Dragon

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Tera Evans. Questo è il nome che martella Jae Gould da più di tre giorni. Non sa bene come levarselo dalla testa, tantomeno come dimenticarlo. L'idea di piombare in un'oreficeria a caso per cancellarlo dalla fede d'oro bianco che ha trovato a pochi passi dal locale di striptease è l'ultima della lista, perché conosce bene – forse troppo bene – la sua faccia d'angelo. E non può fare a meno di associarla all'intera famiglia che le ruota attorno, quella che sembra essere sulla bocca di tutti gli abitanti di Pittsburgh da quasi un decennio. L'ha vista sulle riviste di gossip, su quelle di moda, addirittura in televisione. Già, perché Tera Evans è una modella di grande successo, nonché la pupilla di Chester Evans, noto maniate della città. La verità è che potrebbe limarlo via lui stesso, ma farlo significherebbe anche mettersi in pericolo. E gettarla via, dimenticarla sul marciapiede, è altrettanto fuori discussione. Sembra una bomba a mano, ecco cosa: un grumo di soldi – tantissimi soldi – impossibili da incassare al banco dei pegni. Chi mai si accollerebbe la responsabilità di una simile compravendita? E chi si lascerebbe sfuggire l'occasione di entrare nelle grazie dei Dragon? Forse lui, o forse un'altra quindicina di disperati cocainomani.

Schiocca la lingua con fare assorto, scocciato, mentre osserva il caffè che ha dinanzi. Fumante, nero, un giubilo per i sensi insonni. E nel frattempo tiene una mano in tasca, si rigira la fede tra le dita. Continua a pensare alla sera in cui il buttafuori del Karma-Log ha fatto passare Richard Dragon senza curarsi della fila.

«Sei pensieroso, Jae?» La voce di Chase lo riscuote per un attimo, mentre questi gli muove una mano dinanzi al viso.

«Non proprio.» Tentenna, si umetta le labbra che sanno di caffè, infine tira fuori la mano dalla tasca della giacca e l'avvicina alla tazza bollente. Solo caffè, sempre e solo caffè per svegliarsi. Mai una colazione completa – troppi zuccheri al cervello lo mandano in escandescenza.

«Sei seduto da dieci minuti e continui a fissare la tazza come fosse un mostro» sospira Chase. Posa il gomito sul tavolo, poi il mento sul pugno chiuso. Si schiarisce la voce e continua a guardarlo in viso. Sa che qualcosa in lui è cambiato nell'ultimo periodo, ma non riesce a capire cosa sia. Domandarlo direttamente, però, è un azzardo – oh, lo conosce troppo bene per sperare in una risposta sincera.

«Ho sonno» dice. Una mezza verità, il tipico approccio delle sue mezze bugie. Fa spallucce e solleva la tazza di caffè dal tavolo.

«E cos'altro?» Chase indaga, inclina la testa e perfino gli occhiali.

«Questo» schiocca. Esasperato, Jae posa la tazza di caffè sul tavolo e tira fuori la fede d'oro bianco per mostrarla a Chase.

«Mi vuoi dire qualcosa, forse?» Chase batte le palpebre e abbassa la mano sul tavolo. Quasi balbetta, arrossisce. Il modo rude di Jae è rinomato, conclamato. Forse si aspetta una risposta positiva, un cenno d'assenso, ma non riceve niente in cambio se non un'occhiata assonnata e cupa. Allora sorride, tende le labbra con fare tremulo. E solleva la fede, sì: la guarda, l'osserva, infine si concentra su ciò che c'è scritto dentro e impallidisce.

«Non dire niente» scatta Jae, lapidario, dopo un'abbondante sorsata di caffè amaro. «Lo so già, sono nella merda.»

«Più o meno...» soffia incredulo Chase. Si umetta le labbra, poi aggrotta le sopracciglia e si sporge in avanti per abbassare la voce. Dice: «Conosci Richard Dragon?»

«Tu lo conosci?» Questa volta è Jae ad aggrottare le sopracciglia. Non ha mai affrontato un simile discorso con Chase, dopotutto, e tantomeno gli è mai venuto in mente di farlo.

«Sì» borbotta. Si lascia andare a un sospiro e posa le spalle sulla sedia. Uno sbuffo, ancora un'occhiata alla fede e poi a Jae. «Quando lo hai incontrato?» Domanda. Indaga, più che altro. È concentrato, perfino Jae se ne rende conto – non che ci voglia granché per farlo.

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