•Atto IV•

236 13 3
                                    

[Pensieri condivisi ]

Mefisto vide quella figura così simile a quella in quel momento se ne stava al suo fianco e lo aveva svegliato dalla paura e dal panico che per qualche strano motivo avevano affollato la sua mente distesa su un pavimento marmoreo quasi prima di vita.

Si trattava un bambino e la sua età era circa di tre anni, i capelli neri e un po' bagnati erano sparpagliati attorno al suo capo sul pavimento, le palpebre erano strette forte come a sperare che quello fosse solo un incubo, le sue piccole labbra ripetevano delle parole che non compresi come a scacciare qualche mostro.

Era a terra con uno squarcio sulla gamba e altri tagli sulla pelle, al suo volto era collegato un sistema di respirazione forzata, era appena coperto da qualche straccio logoro inzuppato di sangue mentre dei tubi trasportavano nelle sue vene una sostanza scura.

Lui non riusciva a capire, perché si trovava improvvisamente in un luogo che non aveva mai visto, perché davanti a se c'era un bambino spaventato, ferito al quale veniva iniettato del veleno demoniaco nelle vene come se non fosse una cosa crudele.

Si chiese che colpe quel bambino avrebbe mai potuto avere ma se persino lui, uno dei tre peggiori demoni esistenti risparmiava ai bambini la sua ira funesta perché esistevano persone che li tortura vano a tale maniera.

Poco dopo la pelle bianca del ragazzo si coprì di strigliature nere e cominciò ad urlare a causa del dolore, spalancò le palpebre rivelando due peculiari occhi smeraldo tremanti dalle quali sgorgavano lacrime di dolore quasi come due cascate impetuose.

Si dimenava, per quanto potesse, e si deriva a causa delle cinghie di cuoio utilizzate ber bloccargli caviglie e polsi mentre bruciava le sue corde vocali emettendo delle urla terrificanti a causa di quella sostanza letale per i demoni, figurarsi per un comune bambino umano.

Mefisto per la prima volta nella sua vita non riusciva a guardare quella povera creatura priva di colpe soffrire a quel modo per colpe commesse da altri o magari solo per il sadismo di qualcuno di orribile, per la prima volta non si gustò le urla di dolore che gli arrivavano alle orecchie.

Per la prima volta nel suo cuore che mai aveva amato, che mai aveva provato pietà e mai si era incenerito davanti ad un massacro ci fu spazio per un po' di tristezza e disprezzo per quelle persone che stavano facendo quello.

Rimase immobile incapace di fare o dire nulla mentre gli occhi smeraldo, gli stessi che aveva visto indossare a Ignifero, innocenti, spaventati e pieni di dolore piangevano il loro dolore sperando che qualche persona di animo nobile lo liberasse da quel dolore che non riusciva a capire.

Fu forse la prima volta che Mefisto si rese conto di quello che ogni fica va essere spietati, di quello che significasse essere un essere umano debole in balia della società orribile che si aveva in quel periodo, per la prima volta capì che non aveva avuto il diritto di prendere in giro tutte quelle persone che avevano scelto di terminare la loro esistenza per sfuggire a situazioni a volte simili.

Poi vide gli occhi del povero bambino divenire quasi trasparenti, opachi, quasi la vita fosse scivolata via dalle sue labbra urlanti ora mute e socchiuse, le palpebre non battevano e non uno sbuffo d'ossigeno veniva fuori dalle sue narici o dalla sua bocca.

Era morto, non solo visivamente, perché Mefisto ne era certo come era certo di essere un demone che il cuore di quella povera creatura indifesa avesse smesso di pompare sangue nelle sue vene e dato il tempo impiegato non sarebbe tornato a battere neppure con un miracolo.

Ma se quello che stava vedendo, come pensava, era un ricordo sfuggito al controllo che il ragazzo aveva esercitato sul suo animo per impedirgli di vedere dentro di se, allora come diavolo era possibile che fosse arrivato alla maggior età?

Proprio mentre questa domanda gli galleggiava nella mente sentì un piccolo battito, poi un altro ancora finché il suo cuore riprese a battere ad un ritmo regalare mentre il sangue cominciava nuovamente a circolare nelle vene, l'aria ad entrare nei suoi polmoni e pareva tornato alla vita.

Le pupille gli si strinsero per poi dilatarsi e ritornare al loro vitale smeraldo e poi il ragazzo si sedette in modo composto nonostante le costruzioni che gli impedivano i movimenti, scopo per il quale erano state applicate.

Un uomo vestito di bianco il cui volto era nero, completamente, forse era non riusciva a ricordarne chiaramente l'aspetto o magari non voleva farlo, in fondo chi vorrebbe mai ricordare simili avvenimenti che hanno popolato la sua vita?

L'uomo controllò i parametri vitali del ragazzo poi cominciò a picchiarlo, allora sul viso gli si distinse in volto un sorriso viscido e schifoso segno che qualcosa di ancora peggiore stava per accadere a quella povera creatura che a stento sembrava viva.

Fu allora che lo vide, vide come probabilmente Ignifero aveva passato la vita, stuprato nel modo più orribile possibile, torturato, picchiato e utilizzato come cavia per i folli esperimenti immorali che venivano in mente agli orribile uomini dal bianco camice.

Il ricordo sfumò e come in un classico film la scena si mostrava sempre la stessa e proseguiva ma il ragazzo cresceva ogni minuto che passava mostrando al demone cosa avesse spinto Ignifero a non provare più nulla, a non conoscere luce nella sua vita, a non conoscere gentilezza ne gioia.

Poi però si ritrovò nuovamente dove doveva essere, la testa gli faceva male da morire e le tempie martellavano in modo impressionante e non riusciva a stare in piedi, non riusciva a capire perché si sentisse così debole tanto che quasi cadde a terra.

Quando fu certo che sarebbe caduto perché ormai il suo cervello era annebbiato e confuso, perché sentiva le gambe molli e non riusciva a restare con gli occhi aperti sentì qualcuno prenderlo al volo prima che smettere di vedere e di percepire quello che lo circondava, solo in seguito avrebbe scoperto la causa del suo malore.

Oltre la morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora