22 - High Hopes

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Marco sbuffò. Non era il programma di allenamento che non andava, era perfetto, ben bilanciato...
Era incredibile come il tempo sembrasse volare, ogni giorno scivolava sull'altro e in un attimo il Giappone era di nuovo un ricordo lontano.
No... Quello che lo angustiava era ciò che Violet gli aveva fatto notare improvvisamente e in modo assolutamente involontario.
Stavano parlando per telefono. Il calciatore era contento, la ragazza gli aveva rivelato che Ivan le aveva chiesto di uscire ed era tutta presa dal raccontare il loro primo appuntamento poi aveva fatto la fatidica domanda.
«Tu e J dove siete andati per il vostro primo appuntamento?».
Ed era in stato in quell'orribile momento che il calciatore aveva realizzato la verità. Stavano assieme da quasi due anni... e non avevano mai avuto un vero e proprio primo appuntamento.
Forse perché la loro relazione era iniziata ancor prima che se ne rendessero conto ma Marco non la trovava una valida giustificazione.
Quando J si era affacciato con i capelli arruffati e il volto adorabilmente assonnato Marco gli si era avvicinato e era crollato in ginocchio.
«Ti capita fin troppo spesso di metterti in ginocchio davanti a me... prima o poi potrei pensare male lo sai?».
Marco era arrossito e lo aveva stretto forte a sé, aspirando a pieni polmoni l'odore dell'amato. «Alle volte dimentico quanto sei romantico...» aveva infine sospirato malinconico.
«Male...» ridacchiò J divertito, osservandolo in ginocchio davanti a sé.
«Credo che sia venuto il momento di farlo» proclamò prendendogli le mani tra le proprie.
J poteva vedere la lettera tatuata sull'anulare del giocatore, aveva tolto l'anello che lo nascondeva ormai da tempo.
«Vorresti uscire con me?»
J lo osservò, era in ginocchio davanti a lui, voleva immaginare che tutto fosse accaduto molto prima, la prima volta che si era accorto di provare qualcosa per l'amico.
Quel sentimento era rimasto la, sepolto, ma non era mai morto.
«Vorresti un appuntamento?»
«Si... un vero primo appuntamento! Tu io, fiori, una cena a lume di candela, musica. Tutto quello che desideri...»
J sorrise, era da tempo che aspettava quel preciso istante. Si chinò verso il calciatore per un lieve delicato bacio a fior di labbra «Si! Assolutamente! ce ne hai messo per chiedermelo».



J giocherellò con il suo ciondolo portafortuna scorrendo la pagina internet. Era troppo elettrizzato all'idea di organizzare una romantica serata da passare con il suo Marco, almeno voleva provare a dargli qualche dritta.
Magari si sarebbe consultato con Mickey ma se così non fosse stato doveva correre ai ripari.
Guardando l'ora si sorprese di quanto si fosse fatto tardi. Era impossibile che il ragazzo fosse andato agli allenamenti senza avvertirlo e poi gli aveva promesso del buon sesso saponoso una volta rientrato. E una promessa di sesso non era cosa da prendere sotto gamba.
Quando sentì il campanello rise divertito, il suo stupido orso si era forse scordato le chiavi?
Scrisse a Tatiana che avrebbe fatto tardi scusandosi! Le avrebbe portato un dolcetto per farsi perdonare, uno dei suoi preferiti, l'ex pattinatrice era una gran golosa. Di certo avrebbe capito le necessità dell'amico.
Quando aprì la porta si ritrovò a fissare lo stravolto volto di Axell.
J si sentiva quasi in trance, aveva seguito il musicista, se lo ricordava, ma il resto era così confuso nella sua mente.
La voce di Axells era ovattata e confusa, vedeva il cantante muovere la bocca davanti a lui ma non riusciva ad afferrarne le parole. Non sentiva niente se non un dolore lacerante al petto.
Doveva trattarsi di un incubo. Che altra spiegazione poteva esserci alle parole di Axells?
Vedeva il volto di Marco davanti a sé, come lo aveva visto quella mattina, nella sua vecchia logora tuta d'allenamento, il morbido cappello nero di spugna calato sulla testa, l'aria serena.
Cercava di ricordare la sensazione che gli aveva lasciato addosso quel bacio, dato a fior di labbra, sbrigativo. Ma non ci riusciva. Perché non riusciva a ricordare il sapore delle labbra di chi amava?
Perché quella mattina non era rimasto a casa? Almeno una volta poteva rinunciare a quella stupida abitudine.
"Vado amore, raggiungo Mickey nel parco, facciamo una corsa e torno... Fai la doccia con me dopo?"
La voce di Marco gli sembrava così lontana.
«Mi manca l'aria...» annaspò il pattinatore portandosi le mani al petto... «Non... Non riesco a respirare...» farfugliò.
"È stato accoltellato, un pazzo... lo hanno preso... Marco è stato portato d'urgenza all'ospedale..."
La fitta al petto aumentò strappandogli un gemito di dolore. La vista gli si stava sfocando...
Axells vide il ragazzo oscillare in avanti e lo afferrò prima che crollasse, sicuramente non lo aveva sentito quando gli aveva detto che Mickey era con lui, che stava bene e che lo avrebbe aggiornato appena ci fossero state novità.
Il respiro del pattinatore si era fatto rapido e superficiale, farfugliava con la fronte imperlata di sudore.
«J ascoltami! Andrà tutto bene! Tutto si sistemerà hai capito?». Voleva rassicurarlo ma non era certo che lo avrebbe sentito. Il cantante cercava anche di rassicurare sé stesso.
Non voleva pensare al fatto che Mickey, il suo dolce cucciolo avesse rischiato di restare ferito, né che il suo amico stesse lottando per la propria vita. Sentiva la sua voce intervallata dai singhiozzi. Era solo un brutto incubo, si disse Axells chiudendo gli occhi. Le persone per bene non vengono aggredite senza motivo. Marco era un bravo ragazzo, dedito allo sport. Perché stava succedendo?

L'Amore Comunque - the sound of silenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora