Min
Per qualche strano motivo mi ritrovavo quel gruppo di scienziati ovunque. Era fastidioso, ma da una parte, grazie a loro ero riuscita a ridere come non facevo da tanto tempo. Avevo dimenticato quella sensazione di serenità che si prova a stare con delle belle persone. “Belle persone eh...” pensai mentre preparavo i loro frullati. “È così che li vedo?” mi chiesi. Era così strano avere intorno così tanti visi sorridenti, ma mi piaceva, nonostante sapessi di non potermelo permettere. La mia vita era troppo incasinata, troppo triste, troppo crudele, per essere condivisa con qualcun' altro. Bastavo io ad essere in quel casino, non c'era bisogno di qualche altra persona ad intralciarmi quella strada, già abbastanza tortuosa di suo.
Finii di preparare i frullati e una volta messi nel vassoio, mi diressi al loro tavolo.Mi avvicinai a e appoggiai il vassoio sul tavolo. Uno ad uno cominciarono a dire il tipico “gamsahabnida”. Distribuii i frullati e feci un piccolo inchino, ma quando mi girai per andare via, la voce di qualcuno mi fermò.
«Perchè non ti siedi con noi?» mi chiese gentilmente Jungkook. Ero sorpresa da quella richiesta, e per un momento fui tentata di accettare, ma stavo lavorando... non potevo.
«Non posso, devo lavorare...» risposi.
«Ah... giusto, scusa.»
Jungkook
Non sapevo perché l'avevo fatto. Ma d'impulso avevo allungato la mano verso di lei per fermarla.
“Come hai potuto chiedere ad una terrorista di sedersi con te? Ti è dato di volta il cervello?” chiese urlando, la voce dentro di me. «Non lo so... davvero, non ne ho idea.» sussurai. Mi girai poi verso gli altri che, intanto, avevano ripreso la loro conversazione sugli animali. Seokie stava imitando un gatto mentre faceva l'aegyo. Scoppiai a ridere. I miei hyugs erano davvero i migliori, dopotutto.
[Tre ore dopo...]
Min
Finalmente era arrivata l'ora di chiusura. I ragazzi erano andati via da un pezzo. Avevano finito il loro frullato, e dopo aver pagato il conto ed essersi fatti qualche altra risata, erano venuti a salutarmi. Ormai era calata la notte e... a casa c'era di sicuro qualcuno che mi stava aspettando, come ogni mercoledì. Mi infilai nel camerino e tolsi via quella orripilante gonna nera, per ritornare nelle vesti della ragazza sciatta e per niente femminile che ero. “Ora sì che posso muovermi decentemente” pensai, mentre mi dirigevo verso l'armadietto. Dopo aver riposto per bene la divisa, salutai gli altri con piccolo cenno del capo, ricevendo assolutamente niente in cambio, e uscii da lì.
Saltai sullo skate e mi diressi alla fermata dell'autobus. Per fortuna arrivai in tempo. Salii e, dopo essermi seduta, appoggiai la testa al finestrino e chiusi gli occhi, sulle note di una canzone...
Era davvero bella, e le voci dei ragazzi avevano qualcosa di familiare. Potevano essere...
«E questi erano i Bangtan Sonyeondan con Just One Day, se canterete questa canzone alla ragazza che vi piace, cadrà di sicuro ai vostri piedi...» disse il conduttore radiofonico.
“Sono bravi...” pensai prima di addormentarmi.
Jungkook
Non so' perché lo sto' facendo, non ne ho idea. Dopo esser usciti dal bar dove lavorava Min, siamo stati in giro per altre tre ore. Ma quando è arrivata l'ora di tornare al dormitorio, ho chiesto ai miei hyungs di andare senza di me. Ho detto loro che avevo delle questioni da fare... eppure ora mi ritrovo qui, seduto dietro a Min, nell'autobus. La guardo mentre appoggia la testa sul finestrino e si addormenta sulle note della nostra canzone. D'istinto comincio a canticchiare la mia parte e sorrido al commento del conduttore. Dopo circa dieci minuti l'autobus si ferma e si sente la voce dell'autista.
«Prima fermata:Yeongdeungpo...»
Sono tentato di allungare una mano, per svegliare Min, ma mi fermo quando la vedo alzarsi e uscire.
La imito, cercando di non farmi notare e comincio a seguirla. Porta lo skate sottobraccio, e cammina lentamente con la testa china sull'asfalto. “Non credo stia bene...” penso.
Continuo a seguirla mantenendomi a distanza e dopo venti minuti di cammino, comincio a vedere la sua casa. Di notte ha un aspetto ancora più tetro del solito.
“Aspetta.... ma se ora lei entra, io cosa l'ho seguita a fare?” mi chiedo. Poi i miei pensieri vengono interrotti dall'urlo di una forte voce maschile.
«Finalmente ti fai vedere! Lo sai da quanto tempo siamo qui???» urla l'uomo, colpendo con forza l'asfalto con il bastone che ha tra le mani. Lo osservo. È un uomo in giacca e cravatta, con i tipici occhi coreani e il pizzetto. In una mano impugna un bastone, nell'altra una sigaretta. Intorno a lui spuntano altri tipi loschi, armati dello stesso bastone. Loro però, hanno indosso una semplice canottiera nera e dei jeans scuri. “Chi sono?” mi chiedo, poi sento la fredda risata di Min.
«Ahaha...ragazzi... mi dispiace per voi, ma oggi proprio non mi va di fare a botte...»
“Cosa?”
Min
Eccoli... come sempre erano lì che mi aspettavano, con le loro armi, pronti a farmela pagare. E per cosa? Per degli schifosi pezzi di carta, chiamati soldi, intorno ai quali gira tutto il mondo.
«E da quando, ci importa di quello che va di fare a te?» mi rispose “quello vestito bene”, prendendomi il mento tra le mani. “Aigoo, brutta mossa...” pensai. Odiavo che qualcuno mi toccasse senza il mio consenso. Strinsi i pugni cercando di trattenere la mia ira, ma fu uno sforzo invano. Radunai tutte le mie forze e gli scagliai un pugno in pancia. Non ebbi neanche il tempo di godere del suo dolore, che mi ritrovai tutti i suoi scagnozzi addosso. Il mio fisico esile, si muoveva agilmente tra i loro furiosi colpi di bastone, ma questo non bastava a fermarli. Cercai di sfruttare le mie possibilità e con una mossa fulminea ne colpii uno al viso e un altro allo stomaco. Non era abbastanza, continuavano a rialzarsi... e ben presto rimasi a corto di forze. Sentii il micidiale tocco di un bastone prima, sulla schiena e poi sulle mie gambe. Uno di loro mi afferrò per i capelli e mi costrinse ad inginocchiarmi. Poi lo stronzo in giacca e cravatta, mi afferrò per il mento e sussurrò: «Smettila di fare la bambina... oggi sono qui per proporti un accordo, sai che il capo possiede un locale pieno di belle donzelle... perché non ti unisci a loro?»
Sentendo quelle parole, pensai di dover vomitare, e per manifestare il mio disgusto nei suoi confronti, sputai a terra.
«Vuoi che venga a fare la puttana, nei vostri locali di merda?» chiesi, guardandolo con tutto l'odio che avevo in corpo. «Davvero? E io che volevo darti un'occasione per riscattare il tuo debito... ti darò del tempo per pensarci, intanto... ragazzi! Sapete cosa fare....» disse agli altri, prima di andare via, lui e la sua sigaretta.
Cercai di liberarmi dalla stretta dell'uomo dietro di me, ma non ebbi neanche il tempo di muovere un muscolo che di nuovo quelle armi micidiali, ritornarono a colpirmi. Toccando i punti più dolenti... che mi facevano rabbrividire e stringere i denti fino a sanguinare.
Riprovai ad alzarmi ma questa volta venni fermata da qualcos'altro. Qualcosa di confortante e per niente doloroso. Qualcosa di caldo e forte mi proteggeva, stringendomi in un abbraccio. «Stai bene?» sussurrò la voce familiare.
Rimasi sorpresa quando mi accorsi di essere tra le braccia di Jungkook. “Cosa fa qui?” mi chiesi, ma dalla mia bocca non usciva alcuna parola. Cercai di uscire dalla sua stretta, nonostante adorassi quella sensazione di protezione che irradiava il suo corpo. Mi alzai barcollando, con la schiena e le gambe doloranti. «Perchè sei qui?» riuscii finalmente a dire.
«Non lo so, credimi...» rispose allontanandosi da me di qualche centimetro. Buttai un occhio dietro di lui e vidi i bastardi scappare. Sorrisi appena e ritornai a guardare lui.
«Beh, in ogni caso, grazie per avermi aiutato....» dissi, distogliendo lo sguardo. Ringraziare era una cosa che non facevo spesso. Cominciai a scotolarmi i vestiti pieni di terra e notai un profondo taglio sul mio braccio destro. Lo nascosi dietro la schiena e gli dissi: «Credo sia meglio che tu vada via... non è un bel posto questo, e potresti perdere l'ultimo autobus per tornare a casa.»
«Riguardo questo... credo che sia già troppo tardi, oh... il tuo braccio sanguina!» esclamò.
“Accidenti, se n'è accorto!” pensai mentre lui lo afferrava per vedere la ferita. Cercai di ritrarlo, ma la sua presa era davvero forte e non ne voleva saperne di lasciarmi.
«Va bene, non è nien-»
«No! Non va bene! Devo medicarla...» disse, interrompendomi.
«Devi?» chiesi.
«Si! Se fossi intervenuto prima, non sarebbe successo.» sbottò.
“Cosa?”
«Da quanto tempo eri qui?»
«Da un po'...» rispose, abbassando gli occhi.
«Un po' quanto? Hai sentito tutto?». La cosa stava diventando sempre più preoccupante. Non mi andava di essere considerata una puttana.
«Si...». Eccola la risposta che più temevo. Sospirai e senza rivolgergli parola mi girai per entrare in casa. Poi sentii il suo cellulare squillare, sulle note della stessa canzone che avevo sentito nell'autobus. Aprii la porta ed entrai, lasciandola aperta.
«Mi dispiace hyung, c'è stato un imprevisto... non ci sono più autobus...» lo sentii dire al telefono.
Ormai l'ultimo autobus che portava nel suo quartiere, era passato da un pezzo, ed io non ero una persona così crudele da lasciarlo a marcire fuori, dopo l'aiuto che mi aveva dato a scacciare quei bastardi. Mi girai e gli tolsi il telefono dalle mani.
«È con me... questa notte, dormirà nella mia baracca.» dissi con tono freddo. Lo guardai e lo vidi mimare la parola “Cosa?” con la bocca. Intanto una voce tranquilla, mi rispondeva dall'altra parte del telefono.
«Ne sei sicura? Insomma, un uomo e una donna...»
Ridacchiai sentendo la sua voce titubante.
«Allora lo faccio dormire fuori? Dove tutti i miei amici terroristi possono vederlo?» risposi sarcastica.
«Va bene, va bene. Domani mattina però, deve prendere il primo bus, e tornare. Ok?»
«Ok». Chiusi la chiamata senza dargli il tempo di rispondere. Guardai Jungkook e gli feci segno di entrare. Entrò senza dire una parola, continuando a guardare il mio braccio sanguinante.
«Io dormirò sulla poltrona, quindi tu puoi stare nella mia camera.» dissi prendendo delle vecchie coperte dall'armadio che avevo in salotto. Entrai nella camera e stesi il tutto per bene, poi presi un vecchio cuscino e glielo lanciai.
«Il bagno è di fronte...» dissi e uscii dalla stanza.
«Aspetta, lascia almeno che ti medichi il braccio.» disse, impedendomi di uscire dalla stanza.
«Posso farlo da sola.»
«No invece... dammi il disinfettante e una benda, faccio io.» rispose. Avrei voluto ribattere, ma ero davvero troppo stanca per cominciare una discussione. Così acconsentii, e in un attimo mi ritrovai seduta a terra con le spalle appoggiate al muro, mentre lui armeggiava con pezzi di carta e acqua ossigenata.
«Aisssh...» sibilai, in preda al bruciore che provocava l'acqua ossigenata sulla ferita. Era abbastanza profonda, ma il dolore diminuì quando lui cominciò a soffiarci sopra. Per un momento giuro di averlo visto arrossire, e insieme a lui anche io, non riuscii a trattenere l'imbarazzo. Già... proprio imbarazzo.
«N-non sono una persona di quel tipo...» dissi a bassa voce.
«C-che tipo di p-persona?» chiese. Percepivo agitazione nella sua voce.
«Una poco di buono, intendo...puoi anche considerarmi una terrorista, ma quello, quello proprio no» risposi tutto d'un fiato.
«Non ho mai pensato che tu fossi quel tipo di persona, e da ora in poi cercherò di non pensare a te come una terrorista» rispose sorridendo.
«Bene... cos'hai da sorridere?»
«Niente, è solo che quando sei K.O. fai molta meno paura...» rispose ridacchiando mentre legava il vecchio pezzo di stoffa intorno alla ferita. «Yaaaa, ti prendi gioco di me ora?».
Allungai una mano per scompigliargli i capelli perfettamente pettinati e poi semplicemente sovrastata dalla stanchezza, mi addormentai con la testa appoggiata al muro e il braccio dolente.---------------------------
Salve a tutti!! Scusate se ci ho un messo un po', comunque... ci tenevo a ringraziarvi per tutto il vostro supporto.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questa strana coppietta.
P.s. Dato che domani ritornerò tra i banchi dell'inferno, scusatemi se per l'uscita dei capitoli dovrete aspettare più del solito! Bye Bye!!
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Sempre...
FanfictionNome: Park Min Età: 18 Data di nascita: 28 febbraio Condizione familiare: Sola, senza genitori. Condizione economica: Tiro avanti con 496(400 €) won al mese. Occupazione: Lavoro, solo il lavoro. Ambizioni: Avere un futuro migliore. Storia: In che...