Lies

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Non riuscivo a credere a quanto mi fosse mancato nonostante fosse passato solo 1 giorno e mezzo.

Il modo in cui ero preoccupata per lui, quasi mi spaventó. Mi mancavano le sue labbra perfette, il suo naso, e i suoi occhi che continuavo a fissare senza riuscire a muovermi.

Si abbassó leggermente alla mia altezza e posó un bacio delicato sulla mia guancia. Indugió qualche secondo di troppo sulla mia pelle, accarezzandomi con le sue labbra. Il respiro mi si bloccó in gola mentre compiva quest'azione.

"Ciao piccola." disse quando si allontanò, mostrando quelle sue adorabili fossette.

"Ciao." risposi timidamente spostando una ciocca di capelli dietro il mio orecchio e abbassando lo sguardo. Sapevo di essere una ragazza timida ed introversa, ma prima sentivo che stavo iniziando ad aprirmi con Ashton, anche se ci conoscevamo solo da pochi giorni. Era come se avessi capito che lui non mi avrebbe ferita, come faceva il resto della popolazione che mi parlava, dal primo momento in cui incontrai i suoi occhi durante la lezione di chimica. Eppure in queste situazioni la mia timidezza tornava prepotente.

Sentii due dita poggiarsi sotto il mio mento per sollevarlo. Il suo sorriso non lo abbandonò e mi fissava divertito.

"Vuoi venire con me da Benny's?" disse grattandosi la nuca in imbarazzo.

Non risposi, guardando il modo in cui si stava agitando in attesa della mia risposta. Piegai le labbra verso l'alto in un sorriso.

"É un si?! Dai vieni, mi sei mancata." disse facendomi un enorme sorriso prima di prendermi la mano e trascinarmi lungo il marciapiede.

Arrossì di colpo nel sentire le sue parole, speravo che provasse quello che avevo provato io. La breve passeggiata fu silenziosa, e non bisognava che venisse riempita con le parole.

Arrivammo da Benny e ci sedemmo nello stesso tavolo su cui ci sedemmo la prima volta.

Mi soffermai ad osservalo per qualche secondo mentre osservava il menú. Era strano che lo facesse visto che mi aveva detto che ordinava sempre un hamburger.

In mensa avevo mangiato troppo, quindi non avevo molta fame.

"Non prendi niente?" disse alzando lo sguardo verso di me e poggiando il menú.

"No, grazie." dissi facendogli un piccolo sorriso.

"Come va?" disse muovendosi un po' a disagio.

Non sapevo come rispondere a quea domanda. Mi era mancato, ma non riuscivo ad espormi così tanto da poterglielo confessare.

"Bene." dissi scrollando le spalle, come se quella domanda non mi avesse un po' turbato. Lui era rimasto deluso da quella risposta, ma cercó di mascherarlo.

Mi sentii in colpa per quello che avevo detto, ma non potevo tornare indietro.

"Tu?" dissi cercando di spostare l'attenzione su di lui. Volevo sapere cosa era successo con sua madre, ma non riuscivo a trovare il coraggio per farlo. Speravo che mi rivelasse qualcosa.

Fece una smorfia distogliendo lo sguardo e capii subito che non stava per niente bene.

"Scusa. Non dovevo nemmeno chiedertelo." dissi mettendomi una ciocca di capelli dietro le orecchie. Mi sentivo terribilmente a disagio. Ero stata indelicata nel chiederglielo.

"Non preoccuparti." disse cercando di riprendersi. Notai subito che non era totalmente presente forse ripensando a qualche episodio che era accaduto, durante questa sua assenza, che lo aveva fatto stare male.

"Quando te la sentirai di dirmelo, io sono qui." dissi riecheggiando le stesse parole che avevo usato solo un paio di giorni fa nella sua stanza.

Questo lo colpí facendogli alzare la testa di scatto. Nel suo sguardo c'era riconoscenza e mi sentii felice quando li rividi tornare da me infondendomi quel calore che era diventato familiare e quasi piacevole, nonostante odiassi essere guardata.

Avevamo mangiato, anche se io avevo preso solo delle patatine fritte, avevamo scherzato, avevamo parlato. Eravamo stati insieme, e mi era mancato.

Quando lasciammo il locale notai che non aveva tolto il cappuccio neppure per un secondo. Mi domandai il perchè, ma pensai fosse stupido chiederlo a lui.

"Ti piace fissarmi eh?" disse pieno di sè facendo lo sbruffone e facendomi ridacchiare, anche se il rossore non tardó a diffondersi sulle mie guance.

"Scusa." dissi concentrandomi su una pietra davanti a me.

"Io devo andare a casa di Luke adesso." disse cauto, per paura di una mia reazione negativa. Aggrottai le sopracciglia. Luke mi aveva detto di non aver sentito Ashton ieri e oggi.Mi aveva mentito? No, magari lo aveva incontrato anche lui all'uscita da scuola prima di me. Doveva per forza essere così.

"Oh." dissi semplicemente, accorgendomi di essere rimasta in silenzio per qualche secondo.

"Puoi venire anche tu." disse strofinandosi il collo con la mano e aggiungendo "Se vuoi."

Ci pensai su per qualche secondo, ma poi scossi la testa in un silenzioso rifiuto.

"Davvero. Non te lo sto dicendo per cortesia." disse piú seriamente.

"No, grazie. Vado a casa a studiare. Non ho fatto molto in questi giorni." dissi velocemente strofinando nervosamente la suolo contro l'asfalto.

"Okay. Beh ci vediamo domani allora." disse con le sopracciglia aggrottate. Una raffica di vento fece ricadere il suo cappuccio sulle sue spalle e i ricci all'indietro scoprendo la fronte all'attaccatura dei capelli.

Una benda era applicata in quel punto e la guardai per pochi secondi prima che lui la ricoprisse frettolosamente con il cappuccio.

Rimasi di sasso.

"Cosa ti sei fatto?" dissi indicandogli la fronte. Si infiló le mani in tasca e dondoló da un piede all'altro a disagio.

"Sono caduto." disse semplicemente. Non credevo alle sue parole. Sapevo che era tutta una bugia. Non era un tipo impacciato, ed era strano che si era fatto male solo sulla fronte.

C'era questa strana sensazione che mi faceva pensare che qualcuno gli aveva provocato quella ferita.

"Ora.. vado." disse facendomi un cenno mentre si allontanava velocemente.

Io rimasi a guardarlo finchè non girò l'angolo. Dovevo sapere o la curiositá mi avrebbe divorata.

Qualcosa mi spinse ad andare a casa sua. Qualcosa mi diceva che era stata sua madre. Non pensavo avesse potuto farlo intenzionalmente, mi rifiutavo di pensare una cosa del genere. Ma non avrebbe senso il fatto che Ashton abbia mentito su come si fosse procurato quella ferita. Quando mi ritrovai davanti il vialetto di casa sua, vacillai.

Non ero sicuro di essere in grado di affrontare quella donna. Non riuscivo a tollerarla. Il fatto di dover essere solo io e lei in una stanza, mi dava il volta stomaco. Presi un respiro profondo. Dovevo farcela.

CHI L'HA VISTO?

Ho scritto il capitolo mentre mia madre lo guardava. Probabilmente non ve ne puó fregar di meno ahahahah.

Spero di aver aggiornato "presto". Come ho anche detto nel capitolo 35 di I have a dream, him sto iniziando il quinto anno di liceo e quindi spero di riuscire a mantere questi ritmi, o addirrittura migliorarli.

Detto questo vi auguro una buonanotte, sono davvero stanca.

Vi amo, votate e commentate. Ah e grazie mille, la storia ha quasi raggiunto le 10k letture!

Savior || Ashton IrwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora