•Atto III•

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[L'inizio della fine ]

Il demone da terra osservò curioso il ragazzo che lo aveva quasi ucciso, lo aveva quasi privato della sua lunga vita eppure non provava odio o rabbia nei suoi confronti essendosi subito accorto che quel trattamento non era volontario.

La pelle bianco latte del demone era cosparsa di ferite profonde, tagli più superficiali, contusioni e sangue, tanto e neppure una goccia di quel liquido vermiglio proveniva dal corpo dell'umano.

«Come fai ad essere così forte? » chiese il demone alzandosi in piedi a fatica, aveva il fiato spezzato dal continuo dolore che percepiva provenire da ogni centimetri del suo corpo e non era certamente facile ferirlo, anzi, non gli accadeva da quando era ancora un demone di medio livello.

Notando che ancora una volta nulla uscì dalle sue tanto perfette si avvicinò di qualche passo, Ignifero non fece neppure un passo che fosse Avati oppure indietro.

Mefisto non riusciva a vedere il suo volto poiché questo era coperto dalla chioma corvina liscia e setosa che ricadeva sul suo volto quasi volesse celare ai suoi occhi oro l'espressione che gli si era dipinta in volto, finalmente aveva cambiato espressione.

Il ragazzo rimase immobile mentre l'altro si abbassava per riuscire ad osservare i lineamenti marcati e maschili di quel volto dotato di una rara bellezza, tale che non era riuscito a compararlo a nessun'altra creatura avesse mai visto nella sua lunga vita.

Notò come la linea netta e ben definita della mascella tremasse per quanto questa era contratta, notò le labbra incurvate in una smorfia di rabbia e poi i suoi occhi...

I suoi occhi parevano lo specchio della sezione più terribile e malvagia di tutto il regno di Lucifero; gli pare di vedervi qualche guizzo di fuoco in quelle pozze smeraldo in quel attimo non prive di vita ma di una repulsione forte come in poche occasioni ne aveva viste.

Poi improvvisamente Ignifero fece un passo indietro sgranchendosi il collo, prese le chiavi di casa e uscì senza dire nulla, semplicemente lanciò una breve occhiata a Mefisto e per il demone fu chiaro che non doveva seguirlo, non se ci teneva a rimane ancora vivo.

Quando il ragazzo fu lontano, a camminare sul bordo del fiume sul quale era stato ucciso, Mefisto si era seduto sul letto del ragazzo inalando il rilassante aroma tipico di lui con uno strano sorriso mentre ghignava divertito e, finalmente dopo anni, interessato da qualcosa.

«Penso che ne vedrò delle belle » sussurrò iniziando a far rimarginare le sue ferite per poi concedersi di addormentarsi per recuperare le forze perse nel complesso restauro del sul corpo, dopotutto se fosse stato umano sarebbe morto almeno cento volte sotto quelle mani estremamente forzute.

Ignifero non capiva, i suoi sensi non funzionavano come avrebbero dovuto, non riusciva a recepire in quale direzione stava andando, non vedeva correttamente e gli sembrava di star soffocando a causa del brusio continuo che pareva fischiargli nelle orecchie.

Quando fu abbastanza lontano dalla sua abitazione si fermò perché non poteva avanzare in quello stato poiché pareva simile ad una bestia selvaggia che vive e respira con il solo desiderio di strappare la vita dalle membra di qualcuno.

Si portò una mano fra i capelli tirandone le punte all'indietro, chiuse gli occhi respirando lentamente ma immagazzinando ed espellendo grandi quantità d'ossigeno dai suoi polmoni lasciando che le gocce di pioggia che gradualmente avevano cominciato a scendere giù dal cielo bagnando la sua pelle marmorea e i suoi capelli neri come la notte.

Si portò la mano al petto come a stringere il cuore che gli doveva nel petto, abbassò il volto mentre la pioggia copiosa che scendeva dalle nuvole grigie e cupe scivolava lungo i suoi zigomi marcato per poi infrangersi al suolo e scomparire alla vista.

Venne scosso dal suo continuo rimurginare e tentare di sopprimere ogni lato di se, quell'odio, quel rancore, quella rabbia forte e vivida che gli bruciava dentro da anni senza mai sopirsi nonostante già avesse attuato la sua sanguinosa e cruenta vendetta da delle voci che lo chiamavano con scherno e irritazione.

Si voltò con ancora il desiderio di uccidere riflesso nelle iridi smeraldo private della loro luce anni addietro costringendo il gruppo di ragazzi a fare un passo indietro, terrorizzati, prima che potessero mascherare la loro sorpresa e la loro agitazione con degli insulti mediocri.

«Perché volete uccidermi? » chiese con un occhio celato dai capelli umidi di pioggia, dettaglio che rendeva la sua cura espressione ancora più spaventosa «Perché l'imperatore lo vuole e noi vogliono ciò che vuole » risposero come se quella fosse stata una risposta preimpostata e loro solo delle voci robotiche programmate per dire quelle parole.

«Chi è? » chiese decidendo di mandare a quel paese i suoi propositi di vivere come una persona qualunque perché ormai se ne era dovuto rendere conto dopo quello che era successo, lui non sarebbe mai stato come gli altri esseri umani che popolavano quel mondo, lui era sempre stato diverso.

Lui non possedeva speranza nel suo cuore, non conosceva la gioia ne l'amore, tutto ciò che conosceva era la rabbia, quella vera e pura, l'ostilità, l'odio, il dolore sua fisico che psicologico, l'impulso di fare del male a chi è un pericolo e la spietatezza.

Uno di loro rise, da come si atteggiava a gard'uomo dedusse che fosse il capo di quei quattro ragazzi che ancora non avevano neppure idea di cosa volesse dire la violenza o una lotta vera, una in cui rischi di morire nel peggiore dei modi.

«Chi credi di essere per farci delle domande uh, solo perché sei sopravvissuto una volta non vuol dire che puoi montati la testa » rispose sputando veleno sulle sue parole, parole che non sfiorarono minimamente Ignifero.

Questo per loro era un problema, poveri stolti ignari di quello che avevano davanti e ciò che li avrebbe da lì a breve attesi a causa della loro impudenza, ma non fu loro colpa soltanto.

«Già, infatti secondo me non sei manco capace di battere un ragazzino di quattro anni » disse uno fra i cinque facendo il coro al delinquente che li comandava.

Ma purtroppo per loro lui si era stancato di reprimere quello che era e aveva deciso che era privo di senso se non poteva ottenere quello che desiderava.

«Siete davvero sicuri di sapere come si uccide?  » chiese con voce cupa e fredda ai ragazzi lasciando uscire, dopo anni, parte di quella che era la sua reale natura.

Oltre la morteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora