Lavoro

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La Golf di Chase accelera e rallenta. Baum Boulevard alle spalle, Shadyside a pochi minuti di marcia. Taglia per Centre Avenue, Wallingford Street e Morewood Avenue.

Lo sguardo di Jae sembra assente. È fisso sulla strada, calamitato dall'erba ben tagliata dei giardini tutti uguali e tutti diversi.

Le ville si susseguono una dopo l'altra, si confondono tra loro. Sono bianche, avana, grigie e forse azzurrine – carta da zucchero.

A Ellsworth Avenue, nel pieno centro della zona residenziale, Chase accosta e parcheggia. I palmi ben posati sul volante, il freno a mano tirato. Sospira e dice: «Siamo arrivati.» E si sente uno sciocco, poco meno di un tassista.

«Che bel posto.» Questo è l'unico commento di Jae. Ha gli occhi lontani, puntati oltre il finestrino, e le labbra schiuse, un po' secche. Osserva il grande cancello in ferro battuto della residenza dei Dragon, pare trasognato. Quasi sogghigna con fare compiaciuto, ma poi scuote la testa e si trattiene. Non riesce a dire altro.

Per la prima volta è Chase a leggergli dentro. Lo guarda appena, forse con troppa noncuranza, e storce le labbra. «Sì, è un bel posto» mormora. Il dialogo stringato, ridotto ai minimi termini. Non sa cosa potrebbe aggiungere, perciò rimane in silenzio e martella con i polpastrelli sul volante.

«Abitano davvero qui?» Sembra una domanda sciocca, ma non per Jae. Dopotutto non conosce nessun Dragon, tantomeno Richard. Averlo visto di sfuggita fuori dal Karma-Log non conta, non è abbastanza. E con quest'idea per la testa non può fare a meno di sorridere. Le labbra tese in un divertimento assurdo che sa di caffè e tabacco bruciato, le dita che si tormentano tra loro.

«Già...» Chase sbuffa, infine sgancia la cintura di sicurezza e scende dalla Golf. Vede Jae seguire il suo esempio e infine stringersi nella giacca di pelle.

«Immaginavo qualcosa di più appariscente» scherza. Lancia uno sguardo in direzione di Chase e subito dopo s'incammina verso il cancello. Sente i suoi passi farsi più vicini, così dice: «Grazie.»

«Di cosa?» Solleva un sopracciglio.

Jae non risponde, sorride soltanto. Avrebbe una lista lunghissima cui fare riferimento, ma si concede il lusso di qualche attimo di superiorità. Ignora la domanda con un'alzata di spalle, gli sente schioccare la lingua, poi l'osserva in silenzio e lascia che sia lui a presentarlo attraverso il videocitofono. «Apertura automatica?» Chiede. Sembra sorpreso, eppure non lo è affatto.

Chase se ne accorge, perciò arriccia il naso in una smorfia contrita e distoglie gli occhi da lui. Punta dritto verso la scalinata di marmo e supera il viale, i suoi commenti fintamente ingenui, le aiuole fiorite. «Mi raccomando» borbotta.

«In merito a cosa?» Jae infila le mani nelle tasche lente dei jeans e fa spallucce.

«Lo sai già.»

«No, affatto.»

Chase non ha neppure il tempo di rimbeccarlo, perché vede Steven nel portico. E deglutisce, rabbrividisce, lo identifica subito come il nuovo bodyguard di Gordon Dragon – Numero Sedici, per dirla alla Richard. «Buongiorno.» E accenna un sorriso di circostanza, ma in cambio non ottiene alcuna risposta.

«Chase Nicholson, dico bene?» Si accerta Steven. Gli lancia un'occhiata gelida, di puro catrame. Lo squadra dall'alto in basso e lo vede annuire senza problemi. Allora scruta il ragazzo che lo fiancheggia e aggrotta le sopracciglia. «E lui?» Domanda. Non si rivolge direttamente a Jae, bensì a Chase.

«Lui è Jae» ripete. Sa che è lo stesso nome con cui lo ha appellato al videocitofono e vuole confermarlo. Senonché Steven continua a fissarlo, a chiedere delucidazioni senza aprire bocca. E riesce a farlo trasalire sul posto, perfino a ricordargli quanto è stato ingenuo ad accoglierlo in casa propria senza nemmeno conoscere il suo nome completo.

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