CUBALIBRE
Trece
(2/2)Oggi
Lunedì
Filippo sbuffò, cercando di riprendere fiato, steso sul letto, incapace di muoversi. Gli faceva male un po' ovunque, aveva una sete incredibile, ma si sentiva così bene. Si voltò verso Einar, osservando il suo petto alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, mentre anche lui provava a smettere di ansimare.
Allungò la mano ed afferrò quella dell'altro, intrecciando le loro dita e sorridendo: avevano passato tutta la notte a far l'amore, finendo per spingersi al limite del possibile. Mi ammazzerai, gli aveva detto in quei giorni e non riusciva ancora a dubitarne - anche se, dannazione, aveva cominciato a pensare che non fosse un caso che lo avesse incontrato in quel periodo di merda, quando aveva toccato il fondo. Si leccò le labbra e gli baciò la mano (Ho toccato il fondo ed ora siamo qui - no, no, non andava bene).
"Credo di non avere più i muscoli."
Einar non era sicuro di come fosse riuscito ad arrivare fino in fondo, questa volta: avevano rincorso il piacere a lungo, tenendosi stretti e baciandosi, toccandosi ovunque riuscissero ad arrivare con le mani, con la bocca, raggiungendo l'apice quasi a fatica, stremati. E poi il corpo aveva ceduto, abbandonandosi in una sorta di indolenzimento generale - male, male ovunque. Provò ad alzare un po' il braccio tatuato (la pellicola trasparente scivolata via, chissà dove) - no, niente da fare, si sentiva troppo intorpidito: allora lo lasciò ricadere lungo il fianco e socchiuse gli occhi per un attimo, le palpebre pesanti. "Nemmeno yo" ammise, adesso guardando con fastidio il sole che si alzava in cielo.
L'altro raccolse un po' di forza e gli si avvicinò fino a posare la testa sul suo stesso cuscino: lo baciò sulla tempia e chiuse gli occhi. "Proporrei di restare così tutto il giorno."
Tutta la vita, ebbe voglia di correggerlo Einar, ma si limitò a premere un po' di più la testa contro la sua bocca, annuendo un attimo dopo. Infastidito da qualcosa che gli stava pungendo la schiena (ma che non aveva avuto ancora la forza di togliere via), allungò la mano per capire cosa - oh, la scatola dei preservativi. La prese in mano e si accorse di quanto fosse leggera - la scrollò un po', trovandola vuota. "Finita anche questa" annunciò e gli venne da ridere.
Filippo scoppiò a ridere, per quanto potesse. "Davvero? Dio." sbuffò divertito, osservando la scatola.
"Già. También esta" fece Einar e gliela lasciò cadere addosso, sul petto, con un sorrisetto, voltandosi poi su un fianco - gemette, totalmente indolenzito: mai, mai gli era capitato di ridursi in questo (piacevolissimo) stato.
Il cantautore gli posò la scatolina sulla faccia. "Ne avevi mai usati così tanti, tu?" domandò, quasi scherzando, ma sinceramente curioso.
"In così poco tempo? No" rise quello e scosse la testa. "È umanamente imposible, dai" continuò a favore della sua (brevissima) tesi e pizzicandogli il naso - lasciò scivolare la scatola tra loro, un sorrisetto sulla bocca. "Tu sì, escometto."
"Chissà che idea hai di me nella tua testolina." si chiese quello, picchiettandogli la guancia con un dito. "Neanche io in così poco tempo." lo corresse, baciandolo piano.
Einar sorrise (di più, sorrise di più, che Filippo non aveva mai fatto così tanto sesso in così poco tempo - con nessuno, era stato l'unico, lui) e si mise a giocherellare coi suoi capelli, scivolando con le dita tra i ciuffi morbidi. "Lo sai che qui en Cuba, i preservativi vengono utilizzati para hacer muchas otras cosas? Non solo per il sexo" gli svelò, avvicinandosi un po' di più al suo corpo, nonostante il caldo soffocante.
"Non fate solo i palloncini?" chiese lui, seriamente curioso. Gli baciò la fronte, il naso e le labbra per poi accarezzargli una guancia.
"No, non solo. Pues, ci fanno anche le esculture per le fieste dei bambini, in mancanza dei palloncini" spiegò con mezzo sorriso. "Pero, sai, a causa de la situación política molti cubani devono -" strinse le labbra per trovare il termine giusto da utilizzare. "Ay, cómo se dice... arr - no, aran - no, no, espera: si dice rangiarsi!" si illuminò, ignaro di aver sbagliato il termine.
Filippo rise piano e lo baciò ancora una volta. "Arrangiarsi." lo corresse. "Per cos'altro li usate?"
"Oh, sì, allora arrangiarse" ripeté quello storpiando subito il verbo. "Comunque, vengono usati nella pesca, por ejemplo, per prendere pesci más grandes" gli spiegò, glissando sulle stupidissime regole che erano state imposte ai pescatori - gli passò ancora le dita tra i capelli e gli venne in mente un altro uso. "Anche le parrucchiere li usano, sai? Para legare i capelli delle clienti, quando estanno lavorando" e gli tirò un po' una ciocca, facendogli piegare il capo all'indietro e mordendogli appena la gola.
Il ventunenne gemette piano, accarezzandogli lo zigomo con il pollice e premendosi contro di lui. Dio, se solo non fosse stato così stremato...
"Interessante." commentò, la voce rotta e roca.
"Vero?" sorrise quello, risalendo fino al mento in una scia di baci. "Un altro uso de los condónes lo fanno i señori che producono vino: siccome non hanno abbastanza tappi, utilizan i preservativi, sai, para chiudere le bottiglie grandi, quelle dove fermenta el vino" spiegò, il tono basso e le labbra all'angolo della sua bocca. "Sono molto validi, sabes? Si capisce perfectamente quando è finito el proceso de fermentazione."
Filippo lo baciò languidamente, tirandolo verso di sé per avere il suo peso addosso - era così piacevole, lui era così caldo. "Devo provare." mormorò, tra un bacio e l'altro. "Nel caso non trovassi un tappo..."
"El vino non va bene para los niños come te" gli sorrise contro Einar, la mano a cercare la sua, a stringergliela, portandogliela accanto al viso - i tatuaggi si incrociarono, si unirono, si completarono. "Per te meglio usarli per le esculture, quelle delle fieste" lo prese in giro, le labbra che scivolavano giù, lungo il collo, poi nell'incavo della sua spalla.
L'altro rise, stringendo la sua mano. "Neanche i cocktail che mi hai preparato andavano bene, allora." scherzò, piegando la testa un po' all'indietro.
"Esatto" asserì quello strusciando il naso contro la sua pelle - sapeva di tutte le cose buone del mondo e di sesso, tanto, tanto di sesso. "Infatti, por tu culpa, il capo avrebbe potuto prendere dei seri provvedimenti nei miei confronti" fece, con finta aria severa, facendo forza sulle braccia e tornando a guardarlo negli occhi - un sorrisetto.
Seri provvedimenti: chissà perché a Filippo non piaceva per niente l'idea di quei provvedimenti. Chiuse per un attimo gli occhi e deglutì, mandando giù quella assurda acidità. "Seri provvedimenti." ripeté, senza riuscire a fermarsi.
"Sì" confermò Einar rotolando di fianco a lui, quasi invitandolo a sovrastarlo col corpo, a fargli sentire tutto il peso della sua esistenza addosso. "Serissimi" sorrise, ignaro dei pensieri che correvano nella testa dell'altro.
Il biondo gli finì addosso e gli leccò una guancia, ancora un po' irritato. "Anche io potrei prendere dei seri provvedimenti, sai?" lo avvisò, ridendo piano. "Se solo ne avessi le forze, però."
"Dio" sbuffò quello divertito, gli occhi socchiusi e le gambe che andavano ad allacciarsi alla sua vita - una piccola smorfia sul viso, che aveva male a tutto, i muscoli totalmente indolenziti. Gli mordicchiò la bocca facendo sua quella risata, nascondendone un pezzo nel cuore ed uno nella mente - il sole era già alto e lui, no, non sapeva come avrebbe potuto lasciarlo andare.
Filippo restò steso su di lui, dandogli un bacio dietro l'altro su ogni porzione di viso che trovava e mugugnando parole incomprensibili - inspirò forte l'odore dell'altro.
"Io y te, un bar - svelto, andiamocene via de qua" sussurrò il cubano contro il suo orecchio, ancora in testa la melodia che avevano inventato insieme. Aveva così voglia di - "Cantiamo. Cantiamo insieme" propose mordicchiandogli l'orecchio, la piuma a solleticargli il viso.
Quello ridacchiò. "Dove l'orizzonte non ha fine." continuò, alzandosi per guardarlo negli occhi. "La sabbia fine."
"Yo que arrossisco por un complimento" canticchiò Einar, arrendendosi all'evidenza e girando la strofa alla prima persona singolare: era lui, d'altronde, che era sempre un po' avvampato quando Filippo gli aveva fatto piccoli complimenti - sorrise tirandosi su a sedere senza mollare il suo sguardo, le labbra praticamente sulla sua bocca.
L'italiano sorrise divertito, baciandolo per un attimo. Quanto era bello, diamine, era così bello e semplice e puro come un bambino - com'era possibile?
"Se ci perderemo rimarrà un momento." come quella volta in piscina, quando si erano persi nella cava di Saturno ed era stato tutto così - così intenso, così bello. Strofinò la punta del naso contro la sua e soffiò un po' sulle sue labbra.
"Un momentito" gli fece eco Einar mordendogli la bocca e sorridendo ancora - serrò gli occhi, che il sole non era davvero così alto, no, era ancora notte, era ancora ieri e il domani era ancora lontano. "Prendiamo la chitarra" propose, che con la scusa di alzarsi avrebbe tirato di più anche quella fottuta tenda, per far andare via quella luce.
Filippo si spostò a malincuore per farlo alzare, stendendosi sulla schiena ed aprendo gambe e braccia. "Sì, suoniamo un po'. Voglio cantare."
Quello afferrò la chitarra posata lì, nell'angolo della stanza: tirò la tenda e lo fece con forza, fingendo di essere totalmente indifferente a quei raggi di sole - buio. Si voltò e vide Filippo così, nudo nel letto - scosse la testa tirandogli addosso la camicia appallottolata, raccolta lì accanto. "Così me viene voglia de fare io, el tuo strumento" scherzò tornando a sedersi accanto a lui - appiccicato a lui.
Il cantautore scoppiò a ridere e si tirò su a sedere, appoggiando la camicia sulle proprie spalle. "Non mi dispiacerebbe." rispose, spintonandolo leggermente, poi appoggiò la testa contro la sua.
Einar imbracciò la chitarra dopo avergli lasciato una carezza sulla schiena: "Estúpido" scherzò iniziando a pizzicare un po' le corde. "Che cosa vuoi suonare?" gli chiese poi, voltandosi appena fino a lasciargli un bacio sulla tempia e, un attimo dopo, tornando a concentrarsi sullo strumento.
Filippo guardò in su e si leccò le labbra. "La ricordi Che ne sai?" chiese, che ricordava di avergliela fatta sentire negli scorsi giorni.
Quello fece ondeggiare la mano da una parte all'altra: "Un poquito" ammise appoggiandosi con la schiena al suo petto, infilandosi per bene tra le sue gambe. "Ayúdame con las palabras" fece, le dita sulle corde per i primi accordi che aveva memorizzato senza alcuna difficoltà - mosse la testa piano, a ritmo.
Il ventunenne si schiarì la gola e partì. "Che ne sai della notte se torni a casa presto." cantò, un sorriso sulle labbra: quella canzone gli metteva una carica assurda. "Che ne sai che ne sai di una donna se..."
"...si non la hai mai persa" continuò l'altro con il suo accento esotico, i polpastrelli che accarezzavano le corde tese - il calore che emanavano i loro corpi premuti insieme era inebriante ed Einar si spinse un po' più contro Filippo, aderendo meglio al suo petto. "Y che ne sai de una sbronza -" riprese con la sua zeta morbidissima "- si non sei mai depresso."
Filippo mosse la testa al ritmo della musica, premuto contro l'altro, la bocca contro il suo orecchio. "Che ne sai, che ne sai dell'amore se -" cominciò, con voce bassa e roca. "- non tradisci mai." e rise, mordendogli delicatamente il lobo.
"Che ne sai tu" fece quello piegando un po' la testa verso i suoi baci, che aveva il cuore che scoppiava e non riusciva a farlo smettere. "De un hangover y una pizza a las tres -" fermò le dita e poi suonò di nuovo le note di quella strofa. "Y una pizza con piña a las tres" corresse allora con un sorrisetto.
L'altro rise ancora e gli fece voltare la testa per baciarlo. "Mi piace, sai? Hai mai provato a scrivere?" domandò in tono scherzoso, anche se gli interessava davvero.
"Escrivere sulla pizza con ananas?" gli morse la bocca Einar - sì, che ci aveva provato, a scrivere. Ma era così complicato, a volte, dare voce ai pensieri che gli giravano in testa. E poi, negli ultimi mesi, quasi non ci aveva più pensato: la sua vita era diventata il lavoro, gli orari assurdi che a cui si era abituato, le telefonate a casa quando poteva, quando riusciva e quella densa mancanza che sentiva per i suoi nonni - la mancanza di suo padre, poi, l'idea di non poterlo vedere più: salutalo da parte mia, aveva pregato sua madre al telefono, quando era stato tristemente certo che non sarebbe potuto andare fino a Santiago, bloccato a La Habana da mille ostacoli. "Potrebbe essere divertente una canción sobre la piña" disse ancora, dopo essersi schiarito la voce e aver mandato via il tremore.
Filippo lo tirò un po' di più a sé e lo abbracciò, stringendolo forte. "In Italia ne abbiamo una con le banane e il lampone, sai?" mormorò nel suo orecchio.
"¿Qué es un lampone?" domandò quello con curiosità, appoggiando la chitarra orizzontalmente sulle gambe e portando le mani su quelle del cantautore, a tenerle forte.
"È quel frutto rosso, che sembra fatto di piccole palline." rispose, poi si staccò un attimo giusto per prendere il cellulare e cercare un'immagine. "Questo qui."
"Frambuesa" tradusse Einar indicando il display col dito - gli tornò in mente la cartella cubalibre che aveva creato su quel telefono il giorno prima (riempiendola di sue foto, stupidissime e altre un po' sexy), di nascosto da Filippo, e le labbra si incresparono in un sorriso: chissà quando le avrebbe trovate...
Il cantautore lo guardò, incuriosito dal suo sorrisetto. "Cosa c'è? Sembri un niño."
"Nada" rispose lui. "Guardavo il lampione" si giustificò poi, tornando ad indicare il frutto e lasciandosi cadere un po' di più tra le sue braccia, appoggiato comodamente al suo petto.
Filippo lo baciò, ridendo divertito. "Lampone." lo corresse, mordendogli il mento. "Sei comodo?" domandò, stringendolo forte - ancora poche ore, soltanto brevissimi momenti.
"Sì" mormorò quello in risposta, accoccolandosi meglio, voltandosi un po' (la chitarra ormai posata sulle lenzuola) ed appoggiando le gambe sulle sue - alzò il viso per perdersi in un altro bacio. "Ricordati la promessa che mi hai fatto" gli soffiò sulle labbra, che era davvero importante che Filippo la mantenesse - che mantenesse la sua libertà, quella che aveva conquistato con tanta fatica.
"Non la dimentico." rispose lui, sorridendogli un po'.
"Y ahora bésame" sussurrò allora Einar accarezzandogli le labbra con l'indice, schiudendogliele appena - le fissò, fissò la forma della sua bocca, la linea sinuosa che ne formava il contorno: voleva ricordare tutto, anche quel modo che Filippo aveva di leccarsi l'angolo della bocca quando era nervoso, o di piegare il capo da un lato e poi dall'altro - tutto. Aveva bisogno di ricordare tutto per quando poi sarebbe rimasto con niente.
Quello lo guardò negli occhi, mentre gli mordeva il dito. Inspirò profondamente, appoggiando la fronte contro la sua e chiudendo gli occhi - sospirò. Lo baciò piano, dolcemente, provando ad allungare gli attimi, i secondi - inutilmente.
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Cubalibre || Eiram
FanfictionCOMPLETA | Eiram | 2017 e Filippo vede tutti i suoi sogni andare in frantumi, intrappolato in una realtà che gli sta stretta e che non gli permette di essere chi vorrebbe essere davvero. Cambiare aria potrebbe essere la vera soluzione: sì, ma dove a...