«Jimin, davvero non riesci a capire un concetto così semplice?» Chiese Taehyung, ormai esasperato e sull'orlo di una crisi isterica. Si trovavano seduti al tavolo della cucina a casa di Jimin, quest'ultimo avrebbe avuto un test di matematica nei prossimi giorni e aveva chiesto disperatamente aiuto all'amico.
Taehyung, pur sapendo che Jimin fosse un caso perso in quella materia, aveva accettato di fargli due giorni di ripetizioni. Non si aspettava, però, che Jimin fosse davvero messo così male, di quel passo la sufficienza non l'avrebbe vista nemmeno da lontano.
«È che non capisco perché bisogna farlo in quel modo!» Protestò Jimin, abbandonando la penna sul foglio pieno di formule che Taehyung aveva scritto nella maniera più chiara e comprensibile possibile, così da renderle alla portata di Jimin e della sua ignoranza in materia. Inutile dire quanto tutti gli sforzi di Taehyung fossero stati vani.
«È semplicemente la regola, Jimin, devi impararla.» E per l'ennesima volta Taehyung eseguì l'ultimo esercizio di quella tipologia all'interno della pagina, gli altri li aveva già svolti tutti nelle tre ore precedenti e Jimin non aveva ancora capito il meccanismo.
Anche quell'ultimo tentativo fu inutile, perché l'unica conclusione a cui l'amico riuscì ad arrivare fu che durante il test avrebbe dovuto copiare o farsi passare le risposte da qualcuno più bravo di lui. Un sospiro frustrato abbandonò le labbra di Taehyung. Aveva praticamente dedicato l'intero pomeriggio a Jimin, trascurando così i suoi compiti, il che voleva dire che avrebbe dovuto studiare fino a tardi quella sera.
Un'ora dopo Taehyung si stava già dirigendo verso la porta d'ingresso. Aveva capito che era ora di tornare a casa, visto che le sue lezioni di matematica si erano rivelate un fallimento. Jimin lo aveva ringraziato più volte, aveva pure cercato di ripagare gli sforzi dell'amico offrendogli un pacchetto di patatine e dicendogli di non preoccuparsi, che aveva capito tutto e che aveva solo bisogno di esercitarsi un po' di più, ma entrambi sapevano bene che erano solo bugie; Jimin non aveva proprio capito un tubo.
Taehyung lo incoraggiò comunque a tentare almeno di svolgere alcuni degli esercizi sul libro, mettendosi a sua completa disposizione nel caso in cui avesse avuto ulteriori dubbi. Sapeva che Jimin non si sarebbe esercitato e che, abile ed esperto com'era in campo, avrebbe copiato interamente il compito.
Non ebbe nemmeno il tempo di salutare l'amico e fare due passi verso la fermata dell'autobus lì vicina, che vide una figura stranamente familiare scendere da una vettura. Tentò di unire i pezzi del puzzle, di ricordarsi dove avesse visto quel viso e dove avesse sentito quella voce che ora stava parlando al cellulare con qualcuno.
«Oh cavolo!» Esclamò Taehyung, forse a voce troppo alta, perché il ragazzo si voltò nella sua direzione. Fantastico, pensò Taehyung. Collezionava figure di merda una dopo l'altra come se fossero caramelle all'arancia – le sue preferite, tra l'altro.
Tra tutti gli abitanti di quell'enorme pianeta e di quella grande metropoli che era la capitale sudcoreana, il vicino di Jimin doveva per forza essere il ragazzo di quel sabato? E tra le tante opzioni che Taehyung aveva – come ad esempio nascondersi dietro i cespugli del giardinetto di Jimin o voltarsi semplicemente di spalle e rimanere in silenzio – perché aveva felicemente deciso proprio di imprecare ad alta voce?
Con il volto accaldato e di un colore indicibile, le mani premute contro quella boccaccia che aveva deciso di parlare e dire la cosa meno adatta, con occhi sgranati, Taehyung guardò il ragazzo della casa accanto chiudere la chiamata ormai terminata e riporre il cellulare nella tasca posteriore dei suoi jeans stretti.
«Quindi parli?» Fu la risposta ironica dello sconosciuto alla propria esclamazione. Il rossore sul viso di Taehyung peggiorò notevolemnte. Quando ripensava all'avvenimento di quella sera, anche a distanza di settimane ormai, tutto ciò che gli veniva in mente era il desiderio di ringraziare quel ragazzo per educazione, ma era sempre stato più che convinto che non lo avrebbe rivisto mai più! Non si era mica organizzato un discorso di scuse, come avrebbe dovuto affrontarlo?
«Uhm.. s-sì,» e con quel balbettio diede il via alla scena pietosa e imbarazzante che da lì a poco avrebbe messo in atto.
In che modo poteva giustificare la sua corsa in mezzo alla strada ad uno sconosciuto che proprio come ultima cosa avrebbe dovuto sapere che era stato letteralmente terrorizzato da una ragazza e che era scappato da quest'ultima?
«Quella sera..» Cominciò Taehyung non appena notò che lo sconosciuto, con un ghigno stampato in viso probabilmente divertito dall'imbarazzo altrui, gli stava voltando le spalle per andarsene.
Tuttavia la sua attenzione venne catturata dalle parole di Taehyung e, seppure fosse del parere che non gli servisse alcuna giustificazione da parte sua riguardo quanto era successo quel sabato, rimase comunque fermo davanti la porta di casa, con la chiave a mezz'aria, in silenzio.
«Quella sera avevo.. uhm.. litigato! Ecco, sì, avevo litigato con i miei amici ed ero furioso, veramente molto furioso! Quindi sono corso fuori da quel posto infernal— cioè, volevo dire che sono corso fuori da quella discoteca e mi dispiace per quel che è succ—» parlò a raffica, Taehyung, ma venne improvvisamente fermato.
«Alla fine è andato tutto bene, non c'è bisogno di dire altro.» A metà tra la noia della questione e la stanchezza di quella giornata pesante, Jeongguk troncò in pieno il discorso di Taehyung. «Comunque, evitate di fare troppo rumore quando state dal tuo amico, siete insopportabili.» Furono le ultime parole del ragazzo dai capelli scuri al quale Taehyung non poteva ancora associare alcun nome.
«Oh.. scusaci. Sai, ci piace molto stare da Jimin, perch—» E di nuovo il suo discorso fu bloccato dal rumore di una porta d'ingresso che si chiudeva e lo sconosciuto che spariva all'interno della casa accanto a quella di Jimin.
Aveva appena fatto finta che Taehyung non stesse parlando? Taehyung pensò che fosse gran maleducato! Non poteva crederci, che razza di educazione gli era stata insegnata? Si convinse di essersi sbagliato sul suo conto, che non fosse affatto un ragazzo gentile e che non avesse deciso di aiutarlo per cordialità, ma piuttosto per pietà.
E mentre Taehyung faceva ritorno a casa, si appuntò mentalmente che il giorno successivo, a scuola, avrebbe dovuto informare Jimin riguardo il carattere tremendamente e fastidiosamente antipatico del suo vicino di casa, augurandosi nel frattempo di non doverlo incontrare mai più.
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YUÁNFÈN
Fanfiction[KOOKV] Il termine "yuánfèn" (缘分) indica che l'affinità e la relazione tra due persone è predestinata: si tratta del destino, del caso, di quella forza vincolante e misteriosa che fa incrociare due vite in modo significativo. Jeongguk e Taehyung, d...