzando!» dissi dandogli un leggero colpo sulla spalla. Lui tirò un sospiro di sollievo e come gli altri ricominciò ad aspettare... ma aspettare cosa? "Vogliono entrare in casa mia vero? Non se ne parla... aspetta... idea!" pensai. 

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