SEIS (1/2)

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CUBALIBRE
Seis (1/2)

Posso provare a fare una cosa?

Lunedì

Sì, lo aveva seguito a lavoro e, sì, erano tornati a casa insieme, poi. Casa, era strano pensare a quella villetta come casa, no? Eppure non sapeva chiamarla in un altro modo, così come non sapeva in quale altro modo chiamare quella che lui ed Einar stavano vivendo se non convivenza. Aveva cominciato a pensare al plurale e la cosa lo destabilizzava un po': aveva dovuto cancellare più di una volta i messaggi mandati a Lorenzo, perché sono andato diventava siamo andati, ho mangiato era abbiamo mangiato e Filippo stava cominciando a non capire più niente.
In quel momento erano in una fabbrica di sigari habana, situata un po' fuori città: il cantautore si era goduto meravigliato la vista della piantagione di tabacco e, poi, i vari trattamenti che subivano dalla raccolta, la marinatura delle foglie per il rivestimento, il modo in cui venivano rollati - si stupì un po' di fronte all'aspiratore per il controllo di qualità ("Si usa dal 2001" tradusse Einar). Arrivato al confezionamento si voltò verso il barman, curioso.
"Ma ce li faranno provare?" domandò, ché tutto quell'odore di sigari gli aveva fatto venir voglia di assaggiarli.
Einar, fino a quel momento, aveva osservato Filippo mentre si stupiva e si interessava ad ogni dettaglio, avvicinandosi per guardare meglio e poi chiedendogli di aiutarlo a tradurre una domanda per la guida che, in realtà, parlava leggermente italiano, anche se meno del barman.
Si voltò e gli fissò le labbra - gli era piaciuto tanto quando aveva pronunciato ¿puedo hacer una pregunta? verso la guida, dopo essersi consultato con lui.
"Sì, ce li fanno provare" gli confermò allora, pizzicando un lembo della t-shirt bianca che indossava per scostarsela e farsi un po' di aria - quel giorno il caldo non stava dando tregua.
Il ventunenne annuì, soddisfatto della risposta. Si morse un labbro osservando per un attimo una goccia di sudore scendere lungo il collo dell'altro, poi si schiarì la gola e seguì attentamente il movimento che gli operai facevano per mescolare un po' i sigari prima di porli nella scatola. Chissà se gli sarebbero rimasti dei soldi per comprarne qualcuno, prima di partire: chi cazzo li sentiva, poi, i suoi amici?
Diede una piccola spinta con la spalla ad Einar, giusto per prenderlo un po' in giro, ed ascoltò attentamente la guida che stava terminando la spiegazione.
"Escucha" lo sgridò il cubano ridacchiando, adesso le braccia incrociate al petto e un sorrisetto obliquo sulla bocca, lì in piedi accanto a lui.
"Qualcuno vuole probar?" chiese la guida guardando subito Filippo: quel ragazzo era praticamente rimasto incantato da tutta la visita e dalle curiosità che aveva raccontato, quindi gli pareva proprio quello giusto. "Por ejemplo tú, tío" fece indicandolo divertito, un sigaro già pronto in mano.
Filippo annuì entusiasta e prese il sigaro già pronto per essere fumato, lo infilò tra le labbra e lo accese, cominciando a prendere delle boccate. Oh, che buon sapore.
"Despacito" gli consigliò la guida mentre lo seguiva passo passo. "El humo va assaporato y no inalato - así, muy bien, tío" si congratulò con Filippo dandogli una pacca sulla spalla.
Anche Einar in quel momento avrebbe tanto voluto congratularsi con il cantautore - dannazione: con quel sigaro tra le labbra, gli occhi verdi puntati verso i suoi e le piume azzurre che gli sfioravano il collo, Filippo era quanto di più erotico esistesse sulla faccia della terra. Cazzo, cazzo, cazzo. Lo osservò per bene - non si perse nemmeno un secondo di quello spettacolo - mentre quello, ancora con lo sguardo fisso nel suo, inspirava il fumo lentamente, le guance scavate in quel movimento così - merda, Einar sentì un calore insopportabile dipanarsi per tutto il corpo.
Quello buttò fuori il fumo ed osservò il sigaro, stupito. "Merda, è buonissimo." disse, con tono sorpreso. Alzò lo sguardo ed incontrò quello del barman, gli rivolse un sorrisetto ed inclinò l'avana verso di lui. "Vuoi provare?" domandò prima di umettarsi le labbra.
Einar pensò che, in realtà, gli sarebbe bastato continuare a guardarlo mentre lo provava lui - cazzo, aveva la bocca secca. Nel frattempo la guida iniziò a spiegare a Filippo per quale motivo quel sigaro fosse così aromatizzato, ma nessuno dei due riuscì ad ascoltarlo, troppo presi uno dall'altro, la tensione sessuale che stava salendo.
"No, tu -" gli rispose allora "- continua pure." fece - quelle cazzo di labbra. Quella bocca, quegli occhi, quel tutto. Caldo, caldo, faceva caldissimo.
Filippo lo squadrò, prima di prendere un'altra lentissima boccata di fumo, fingendo di ascoltare la guida. Erano ormai giorni che ci pensava, giorni che più toccava Einar, più gli veniva voglia di - Buttò fuori il fumo e si schiarì la gola.
Merda - il barman sentì le gambe diventare gelatina sotto quello sguardo e dovette inspirare profondamente. Fu proprio in quel momento, la guida si allontanò per andare incontro ad un altro gruppetto di turisti che aveva deciso di provare i sigari ed Einar fece un passo (le gambe molli, molli, mollissime) verso l'italiano, gli occhi ancora incatenati ai suoi. Se solo avesse potuto lo avrebbe - Dio.
"Ti piace?" chiese, una nota ambigua nella voce.
Il cantautore si leccò le labbra ed inspirò profondamente. "Moltissimo." rispose solo, sentendo la tensione che saliva e saliva. Infilò il sigaro tra le labbra ancora una volta.
Quello si riempì gli occhi di quello spettacolo, resistendo all'impulso di portargli la mano tra i capelli e - cazzo.
"Lo sapevo" si umettò le labbra secche e si perse a guardarlo, mentre assaporava il fumo lentamente. "Lo sai -" disse ad un tratto, la voce più bassa "- casa mia está vicina."
"Davvero?" chiese lui, soffiando via il fumo. "Mi ci porti, dopo?"
"Perché non ora?" mormorò lui che - cazzo - stava iniziando a faticare a trattenersi, in mezzo a tutta quella gente e con lui lì, così eccitante, così sensuale, così - calma. Gli pareva di non toccarlo da una vita, di non essere suo da chissà quanto e, invece, erano passate solo poche ore - e non si poteva nemmeno dire che in quella settimana fossero andati a risparmio, anzi, si erano consumati a furia di baci e sesso tra le mura di casa di Filippo. Ma quando lo aveva intorno, Einar non sapeva né riusciva più a ragionare da quanto gli intossicava il cervello la sua sola visione. E quelle piume, poi...
Filippo deglutì ed annuì, facendo schioccare la lingua contro il palato. "Andiamo via in fretta, prima che torni la guida, allora." propose, gli occhi che brillavano di divertimento.
Einar diede un'occhiata all'uomo, voltato di schiena e distratto, e fece un cenno divertito a Filippo, per approfittare di quel momento e allontanarsi - sgattaiolarono verso il fondo della sala, a passo svelto, faticando a rimanere lontani uno dall'altro. Il cubano notò di sfuggita che l'altro aveva ancora in mano il sigaro e percepì un brivido caldo giù per la schiena: costeggiò il corridoio, la bocca così dannatamente secca, mentre continuava ad ingoiare la saliva per potersi dare un contegno. Superarono l'ennesima porta chiusa quando - oh. Einar si sentì tirare all'indietro e no, non si oppose proprio per niente.
Il cantautore lo trascinò in uno dei magazzini che era completamente deserto e chiuse la porta alle loro spalle. Rise piano mentre lo spingeva contro il muro e gli si premeva contro - il sigaro lontano dal suo corpo. "Non so se posso aspettare, sai?" sospirò sulle sue labbra con un sorrisetto.
"Oh" commentò semplicemente quello, nascosto con lui dietro ad una pila di scatoloni, nell'angolo dello stanzone - silenzio, silenzio e odore di tabacco e quasi Einar si sentiva stordito da quella situazione così eccitante. Deglutì, mentre con una mano gli sfiorava il fianco, da sopra la maglia: lo fissò dritto negli occhi, un sorrisetto, ma quasi rimase immobile.
L'altro lo baciò lentamente, accarezzandogli la guancia con la mano libera, sorridendo un po'. "Posso provare a fare una cosa?" chiese, guardandolo negli occhi.
"Se me guardi così, puoi fare quello que quieras" fece, senza riuscire a distogliere lo sguardo, il calore che continuava a montare, lì, tra quegli scatoloni. Se lo premette meglio addosso, la salivazione azzerata.
Filippo sorrise divertito e lo baciò ancora, premendosi contro di lui, quasi volesse fondersi con lui.
Quello lasciò scivolare le mani dai suoi fianchi fino al suo sedere, lentamente, insinuandole dentro ai pantaloni per accarezzarlo meglio - lo strinse tra le dita, sentendolo sospirare contro la sua bocca. Aveva la testa immersa in uno stato di eccitazione e piacevole confusione, quasi stesse fluttuando - piegò appena il capo verso il suo, lo inclinò, per incontrare meglio la sua bocca calda e baciarlo, baciarlo, baciarlo.
Il cantautore si spinse contro le sue mani, mentre abbandonava la bocca dell'altro e scendeva a baciargli il collo, strofinando un po' i denti contro il pomo d'adamo. Se un mese fa qualcuno gli avesse detto che si sarebbe ritrovato in quella situazione non ci avrebbe creduto, anzi avrebbe anche riso. Sospirò contro il basso ventre dell'altro, in ginocchio davanti a lui, mentre lo sguardo era puntato in quello dell'altro, come a chiedere conferma.
"Joder" si lasciò scappare il cubano, il respiro accelerato. Vedere Filippo inginocchiato così, davanti a sé, con quegli occhi liquidi, lo sguardo rivolto verso il suo era... Dio. Gli accarezzò i capelli e sorrise, che sapeva quanto coraggio aveva dovuto impiegare l'altro per prendere quella decisione - lo aveva sperimentato anche lui, tempo addietro, ed era stato difficile far obbedire il corpo al cervello, come se le sue gambe e le sue braccia non rispondessero ai comandi.
Lo guardò, immobile ed in silenzio, sentendo un brivido lungo la schiena e il corpo già splendidamente teso.
Quello sorrise un po' e posò il sigaro a terra, mentre portava entrambe le mani alla cerniera del jeans, abbassandola piano, provando a fare meno rumore possibile. Deglutì a stento, poi alzò di nuovo gli occhi e si leccò le labbra - Dio, stava per farlo, stava per....
Un rumore dall'altra parte del magazzino lo destabilizzò. Riabbottonò i jeans dell'altro e si alzò quasi subito. "Cazzo."
Einar sussultò, ma riacquistò immediatamente il controllo della situazione: lo prese per mano e sorrise, premendoselo addosso. "Shhh" fece divertito, l'indice contro le sue labbra. Dio, come avrebbe potuto convivere fino a casa col pensiero di ciò che Filippo stava per fargli? Quasi gli tremavano le gambe - gli lasciò un bacio languido sulla gola, poi lo prese per mano sgattaiolando fuori dal magazzino e, una volta usciti, mollò la presa scoppiando a ridere, mentre riprendeva a camminare velocemente per il corridoio, le mani in tasca.
Il biondo rise con lui, seguendolo a passo svelto. "C'è mancato poco." disse, tra una risata e l'altra, non appena furono lontani abbastanza da poter parlare indisturbati.
Quello lo guardò dritto negli occhi per un lungo attimo, quasi il mondo si fosse fermato. Avrebbe voluto dirgli che - avrebbe voluto dirgli tante cose, invece si limitò a sorridergli, sperando di riuscire a fargliele capire tutte, dalla prima all'ultima.

Cubalibre || EiramDove le storie prendono vita. Scoprilo ora