Aveva ancora i capelli ruvidi del Mino sotto le mani. Frusciavano, se li sfiorava, come le spighe di grano pronte da cogliere.
Era bello, il grano. Aveva il colore dell'oro e il profumo dell'estate. Il giallo ricco baciato dal sole, che spezzava il verde dei campi intorno e il grigio della maggese. La valeva tutta, la fatica della falce. E poi si caricava il carro, si portava al mulino, diventava farina. Era una magia, una vera magia.
Era ingiusto. Era così ingiusto.
Non l'avrebbe più visto, il grano maturo. Non ne avrebbe più sentito il profumo. E chissà perché era così serena, la Carola, mentre s'andava spegnendo. Perché non le dispiaceva vedersi portare via tutto? Non desiderava più assaporare i primi acini maturi dell'uva, l'olio nuovo, le pesche piatte? Non voleva più vederseli d'intorno, i figlioli e i nipoti, non voleva sapere che ne sarebbe stato di loro?
E dire che davvero stava bene, che era stato bene, fino a poco tempo addietro. Fino a quando quella sciagura non s'era portata via tutto, e la febbre l'aveva consumato.
Il Mino. E il Mino che continuava a raspare la coperta con la bocca, per parlare, per dire cose senza senso. Non poteva essere suo figlio, quello. E gli era venuto da ridere, perché s'era reso conto che stava ancora sognando, che quella era la Morte in persona, giunta a pigliarselo. Aveva iniziato a ridere, ed era un riso che gli veniva dal cuore, un riso soffocante, incontenibile. Non la temeva, la Morte. La odiava, sì, per tutto quello che gli avrebbe portato via. Ma non la temeva, ché aveva sempre agito nel giusto; sbagliando, a volte, ma mai per dolo.
Ed era ridicolo, il fato, che lo sfidava a quel modo, con quella figura che pareva il Mino, tale e quale al Mino, curva sul letto con il capo tra le sue mani. Era uno scherzo beffardo.
E sempre ridendo l'aveva premuto, quel capo. L'aveva premuto e schiacciato con forza, all'inizio, e più forte, poi, ché gli era perfino parso che facesse resistenza, quel sogno. E infine ci aveva dovuto mettere tutta la forza che possedeva, per tenerlo fermo; era solo una nuca, un teschio senza corpo, e gli era rotolato addosso, ché il peso lo aiutasse a farlo sparire.
E soltanto dopo, quando aveva vinto, quando quel capo senza forma s'era arreso senza più lottare; soltanto allora era riuscito a dare una dimensione compiuta al dolore al petto. S'era guardato intorno, ma sentiva tutto lontano, tutto soffuso. Aveva rivisto la Carola, coi figli intorno, e aveva capito che non avrebbe avuto quella consolazione. Aveva vinto il fato, non la Morte.
Non aveva più la forza di ridere, s'era chetato. Il dolore era un mostro informe, che lo aveva agguantato. Non aveva opposto altra resistenza.
Il sole era sparito, sull'intonaco. Il Cecco aveva chiuso gli occhi, tranquillo; pareva sorridesse.
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L'Uomo Di Paglia
Mystery / ThrillerQualcuno ha ucciso Agnese e il suo bambino. E si è portato via molto più di queste due vite. Un thriller psicologico, ambientato in una realtà italiana, in una apparentemente quieta campagna d'inizio Novecento.