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Il sabato sera arrivò presto anche per Jeongguk, forse troppo presto. Non che fosse il tipo di persona da tirarsi indietro non appena si presentavano delle difficoltà, però doveva ammettere di non sentirsi per niente pronto per affrontare una gara che era stata stabilita settimane prima. Di tempo per allenarsi e migliorare ne aveva avuto a sufficienza, dunque perché non era ancora riuscito a superare il suo stesso record di velocità?

Non pretendeva di superare quello di Min Yoongi, no, lui era quasi impossibile da equiparare e durante le gare poteva solo sperare in un colpo di fortuna – che non si era ancora degnato di graziarlo – ma desiderava almeno mantenere alto il proprio orgoglio e la propria dignità ottenendo un punteggio non troppo umiliante, cosa praticamente impossibile in sfida contro quel cazzone.

Spesse volte Jeongguk si chiedeva cosa l'avesse spinto esattamente a intraprendere una strada del genere, a gettarsi nell'illegalità delle corse d'auto. Aveva cominciato da appena sedicenne e ancora adesso, a ventuno anni, vincere quelle gare era l'unica fonte di sopravvivenza. Jeongguk era un amante del pericolo, dell'ebbrezza del rischio, della pelle d'oca dovuta alle alte velocità che raggiungeva spingendo con forza su quell'acceleratore.

Jeongguk non aveva granché da perdere, tutto ciò a cui poteva aggrapparsi era l'amicizia con Namjoon e quella briciola di rapporto che rimaneva con quella madre malata che, chiusa all'interno di una struttura psichiatrica, s'era persino dimenticata del nome del figlio, quello stesso figlio che aveva la possibilità di sentire per telefono una volta ogni due settimane quando era in condizioni decenti, altrimenti il minor tempo d'attesa sarebbe stato un mese.

Jeongguk si ricordò anche di come, una volta allontanato dalla madre, gli unici momenti in cui aveva cominciato a smettere di lottare contro i propri demoni erano stati quelli trascorsi alla guida di una vettura sportiva, che era stato in grado di permettersi solo grazie all'aiuto di Namjoon, che fin troppe volte gli aveva dato una mano - economicamente e non - senza chiedere nulla in cambio. Era stato proprio quest'ultimo, infatti, ad avviarlo in questo campo.

Jeongguk e Namjoon si erano conosciuti a scuola quando entrambi, un pomeriggio, si erano ritrovati insieme ad altri studenti in un'aula per scontare la loro punizione. I loro caratteri, di natura ribelli, s'erano subito attratti a vicenda come delle calamite, spingendoli a cercarsi durante le ricreazioni e le fughe dalla propria classe.

A sedici anni, poi, Jeongguk aveva deciso di abbandonare gli studi per cercare un lavoro, mentre il più grande ormai completava il suo ultimo anno dopo aver affrontato tre bocciature – Namjoon, infatti, era più grande di cinque anni. Jeongguk aveva cominciato con lavoretti semplici e da quattro soldi, ma pur sempre pesanti per un ragazzino della sua età, fin quando Namjoon, una sera, non gli aveva mostrato il mondo delle auto da corsa, e da quel momento era stata una continua ascesa verso il successo – fatta eccezione per quell'impossibile ostacolo da superare che era Min Yoongi.

Era proprio contro il suo acerrimo nemico che doveva gareggiare quella sera. Ogni cosa era pronta, la macchina era stata messa a punto per l'occasione, il percorso su cui sfrecciare era stato stabilito pochi minuti prima che i due piloti entrassero ognuno nella propria vettura; Min Yoongi dallo sguardo fiero e sicuro delle proprie capacità, nettamente superiori rispetto a quelle del suo avversario, e Jeon Jeongguk, afflitto e ormai consapevole di non poterlo battere. Ma non per questo s'era risparmiato dal rivolgersi a lui con la solita arroganza di chi non si fa i mettere i piedi in testa da nessuno.

Min Yoongi, dal canto suo, pareva trovarci gusto a sfotterlo mentre da dietro il finestrino della sua auto sfoggiava quel dito medio che Jeongguk avrebbe tanto voluto strappargli a morsi, ma che alla fine si limitò a ricambiare gentilmente.

I motori già accesi creavano un rumore assordante all'interno del garage, punto di partenza della gara, mentre i due sfidanti si lanciavano sguardi infuocati. Poi la ragazza - più nuda che vestita - posizionata al centro davanti le due auto, abbassò le braccia. Il movimento venne accompagnato da uno sparo e con ciò fu dato il via alla competizione.

Jeongguk fu più abile nella partenza, il che gli permise di guadagnare qualche metro di vantaggio. Non si entusiasmò più del dovuto, sapeva che il suo avversario lo avrebbe superato prima ancora di rendersi conto che lo stesse effettivamente raggiungendo.

Il percorso era piuttosto breve: comprendeva dieci giri attorno all'isolato per un totale di quindici minuti. Min Yoongi stava chiaramente giocando con Jeongguk, lasciandogli di tanto in tanto il primo posto e sfrecciando subito dopo davanti la sua vettura, facendo persino scontrare la parte posteriore della sua auto con il muso di quella di Jeongguk, giusto per il semplice gusto di sfotterlo.

Ogni volta che passavano davanti il garage in cui la gara aveva avuto inizio, la maggior parte delle urla gridavano il nome di Yoongi, le poche restanti quello di Jeongguk, il cui fan principale rimaneva comunque Namjoon.

La gara sembrò terminare piuttosto in fretta e, com'era stato già previsto da tutti i presenti, si concluse a favore di Yoongi. Jeongguk uscì furioso dalla sua auto, facendo sbattere la portiera con così tanta forza da danneggiare il vetro dello specchietto sinistro.

Namjoon cercò di accoglierlo con cautela, avvicinarsi a un Jeongguk così incazzato era pericoloso per la propria incolumità. Tuttavia, l'amico non lo degnò nemmeno di uno sguardo, semplicemente recuperò la propria roba che aveva affidato a Namjoon prima della corsa e sfrecciò nuovamente via, scatenando le risate dei suoi avversari che avevano interpretato quella reazione come paura da parte di Jeongguk.

Non aveva una meta precisa, semplicemente desiderava farsi un giro nel tentativo di scaricare un po' di tutta quella tensione accumulata. Il quartiere desolato, poi, pareva incoraggiarlo a spingere sempre di più sull'acceleratore. La testa cominciava già ad essere più leggera, l'aria che entrava dal finestrino, per metà aperto e che gli scompigliava i capelli, gli dava un maggiore assaggio della velocità con cui stava percorrendo quelle strade.

Solo quando vide una figura correre in strada fu costretto a frenare di colpo, il piede che si spostò velocemente sul pedale del freno, le dita istintivamente strette sul freno a mano nel caso in cui fosse stato necessario tirarlo.

Che razza di idiota si gettava in mezzo alla strada in quella maniera senza nemmeno guardare se ci fossero macchine in arrivo? Fu un po' come la ciliegina sulla torta per il nervosismo di Jeongguk, ormai alle stelle. Scese dalla macchina e s'avvicinò a quello che scoprì fosse un ragazzo, ora accovacciato sulle proprie gambe.

«Che cazzo fai, coglione?»

YUÁNFÈNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora