03 - Seven Nation Army

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«Sono nervoso Manuel, sono molto nervoso... Questa potrebbe essere la partita più importante della mia vita.» Marco sentiva le viscere ridotte a un groviglio rovente, erano arrivati in finale ed era meraviglioso! Stentava a credere che fosse tutto reale e non frutto di un sogno o di un'allucinazione.
Dal primo momento che era arrivato al centro sportivo gli era parso tutto surreale, correre spalla a spalla con atleti che aveva ammirato e storici rivali sul campo, tutto era un intrico di emozioni bellissime e strane.
Indossare l'azzurro, sfoggiare il tricolore era ciò che, in fondo al cuore, aveva sempre segretamente bramato e adesso era reale.
Era strano non spartire la camera con Manuel. Marco era forse rimasto più deluso dell'amico per la sua mancata convocazione in Nazionale. Era ormai da così tanto tempo che condividevano quasi ogni cosa, invece adesso si ritrovavano a parlare per telefono come una coppia di fidanzatini con lunghi e interminabili sfoghi ricchi di emotività.
Aveva già giocato qualche partita, aveva anche partecipato alle qualificazioni, ma niente poteva prepararlo all'incredibile, inebriante emozione di partecipare a un mondiale.
Si erano create delle strane, incredibili dinamiche all'interno della squadra, come se avessero sempre giocato assieme, come fosse venuto loro naturale.
Era stata pura magia, e adesso eccoli lì, la notte prima della finale, ognuno che a modo proprio cercava di trovare calma e concentrazione per la grande sfida.
«Respira. E cerca di non fare stupidaggini... ti vengono straordinariamente bene quanto ti metti d'impegno. Soprattutto quando non vedi né senti chi sappiamo.» Evitò con cautela di nominarlo, era un tasto dolente... e si morse la lingua poco dopo per aver anche solo accennato al ragazzo.
«Vai un po' a quel paese» esclamò Marco con una risata nervosa.
J... era chissà dove in Asia per un lunghissimo tour. Non si parlavano da tanto di quel tempo che il calciatore credeva di aver scortato che suono avesse la sua voce. Non che fosse davvero possibile, ovvio.
Un po' si sentiva amareggiato, era partito senza salutare e non si era più fatto vivo.
Non che il calciatore avesse avuto poi molto tempo libero, senza contare che otto ore di differenza potevano rendere le comunicazioni alquanto difficoltose, ma il ragazzo non ci aveva nemmeno provato...
Marco sfiorò il cigno chiedendosi dove stesse volando in quel momento con le sue candide ali.
«Credo che darò di stomaco...» borbottò sfiorandosi lo stomaco e riagganciando il telefono dopo aver salutato velocemente l'amico.
Il suo compagno di stanza lo guardò e nei suoi occhi poté leggere la medesima ansia che doveva esserci anche nei propri.
«Spero che sia di buon auspicio» gli disse con un sorriso nervoso appena accennato.



...We are the champions, my friends

And we'll keep on fighting 'til the end

We are the championsWe are the champions

No time for losers'Cause we are the champions of the world....



Marco cantava a squarciagola, il gigantesco cappello tricolore in testa, se ne stava a torso nudo sul grande carro dove si trovava tutta la squadra.
Aveva l'impressione di librarsi ancora in aria, verso le stelle, verso la vittoria.
Finalmente partì la canzone che era da subito diventata la colonna sonora di quel magico periodo che li aveva visti salire fin ad arrivare alla vetta più alta, in cima al mondo.
Non seguivano granché il testo in realtà... ripetevano tutti solo due parole... ma era la loro canzone, se n'erano impossessati sin dalla prima vittoria e poi l'avevano ripetuta in quella successiva, fino al grandioso finale!

L'Amore Comunque - the sound of silenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora