11. (BOZZA)

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Delsi non era particolarmente entusiasta per essere stato svegliato dal fratello con ben un'ora d'anticipo rispetto alla sua sveglia. Il fatto lo irritava non tanto per il sonno perduto, ma per il modo strafottente con cui Gebrel si era presentato a casa sua senza neanche avvisarlo.

Il Sindaco era andato ad aprire la porta e si era seduto sul divano su cui aveva dormito; indossava una vestaglia blu e un paio di pantofole, un look che avrebbe di certo generato uno scandalo se fosse finito agli occhi del popolo; non doveva tenere un incontro in quel momento, bensì un dialogo col fratello: sapeva benissimo, infatti, che se Gebrel si era presentato così, doveva parlargli di qualcosa. Le visite di piacere, assai rare, avvenivano precedute molto tempo prima da avvisi e richieste.

La porta si aprì ed entrò suo fratello. Non era cambiato di una virgola dall'ultima volta che lo aveva visto, come sempre d'altronde: manteneva i capelli rasati a zero, lasciando crescere soltanto uno strato sottile di barba lungo la mascella.

A vederli non sembravano fratelli, e nemmeno parenti. Erano opposti nell'apparire, accomunati soltanto dall'altezza notevole e dagli occhi scuri e profondi.

«Scusa il disturbo, e scusa soprattutto per l'ora».

Delsi trattenne una smorfia. «Non è poi così presto» replicò ipocritamente.

«So benissimo che non ti svegli a quest'ora».

"E allora perché sei venuto a svegliarmi?" avrebbe voluto rispondere il Sindaco, che riuscì a mantenere il silenzio una seconda volta.

«Volevo però parlare con te di una faccenda importante».

«Chissà perché, ma mi aspettavo qualcosa del genere».

Gebrel ridacchiò, andandosi a sedere sul divano perpendicolare a quello su cui si trovava Delsi. Il fratello gli fece segno di esporre la questione, e lui decise di inquadrare subito l'argomento: «Skara».

«Come non detto...» borbottò Delsi. «Vuoi del caffè?» chiese subito dopo ad alta voce.

Il Generale annuì e il Sindaco si alzò per preparare la bevanda. Voleva avere le idee chiare per affrontare il discorso, ma il problema di fondo era uno solo: le idee chiare non le aveva neanche lui stesso.

Si era convinto a far partire la spedizione, aveva fatto preparare la campagna pubblicitaria a Codlorg, aveva anche parlato col Generale Superiore esponendogli un piano che in realtà non era la causa della spedizione, bensì la conseguenza: aveva lavorato per organizzare la missione su Skara più di chiunque altro, e tutto ciò era avvenuto non perché ritenesse la luna importante per Firsa o perché, in generale, l'avesse inclusa nei suoi progetti economico-politici, ma soltanto perché Affers glielo aveva chiesto.

Dopo una simile fatica, Gebrel si presentava da lui a chiedergli spiegazioni.

«Capisco che in questo momento abbiamo bisogno di espanderci: è molto tempo che non partiamo alla conquista di qualche territorio, e devo ammettere che preferisco di gran lunga appropriami di una regione o di una luna combattendo piuttosto che agendo tramite la democrazia».

«Anche perché se fosse il contrario, non saresti un Generale» commentò Delsi. Gebrel gli diede ragione.

«Non contesto mai la politica di Firsa, e lo sai bene, ma tra tutti i territori a cui potevamo puntare in questo momento, perché proprio Skara? Non ha una posizione strategica, dispone di vari tipi di risorse, sì, ma... è stato raso al suolo. Va ricostruito daccapo!»

"Hai perfettamente ragione, fratello, ma c'è un piano superiore". Delsi portò a Gebrel il suo caffè e ne tenne una tazza per sé. «Il Generale Superiore mi ha spiegato lo scopo della spedizione» continuò Gebrel, «ed è senza dubbio una mossa ideale per ridurre il potere del CSI. Quel che non capisco è come la prenderà il nostro popolo».

Uomini e Dei - La luna di nessunoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora