25: «Tu che sai colmare, tu che sai calmare»

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Tish's point of view

«Cosa?» chiedo non tanto stupita quanto spaventata.

Eravamo tutti quanti in sala relax per le assegnazioni e, come ogni volta, si inizia dai duetti.

Tish e Alberto avevamo letto, ma non mi meravigliavo di ciò: ormai c'era da aspettarsi un nostro duetto!

Ave Maria, è di questo che mi spaventavo e non poco!

«Io? L'Ave Maria?» continuo a chiedere incredula.

«Sì Tish, tu, l'Ave Maria!» puntualizza Alberto e scuoto le spalle per terminare qua il discorso: siamo con tutti i nostri compagni e non ho mai voluto renderli troppo partecipi della mia vita, dei miei problemi e delle mie difficoltà!

Quando ci troviamo da soli in sala prove, però, escono fuori tutte le mie paure.

«Alb, di avviso da subito: non so se uscirà! Io brutte figure non ne voglio fare e non voglio rovinare la tua figura, quindi se viene male eviterei di esibirla!» esclamo.

«Ma perché deve venire per forza male?» sbuffa.

«Dammi la mano» dice, sembra quasi un ordine.

Gli allungo la mano senza ben capire quale sia il suo scopo, lui la afferra e la tiene salda alla sua per dire delle frasi, che pronuncia velocemente.

«Mi prometti che ci provi, uscirà bene e la esibiamo?» chiede.

«Mi hai stretto la mano! In Sicilia questo è un gesto ufficiale» mi informa subito dopo.

«Che bastardo!» commento col sorriso.

«Comunque io ci provo, ci metto tutto l'impegno, ma non ti prometto niente» lo avviso sin da subito e annuisce aggiungendo un l'importante è che ci provi, a cui segue una veloce verifica, da parte del maestro, delle tonalità, dopodiché lascia Alberto libero per lavorare con me.

Per una persona lunatica come me, passare dall'entusiasmo di iniziare un nuovo pezzo di tutt'altro genere musicale al sentirsi lo sconforto e la frustrazione addosso perché questo stesso pezzo viene male, è un attimo.

«Posso tornare di là? Non me la sento di continuare» ammetto al maestro, con la voce spezzata: sento di essere sull'orlo di una crisi isterica per via del nervosismo che assale il mio corpo, ho le lacrime agli occhi e ho bisogno di chiudermi in bagno a piangere.

«Questi momenti vanno affrontati, non dovresti scappare via. Ma so che tu li affronti sempre e se chiedi di interrompere la lezione, allora è grave: vai pure» conclude.

Raccolgo, in silenzio, le mie cose (bottigliette d'acqua, cartellina, fogli) e alzo un'ultima volta lo sguardo.

«Mi scusi, mi dispiace» sussurro con un filo di voce prima di scappare in sala relax, buttare tutto su una poltrona e correre in bagno, dove mi chiudo e sfogo le emozioni negative con un pianto che non vorrei fare: odio sfogare con le lacrime!

«Tish?» sento una voce chiamarmi, non voglio nessuno ora: nessuno!

Riconosco la voce dell'amica della mia coinquilina - Giordana - e le chiedo di andare via.

«Non ho bisogno di consolazione, voglio stare da sola!» esclamo.

«Acida!» commenta lei sottovoce, ma la sento.

«Sì, lo so» la assecondo e sento i suoi passi allontanarmi.

Se è venuta per poi commentare con un acida! il tutto, allora mi ha raggiunta solo perché si è sentita in dovere di farlo: ed io questo non lo voglio! Odio sapere che qualcuno si senta in dovere di dirmi o di fare qualcosa per me, piuttosto preferisco qualcuno che non faccia nulla!

Così come ho sentito i suoi passi allontanarsi, ne sento altri avvicinarsi fino a bussare alla porta, non rispondo.

«Tijana?» sussurra una voce preoccupata, la riconoscerei tra mille: è il mio compagno di duetti!

«Va' via Alberto, sto bene» mento.

«Testarda, apri!» commenta e riesco a sentirlo sorridere.

È possibile che ogni volta riesca a leggere tra le righe in ogni cosa che faccio o che dico? È possibile che lui e Arianna siano gli unici qua dentro in grado di rendermi trattabile e con cui ho un certo rapporto di confidenza?

Cedo e, rimanendo seduta con le spalle al muro, allungo un braccio per girare la chiave. Apre la porta e rimane sullo stipite a guardarmi.

«Be'?» chiede guardandomi «che facciamo? Ci piangiamo addosso perché non riusciamo ad entrare subito nell'ottica di un brano facile e banale, di uno stile per niente complesso e articolato, come l'Ave Maria?» nota.

Sa benissimo che quando utilizza questo tipo di ironia è come se mi desse uno schiaffo in faccia mostrandomi la verità delle cose, sa benissimo che quando ragiona in questo modo mi fa sentire ancora più inutile e incapace, ma sa benissimo anche il fatto che questo sia l'unico modo per portarmi su ogni volta che cado e, fra tutte le persone che mi conoscono, lui è l'unico ad esserci arrivato! Questa ironia è tale da farmi cadere definitivamente per poi salire più in alto.

Nascondo il viso tra le ginocchia: sto piangendo e non voglio che mi veda piangere!

Sospira rumorosamente sussurrando un ah, come devo fare io con te? per poi entrare definitivamente in bagno e chiudere la porta.

Lo sento muoversi e spinta dalla curiosità, asciugo le lacrime e alzo lo sguardo: si era seduto di fronte a me e aveva imitato la mia posizione, come se tra noi ci fosse uno specchio.

Approfitta del fatto che io abbia alzato lo sguardo per asciugarmi il volto da tutte quelle lacrime che lo avevano sporcato di trucco.

«Io ti avevo portato il tuo cioccolatino preferito!» esclama triste togliendo fuori dalla tasca un cioccolatino, era effettivamente il mio preferito!

Gli sorrido in mezzo alle lacrime e lui lo scarta per poi avvicinarlo alla mia bocca. Le mie labbra sfiorano le sue dita mentre mordono quel pezzo di cioccolata e lui - preso dal momento - rimane con la mano sul mio volto, facendomi delle carezze sulla guancia.

«Hai tantissime doti fondamentali per questo lavoro e che fanno sì che tu sia un talento, le giornate come queste capitano: devi essere tu abile a ignorare o a prenderti una pausa e staccare, ma non per piangere e abbatterti!» mi consiglia e annuisco.

«Grazie» sorrido lievemente, per gentilezza, prima di uscire dal bagno insieme a lui.

«Aspetta, Tijana!» sussurra prima che io possa uscire definitivamente dal bagno/ spogliatoio e tornare in sala relax.

Mi blocco e mi giro: perché mi aveva chiamata? Cosa doveva aggiungere?

«Non lo vuoi un abbraccio?» chiede e istintivamente gli sorrido tornando indietro e avvicinandomi a lui per essere abbracciata.

«Ultimamente mi stai dando troppi abbracci» sussurro al suo orecchio mentre mi stringe forte forte al suo petto.

«Sei tu quella nordica non abituata all'affetto!» si giustifica e, in un certo senso, si difende anche.

Sciolgo l'abbraccio per sorridergli e dargli un colpetto sul braccio che fa sorridere anche lui.

Forse la serenità è tornata ad essere parte di me, forse lui ha permesso che la miabserenità tornasse, forse lui è la mia serenità














Spazio autrice

Ciaoooo 💚

Venticinquesimo capitolo, abbastanza lungo, amatemi ❤

Domani c'è la prima puntata del serale, che ansia!
Non vedo l'ora 😍

A prestooooo ✨

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