La fastidiosa immagine di se stesso visto in terza persona è tutto ciò che continua ad assillarlo. Nitida, marcata, quasi extracorporea. E disastrosa, certo, perché non potrebbe essere diversamente. Per certi versi riesce quasi a superare il sapore amaro della sconfitta e quello ancora più letale del trovarsi alle strette, metaforicamente con le spalle al muro.
Richard Dragon ha testa su di giri, ma forse è proprio per questo che continua a vedersi, a immaginarsi come un relitto – così si definisce, ovviamente a denti stretti o forse ancora senza muovere le labbra. Ondeggia con passo malfermo, letteralmente ebbro di disfatte, mentre percorre l'ennesima strada residenziale di Shadysidee a stento si orienta verso Morewood Avenue. Allora schiocca la lingua, restringe lo sguardo e arriccia perfino il naso in una smorfia di fastidio.
«'Fanculo...» borbotta. Vorrebbe aggiungere qualcosa sul perché diavolo sia stato così stupido nel perdere le chiavi della Jaguar, ma non sa nemmeno quando o perché siano sparite nel nulla – forse gli sono scivolate fuori dall'Homewood Cemetery, chissà. E andare fino a Broad Street senza un piano B non è contemplabile, no davvero! «Che situazione di merda» schiocca d'un tratto, inasprendo lo sguardo e sollevandolo subito verso il cielo notturno. Osserva una nuvola più gonfia delle altre, poi sbuffa e chissà come gli viene in mente Chase. Si umetta le labbra, le mordicchia con fare nervoso, infine scrolla le spalle e prosegue per Baum Boulevard con finta nonchalance. Non c'è solo Chase a Liberty Avenue, si dice, e io non sto andando da lui. Ma è proprio l'inconscio a contraddirlo, perché mezzora dopo è lì, fuori dalla porta di Chase, con le mani in tasca e i denti che rosicchiano l'interno delle guance. «Col cazzo che entro...» sibila tra sé e sé. Impone un ordine restrittivo al suo subconscio e aggrotta le sopracciglia con fare indispettito.
«Nessuno ti obbliga a farlo.»
Richard strabuzza gli occhi e quasi manca un battito. Si volta velocemente, facendo perno sui talloni e grattando il marciapiede con la suola delle scarpe eleganti. Infine, faccia a faccia con Chase, socchiude le labbra e riesce a stento a balbettare il suo nome: «Chase.»
«Sorpreso di vedermi?» Schiocca cinicamente l'interpellato. «Strano, eppure questa è casa mia...» Fa tintinnare le chiavi, mentre indica la porta d'ingresso con l'indice. E lo coglie in fallo, lo vede deglutire a vuoto per poi distogliere lo sguardo. Allora si schiarisce la voce, fa roteare le chiavi e dice: «Stavo giusto rientrando.» Prova a rompere il ghiaccio, forse, ma neppure lui ne è certo. Così osserva l'espressione contorta di Richard, il lieve tremito della sua fronte, perfino quello delle labbra che paiono voler dire qualcosa. «Tutto bene?» Domanda in un soffio.
È sottotono, forse anche troppo, quando dice: «Tutto bene.» E se ne rende conto da solo, perciò incrocia le braccia al petto. Solleva il mento, poi guarda Chase e cerca di presentarsi con la solita spavalderia, con il classico orgoglio, mentre aggiunge un: «Non è ovvio?»
«Ovvio, certo...» borbotta l'interpellato. Scuote appena la testa e sospira. «Dunque sei qui per caso» scandisce, riuscendo perfino a sollevare un sopracciglio con fare incerto, derisorio. «Non stavi cercando me.»
Richard scuote la testa, indispettito al punto giusto. «No» dice. «Non ti stavo cercando affatto.»
«Tanto meglio, perché non ho intenzione di farti entrare» afferma Chase con un'alzata di spalle. Lo sorpassa senza nemmeno guardarlo e socchiude gli occhi, sentendolo grugnire alle proprie spalle.
«Chase...»
«Cosa c'è?»
«Mi fai entrare?» Questa richiesta fuoriesce dalle labbra di Richard con la stessa velocità cui impiega la risata di Chase a raggiungere le sue orecchie.
STAI LEGGENDO
Dragon
Ficción GeneralLa famiglia è unita da legami di sangue e affetto, viene definita come "istituzione fondamentale in ogni società umana, attraverso la quale la società stessa si riproduce e perpetua, sia sul piano biologico, sia su quello culturale". Per i Dragon, t...