Chiave

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Da quando Jae è uscito dalla residenza dei Dragon non fa che tenere le mani in tasca e lo sguardo fisso, concentrato. Pare che osservi qualcosa d'invisibile, qualcosa che Chase ignora del tutto. E non un fiato gli esce dalle labbra, solo il respiro lento, quasi meditativo, che si alterna con le narici strette. Nel momento in cui apre bocca, però, fa inchiodare Chase lungo uno dei marciapiedi di Shadyside.

«Cosa?» Domanda. Le sopracciglia corrugate, mosse dal cipiglio del dubbio. Pensa di aver sentito male, di essersi sbagliato, ma lo sguardo di Jae è tutto fuorché ignaro. Così deglutisce, sente un brivido percorrergli la schiena e in silenzio osserva i sodi che Jae sfila dalla tasca sinistra.

«Sono per te» mormora. «Te l'ho detto, Chase: non voglio debiti.»

«Ripeti» dice. Lo guarda fisso negli occhi, con la mano ancora salda sul freno a mano appena inserito. E deglutisce, l'osserva, mentre Jae scandisce di nuovo quel Non voglio debiti che lo fa andare al manicomio. «No, intendo dire da capo. Ripeti dall'inizio, Jae!» Alza la voce, non si rende nemmeno conto di aver ordinato invece che richiesto. Gli occhi spalancati e le labbra socchiuse, tremanti. Si sente in bilico tra la sanità mentale e la follia.

«Gordon Dragon mi ha dato un lavoro. Non posso dirti in cosa consiste e in teoria non potrei nemmeno dirti di essere riuscito a ottenerne uno. Mi ha dato l'anticipo e questi soldi sono per te...» Prende un respiro, abbassa lo sguardo sulle banconote e infine le porge a Chase. «Mi hai ospitato per due settimane, mi hai dato da mangiare e mi hai portato in giro con la macchina. Non voglio debiti, davvero.» Il tono basso, quasi titubante. «Non ho mai avuto debiti con nessuno in vita mia, non ho intenzione di accumularli proprio adesso.»

Chase non afferra le banconote, anzi: fissa Jae ed è come un pesce fuor d'acqua. «Mettili via» scatta d'un tratto. Serra i denti, sposta gli occhi sul parabrezza e prega di non vedere nessun curioso con gli occhi puntati sulla Golf. Deglutisce a vuoto, poi, sentendo le dita di Jae aprirgli una tasca del cappotto per nasconderle lì. «Non li voglio, sono soldi tuoi...» sbotta. Le sopracciglia aggrottate e gli occhiali ben fissi sulla sommità del naso. Si gira a fissarlo e lo fa con i muscoli del viso induriti, marcati. Una dignità che non ha prezzo. «Ti ho ospitato perché volevo farlo, non per un tornaconto personale» dice.

«Lo so.» Annuisce, poi sospira e mormora: «Ma non voglio debiti.»

«Non hai nessun debito, non con me!» Chase trattiene a stento un'imprecazione e serra i denti. «Non voglio questi fottuti soldi» scandisce. L'irritazione lampeggia nel suo sguardo e penetra nelle ossa di Jae che, di rimando, torna a guardare fuori dal finestrino. «Riprenditeli» borbotta allora, sfilandosi dalla tasca per metterli in mano a lui.

Jae scatta, li getta sui sedili posteriori della Golf e sbuffa. «Non ti sto pagando se è quello che pensi» spiega.

«Ci mancherebbe!» Chase arriccia il naso con sdegno e si artiglia al sedile di Jae. In un attimo gli passano davanti tutte le giornate trascorse assieme a lui, perfino i momenti più intimi. E si dà dell'idiota mentalmente, ricorda il momento in cui Steven ha preteso il suo cognome fino a metterlo in difficoltà. La consapevolezza di non sapere granché su di lui lo annichilisce.

«Ci vediamo al Freeze questa sera?» Domanda Jae. Gli fa battere le palpebre dalla sorpresa e lo sente ridacchiare con irritazione latente.

«Fammi capire, Jae: io ti porto dai Dragon, tu mi riempi di soldi e poi abbandoni casa mia senza nemmeno rientrarci?» Una vena d'isteria nella voce, un velo di lacrime che gli appannano la vista. «Stai scherzando?» Chiede.

Jae solleva la mano destra e sfila dalla tasca una chiave. Dice: «Gordon Dragon mi ha chiesto di andare a Broad Street, nell'East Liberty...»

«Ti ha dato una casa o si tratta di lavoro?» Indaga. Nessuna risposta, quantomeno non subito, così incalza: «Rispondimi, cazzo!»

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