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Sostare fuori dall'Homewood Cemetery di Point Breeze non è affatto entusiasmante per Jae. Più osserva fuori dal finestrino e più rimpiange di aver gettato nel cesso gli psicofarmaci del Dottor Parrish. E schiocca la lingua, tamburella con le dita sul volante, continua a chiedersi cosa diamine sia saltato in testa a Richard quando gli ha chiesto di scortarlo fin lì con la Toyota. La risposta è semplice, è palese: affari interni. Ma sapere troppo è pericoloso – indubbiamente pericoloso! – e per questo motivo non apre bocca quando lo vede rientrare in auto. Guarda semplicemente fuori, osserva la notte che pullula al di là del tergicristallo in movimento, al di là delle fitte goccioline di pioggia, e mette in moto la Toyota soltanto quando è Richard a chiederglielo. Allora lo sente ridacchiare a denti stretti e, incuriosito, gli lancia una breve occhiata. Vede scivolare la torcia sul cruscotto, le dita di Richard serrarsi meglio attorno ai fogli spiegazzati e perfino il moto d'eccitazione che gli fa vibrare una gamba – un tic nervoso, perlomeno a detta di Jae. Inserisce la retromarcia, esce dal parcheggio e si schiarisce la voce. Reprime l'impulso di ficcare il naso nelle faccende dei Dragon e si umetta le labbra, continua a fissare la strada, ricorda perfino le parole di Chase: La motivazione è che ti sporcherai le mani, che finirai nei guai e che io non potrò fare niente per tirarti fuori dalla melma. Non voglio stare male, Jae.

«Tutto bene?» Richard fischietta, abbassa il finestrino e si accende una Marlboro. «Sei teso come una corda di violino, cazzo...» E ridacchia, butta fuori una piccola nube di fumo, sposta lo sguardo dalla sigaretta accesa al profilo di Jae. «E dire che sono io quello che è andato a minacciare Adele nella cripta di famiglia!»

«Tu cosa?» Jae sgrana gli occhi, poi aggrotta le sopracciglia e quasi accosta.

«Non fermarti, Jae» dice Richard, muovendo appena la mano con la sigaretta accesa. «Adele non sa che sono venuto fin qui con te... Si arrabbierebbe un casino se lo scoprisse, sai? Potrebbe decidere di farti fuori e allora al diavolo le letture di zia Olly, al diavolo il tuo sogno di fare lo scrittore!»

«Cazzo» borbotta. Serra i denti, si dà mentalmente dell'idiota e infine ingrana la marcia giusta per ripartire. Sente Richard ridacchiare, così si lascia scappare un: «Ma sei pazzo?»

«No, affatto.» L'interpellato scuote la testa, si porta la Marlboro alle labbra e aspira una lunga boccata di fumo. Continua a guardare Jae con la coda dell'occhio e aspetta una qualsiasi replica che non tarda ad arrivare:

«Hai cercato di mettermi nella merda, razza di coglione!»

«Ti ho solo chiesto un passaggio...» si lamenta subito, voltando la testa verso il finestrino aperto. Cicca fuori, poi lascia scivolare il fumo lungo la scia della Toyota in corsa. «Hai accettato di darmelo e non mi hai chiesto niente, perciò la colpa è tua.»

«Mia?» Schiocca la lingua, sembra esasperato. «E da quando in qua si è colpevoli per aver dato un passaggio a un superiore

«Da quando il sottoscritto ha mandato in fumo i piani della zietta stronza.» Richard fa spallucce, ghigna e impugna meglio le carte. «Ha firmato l'accordo, Jae!»

«Ma di quale cazzo di accordo stai parlando, Rich?»

«Richard Dragon» lo corregge. Poi ride, schiocca la lingua, dice: «Scherzo, Jae.»

«Nel dubbio preferisco chiamarti testa di cazzo» sbotta. Non sposta lo sguardo dalla strada, anzi, fa del suo meglio per allontanarsi dalla zona il più in fretta possibile. «Andiamo a Liberty Avenue, ti scarico lì» stabilisce.

«Mi scarichi lì?» Echeggia. Aggrotta perfino le sopracciglia e storce il naso con disappunto. «Non sono un pacco postale, Jae.»

«No, infatti» borbotta. «Sei una testa di cazzo.» E si morde l'interno delle guance, lo sente ridacchiare ancora, poi lo frena, dice: «Non voglio sapere un accidente di quello che hai fatto nel cimitero.»

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