16. (BOZZA)

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Gebrel aprì la portiera dell'auto e scese a terra. Il sole era appena sorto all'orizzonte, e illuminava fiocamente il porto militare di Firsa.

I vascelli della spedizione erano allineati di fronte a lui, minacciosi e maestosi allo stesso tempo: la portacaccia Levisia, la corazzata Legione e le due fregate Vento di Fuoco e Furtiva. Una discreta flotta, che avrebbe fatto impressione alla maggior parte dei cittadini del sistema, ma non a quelli di Firsa: la flotta planetaria vantava, infatti, un numero di gran lunga superiore di navi, abbastanza grande da riuscire ad assediare contemporaneamente tre mondi.

Avevano scelto tipo e numero di vascelli non sapendo cosa aspettarsi una volta su Skara. Se i nemici avessero disposto di una flottiglia, Firsa avrebbe risposto al fuoco con la Legione supportata dagli incrociatori; se avessero disposto di navi leggere, avrebbero trovato gli squadroni di caccia della Levisia; se, invece, nel peggiore dei casi, si fossero trovati contro un'intera flotta, Gebrel avrebbe ordinato momentaneamente la ritirata, chiedendo rinforzi, e mantenendo intanto le sue forze al sicuro a bordo delle navi migliori della marina di Firsa. Era quest'ultima un'ipotesi molto remota, che andava, però, presa ugualmente in considerazione: non potevano rischiare di farsi trovare impreparati.

C'era molto movimento intorno ai vascelli: uomini e mezzi andavano e venivano, portando scorte alimentari, carburante, armi, munizioni e tutto il necessario per il viaggio e per la battaglia.

Il procedimento era iniziato già da ore, in quanto non era facile rifornire quattro navi lunghe ognuna più di cento metri. Le tempistiche erano pianificate nei minimi dettagli, nonostante non ci fosse stato molto tempo per organizzare la spedizione; la precisione degli abitanti di Firsa in faccende logistiche era sopraffine.

Si radunavano anche i primi uomini destinati a partire. Gran parte degli equipaggi delle navi erano già a bordo, per aiutare nell'allestimento e per verificare lo stato delle strutture. I militari, invece, arrivavano a bordo di bus riservati o navette, a seconda della loro provenienza: alcuni, infatti, erano appena arrivati da Toova, mentre solo pochissimi da altri luoghi all'infuori di Firsa.

Gebrel si avviò verso le navi, passando accanto ad alcuni bus fermi. Dopo un centinaio di metri si trovava un gruppo di soldati, una trentina in totale, intenti in una esercitazione corpo a corpo. Erano supervisionati da un ufficiale che, vedendo avvicinarsi il Generale, lo salutò, ammiccando quindi verso i suoi uomini.

Due di loro stavano lottando con grande abilità, riuscendo a schivare repentinamente ogni colpo e reagendo con una velocità ammirevole. Gebrel si fermò qualche secondo a guardarli, quindi fece un cenno verso l'ufficiale, come a congratularsi con lui; proseguì poi per la sua strada.

Incontrò due file di soldati che attendevano la consegna di armi e munizioni, poi alcuni drappelli che correvano per il campo.

Erano molti i soldati in allenamento: non tutti i partecipanti alla spedizione avevano combattuto negli ultimi mesi, o perché infortunati, o perché assegnati a compiti di guardia e di rappresentanza, o perché rimasti nelle caserme di Firsa.

Se la missione fosse stata organizzata in tempi normali, i soldati avrebbero avuto il tempo di tornare in forma, facendo attività tutti i giorni, ma la fretta con cui era stata allestita aveva obbligato gli ufficiali a far allenare i propri uomini solo nelle poche ore prima della partenza.

Oltre alla fanteria, anche i piloti e il personale addetto a veicoli e navi si stavano esercitando. Ogni tanto caccia e navette decollavano, facendo brevi voli introno al porto, mentre carri armati e blindati raggiungevano un'area di tiro allestita per l'occasione, in cui gli artiglieri potevano far fuoco sui bersagli lontano dalle altre truppe, in modo da non correre rischi.

Uomini e Dei - La luna di nessunoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora