43: «Potremmo ritornare»

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Tish's point of view

Il mio sguardo si posa qua e là sui tetti romani, mentre una leggera brezza quasi invernale mi fa ricadere un ciuffo, scompigliato, davanti agli occhi che istintivamente chiudo per l'impatto con il freddo: è dicembre qui a Roma e, sebbene io sia abituata alle temperature goriziane - notevolmente più basse, l'aria di un Natale non molto lontano si fa sentire anche qui nella Città Eterna.

Scorgo in lontananza il cupolone di San Pietro che Venditti canta nella sua “Roma Capoccia”, mentre a un passo da me, sotto il mio naso, si estende Piazza del Popolo: è un'ottima vista quella dalla Terrazza del Pincio, ma sarebbe migliore se il ragazzo che mi ci ha portata smettesse di farmi sentire sola di fronte all'immensità di Roma.

Accenno un movimento verso di lui, lo stretto necessario per incastrare i miei occhi nei suoi o in qualche dettaglio del suo abbigliamento o fra i suoi capelli più scompigliati dei miei - a causa del vento che rumoreggia anche tra le foglie degli alberi - ma lui sembra voler continuare ad osservare l'orizzonte.

Chissà cosa immagina oltre l'orizzonte, chissà cosa ci vede dietro quella linea irraggiungibile e sempre così lontana!

Leopardi ipotizzava spazi infiniti, di silenzi sovrumani e di una quiete così profonda che il cuore ci avrebbe messo poco a sussultare spaventato, il cui silenzio straordinario e fuori dal normale paragonava al soffio del vento tra le foglie.

Riesco quasi a sentire la voce della mia professoressa di lettere recitare questo idillio durante uno dei miei tanti e passati giorni di scuola, incorniciando - come un vestito che calza a pennello - questo momento tra me e il messinese: gli spazi infiniti li immaginiamo entrambi, nella quiete del nostro silenzio, in cui l'unico rumore è il fruscio del vento tra gli alberi e tra i nostri capelli.

Ma questo silenzio, per me, sta diventando solo snervante e causa di inutile agitazione: mi permetti che il naufragare in questo mare sia dolce anche per me, Alberto? O hai intenzione di stare in silenzio tutta la sera?

Quasi come potessi leggermi nel pensiero, ti avvicini e mi porgi un auricolare: ti guardo confusa, cosa vuoi farmi ascoltare? Quale pezzo della tua vita vuoi farmi conoscere attraverso la musica? Quale parte di te mi vuoi rendere più chiara per mezzo di note suonate e parole cantate?

Ti guardo, sembri impegnarti a trasmettermi una certa serenità che però non riuscirò a provare se prima non mi rendi tutto noto e meno misterioso - e questo tu lo sai, lo sai da quando hai imparato a conoscermi.

Non faccio domande - anche io ho imparato a conoscerti! - e mi limito ad afferrare l'auricolare mentre tu afferri l'altro e clicchi su “play”.

Un susseguirsi di note al pianoforte si fa strada dal tuo cellulare lungo il cavo di cuffiette che condividiamo, poi biforcato: una a te, una a me.

È un sottofondo musicale familiare, devo averlo già sentito da qualche parte - forse tra le dediche d'amore che le mie amiche ricevevano dai fidanzati, forse in qualche locale di Gorizia che frequentavo e in cui si faceva karaoke - ma non ho il tempo di attivare la mia memoria che una voce soave pronuncia parole in inglese, stupendomi che tu mi stia facendo ascoltare una canzone in questa lingua.

Presto attenzione al testo, non vorrei si nascondesse quello che devi dirmi ma ancora non hai osato confessare.

Pride can stand a thousand trials
The strong will never fall
But watching stars without you my soul cried
Heaving heart is full of pain
Oh, oh, the aching
'Cause, I'm kissing you oh
I'm kissing you oh
Touch me deep, pure and true gift to me forever
'Cause, I'm kissing you
Oh, I'm kissing you, oh
Where are you now?
Where are you now?
Cause, I'm kissing you
I'm kissing you, oh

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 01, 2019 ⏰

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