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CUBALIBRE
Trece
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Potremmo fuggire, sai?

Ancora domenica

Nonostante la pausa al negozio di tatuaggi, Einar e Filippo arrivarono al locale in anticipo rispetto all'inizio del turno del cubano: quella sera toccava a lui aprire e preparare la sala, il tutto insieme a Marisol della quale, però, non c'era ancora traccia. Allora Einar infilò la chiave nel lucchetto del cancello e fece scorrere via la catena mettendola, poi, in ordine: entrò nel cortiletto ancora buio, seguito da Filippo che continuava a lamentarsi della pacca che aveva preso sulla schiena, quella che gli aveva fatto più male - a lui venne da ridere mentre apriva la porta del locale allungando subito dopo la mano verso gli interruttori sulla destra per accendere qualche luce.
"Te devo fare un massaggino?" fece, allora, divertito."Spiritoso." lo rimbeccò Filippo, dandogli uno schiaffetto sul sedere e seguendolo dietro al bancone.
Lui rise e scosse la testa per prenderlo ancora un po' in giro: fece per dire un'altra battutina ma il telefono iniziò a squillare e lui si precipitò sul retro per rispondere al volo - un minuto dopo tornò da Filippo. "Marisol está en ritardo" lo informò sistemandosi meglio la pellicola trasparente sul polso - Libre.
Il cantautore gli si avvicinò ed appoggiò la fronte contro la sua guancia, sorridendo un po'. "Fa molto tardi?" domandò, leccandosi le labbra.
Einar sorrise cercando di morderlo in un qualsiasi posto del viso, la bocca che si schiudeva lentamente. "Un poquito" fece, una mano sulla sua schiena. "Te va de bere qualcosa? De prepararlo insieme a me?" propose chiudendo gli occhi - respirò forte il suo profumo. Domani.
Filippo lo baciò lentamente, inspirando a fondo. "Prepariamo un cubalibre?" chiese, quasi scherzando, mordendogli un labbro.
Cubalibre. Come avrebbe potuto, Einar, tornare a fare cubalibre senza pensare a lui? Eppure annuì piano, la mano ancora sulla sua schiena, forse un po' più giù, forse più sul suo sedere. "Sì. Prepariamo insieme nuestro cubalibre."
Il cantautore lo baciò ancora una volta, prima di sospirare. "Prendo io il rum?" lo prese in giro. "Era in senso orario, giusto?"
Einar lo fissò con un sorriso (ancora intontito per quel bacio, forse) ed indicò il ripiano dove c'era la bottiglia del rum bianco - lo avrebbe lasciato fare, voleva vederlo mentre faceva volare in aria la bottiglia. Lui, invece, prese dei lime ed iniziò col tagliarne uno a metà per il loro cocktail e poi altri a fette, velocemente e con precisione, mettendoli in una vaschetta per dopo.
Quello lo fissò sorpreso, poi gli diede un bacio sulla guancia ed afferrò la bottiglia, sorridendo vittorioso. "Finalmente un po' di fiducia." si lasciò scappare, ridendo un po'. "Preparo sempre io i cocktail quando sono con gli amici - per questo so fare questo." disse, facendo un passo indietro e gettando la bottiglia dietro le spalle con la mano destra ed afferrandola con la sinistra.
"Bravo" si congratulò Einar divertito, prendendolo un po' in giro - rise e batté le mani soddisfatto per quella sua esibizione. "Adesso, però, prendi el shaker" lo istruì indicando con un cenno del capo lo strumento poco più in là, vicino al tagliere col lime. Quando Filippo si mosse, però, lui si mosse a sua volta e un passo dopo gli fu esattamente dietro - non lo toccò, però, che voleva giocare. Rimase lì, ad un soffio dal suo corpo. E poi, poteva sentire Filippo totalmente anche così, nonostante lo stesse solo sfiorando - caldissimo, lì.
Le labbra di Filippo si incurvarono in un sorrisetto, mentre afferrava lo shaker e si voltava verso Einar. "Questo?" chiese, poggiando l'oggetto contro la guancia dell'altro, lasciando cadere lo sguardo lungo il suo corpo.
Quello sorrise, piegò un po' il capo da un lato, forse per sfuggire a quel freddo improvviso. "Questo" mormorò, ancora a qualche centimetro dal lui, a percepirne la consistenza, il calore, la sensualità - cazzo. Prese un pezzetto di lime tra le dita, senza smettere di guardare Filippo negli occhi, che la situazione stava iniziando a farsi bollente e lui non riusciva a mollare il suo sguardo.
Il biondo aprì lentamente la bocca e tirò fuori la lingua, come ad invitarlo a dargliene un po' - gli angoli della bocca sempre in su.
Einar sentì un brivido scendergli lungo la schiena, la gola secca, dannatamente secca. Sexy - Filippo era così sexy in quel momento. Deglutì portando la fettina di lime contro la sua guancia, a scivolare lungo la linea della mandibola: seguì la scia aspra con piccoli baci languidi, respirando piano - strofinò il pezzetto all'angolo della sua bocca, poi tra le sue labbra schiuse e - cazzo - gli tremarono le gambe.
Quello succhiò un po' di succo dalla fettina e rise un po', trovandola troppo aspra. "Ora dovresti darmi un po' di tequila." scherzò, la voce un po' roca. Gli piaceva tutta quella tensione, il modo in cui stavano giocando - avrebbe continuato volentieri, se non avesse avuto tutta quella voglia, repressa sin da quando erano entrati per farsi i tatuaggi.
Il cubano respirò appena, il petto piacevolmente appesantito dalla tensione sessuale che stava crescendo ogni attimo di più - allungò il braccio quasi alla cieca, riconoscendo la bottiglia di tequila abbandonata poco più in là, il beccuccio da cocktail già inserito: la inclinò verso le labbra schiuse dell'italiano, versando della tequila lentamente, un po' in bocca e un po' gliela lasciò colare lungo il mento, godendosi quel momento altamente erotico - quelle gocce che scivolavano giù per la sua gola lo mandarono in estasi.
Filippo sorrise e la mandò giù, leccandosi le labbra e piegando la testa leggermente all'indietro, per far scivolare meglio il liquido lungo la pelle. Ed Einar gli fu addosso immediatamente, le labbra sulla sua gola, a graffiare la pelle coi denti - ne succhiò porzione per porzione, quel sapore forte contro la punta della lingua, con le mani che si stringevano sui suoi fianchi. "Joder" gemette contro la sua spalla, lì dove era arrivata una goccia di tequila - la tirò via con la lingua, un sospiro sommesso.
L'altro posò lo shaker sul ripiano accanto a sé e gli cinse il collo con le braccia, le dita affondate ancora una volta tra i suoi capelli. Abbassò il capo e provò a baciarlo, riuscendoci a fatica. "Cazzo, Einar, Einar."
Quello gli si premette contro, che non era sicuro di potersi mai abituare al suo nome pronunciato a quel modo, no. Domani, domani, domani a quest'ora lui - "Qui. Facciamolo qui" gemette mordendogli il mento e finalmente tornando su alla sua bocca. "Feli" gli sospirò contro, senza baciarlo.
Filippo appoggiò la fronte contro la sua e lo fece indietreggiare quanto bastava per farlo appoggiare al lavandino dietro di sé. Lo guardò negli occhi per un lungo attimo, prima di baciarlo con forza, levando il fiato ad entrambi.
Faceva così caldo, lì dentro, tra i loro corpi premuti assieme - cazzo, cazzo, cazzo. Einar piegò il capo all'indietro dentro al bacio, divaricando meglio le gambe - strinse la presa sulle sue spalle, ma un attimo dopo fece forza per ribaltare di nuovo la posizione. Voleva - Dio, al solo pensiero gli tremavano le gambe - voleva prenderlo lì. Allontanò violentemente il pensiero del domani, che faceva male e gli faceva venire una fitta allo stomaco: allora baciò Filippo ancora più forte, facendogli piegare la gamba e portandosela attorno alla vita, seguendone la linea sinuosa col palmo della mano.
Il cantautore gemette, spingendosi verso di lui, senza smettere per un secondo di baciarlo. Chi era lui per opporsi, quando Einar sembrava così incredibilmente bravo a prendere la situazione in mano?
"Ya te arrendi?" lo stuzzicò il cubano mordendogli la bocca - ancora quel sapore di tequila contro la lingua.
Quello lo baciò forte e scosse il capo. "Prendimi." sussurrò in risposta, gli occhi chiusi.
Prendimi. Quanto gli sarebbe mancato quel sussurro, quella richiesta roca, quella preghiera densa di erotismo? Dio. Einar non poté fare a meno di obbedire docilmente a quella sorta di ordine, a quella voce graffiata che gli faceva tremare le gambe. E lo fece, Einar, lo fece lasciando che la passione guidasse i loro movimenti, che li ritmasse, che rendesse quel momento pura musica - musica, colei che li aveva uniti fin dal primo momento, colei che li aveva diretti in quel viaggio tra i segreti di Cuba ed i segreti delle loro vite. Musica, quella che producevano con un solo bacio, quella che facevano crescere facendo l'amore così, come non riuscivano a smettere di fare da ore - da giorni.
Ad Einar sarebbe mancata la musica che creavano insieme, la musica perfetta della quale non riuscivano a fare a meno - cazzo, cazzo, cazzo. Strinse più forte le mani sui suoi fianchi mentre si spingeva in lui con forza e decisione, con passione e disperazione (domani, domani, domani), ascoltando Filippo che lasciava andare piccole note fatte di gemiti, le labbra così eroticamente schiuse e rosse, ché non ce la facevano a smettere di baciarsi. Einar se lo premette meglio contro, sollevandolo e cambiando angolazione per sentirlo conoscersi sotto di lui, grazie a lui - gli tremarono le gambe per lo sforzo, per l'emozione, ora che lo premeva con la schiena contro il bordo del bancone, tenendolo in braccio, le mani saldamente strette su quel sedere perfetto. Voleva vederlo raggiungere il piacere ancora una volta, voleva vederlo piegarsi sotto il suo tocco, sotto quel controllo che aveva imparato ad amare ad esercitare su di lui - gli scappò un singhiozzo di piacere, mentre lo spingeva più forte contro il legno del bancone.
Filippo si aggrappò alla sua schiena, stropicciando un po' la camicia, senza pensarci troppo. Si lasciò guidare dai movimenti dell'altro, che era - lì, lì, proprio lì - era sempre così perfetto. Gli sarebbe mancato così tanto che a pensarci quasi gli faceva un male cane - strinse meglio le gambe intorno al suo corpo per tenerselo vicino mentre si sentiva quasi esplodere. Cazzo, cazzo, cazzo.
La scritta Cuba sul braccio di Filippo premeva contro la spalla di Einar e - joder - quasi lo bruciava, lo intontiva e, nel frattempo, gli riempiva il cuore di felicità. Di riflesso, fece più pressione sulla schiena dell'altro col suo, di tatuaggio - avrebbe voluto fermare il momento, fare in modo che quei tatuaggi rimanessero uniti per sempre. Posò la fronte sulla sua, tenendolo stretto, mentre sentiva l'orgasmo spingere sempre più, soprattutto alle porte della mente, lì dove c'era tutta la loro musica - lo baciò, lasciando morire un gemito nella sua bocca.
Il cantautore lasciò scivolare una mano tra i loro corpi premuti quando il piacere si fece così insostenibile da - oh. Spalancò la bocca in un gemito silenzioso, mentre gettava la testa all'indietro colpendo il bancone senza nemmeno accorgersene, troppo preso da quel piacere stordente. E quello lo seguì, beandosi della sua bellezza, delle sue guance arrossate, del modo in cui gli si era stretto addosso raggiungendo l'orgasmo - "Eres maravilloso" sussurrò con un brivido, premuto in profondità, con ogni parte del corpo che tremava forte. Lo baciò, il fiato spezzato ed un sorriso felice - gli portò una mano sulla nuca, ad accarezzarla piano, un po' preoccupato (per quanto quel piacere stordente glielo permettesse) per quella testata.
Filippo rise piano nonostante cominciasse a sentire la testa far male, baciandolo ancora, ancora e ancora. "Mi ammazzerai per davvero." sussurrò, incredibilmente divertito.
Quello gli massaggiò la nuca con più decisione, muovendosi in circolo, per cercare di mandare via il dolore - gli morse piano il labbro, sorrise. "Non potrò mai più trabajar qui senza pensare a todo esto" scherzò, sebbene fosse così tanto la verità da dargli una fitta al cuore.
"Almeno sono pensieri piacevoli." lo prese in giro il biondo, ammiccando un po'. Lo baciò ancora una volta, strofinando il naso contro il suo, mentre si sentiva così felice.
"Estúpido" lo rimbeccò dolcemente Einar dandogli un altro bacio prima di scivolare piano via da lui, con delicatezza. Gli face appoggiare i piedi a terra, ma non lo lasciò andare finchè non fu sicuro che fosse stabile sulle gambe, la presa salda sui fianchi - lo guardò, aspettando una sua conferma.
Filippo sorrise e lo abbracciò forte, prima di lasciarlo andare. Gli alzò i pantaloni e glieli allacciò, appoggiando la fronte contro la sua guancia. "Pensa se Marisol arrivasse ora che sono mezzo nudo."
Anche lui lo aiutò a rivestirsi riempiendolo di baci ovunque riuscisse ad arrivare. "Sarebbe contenta de - de vederci estare insieme così, dico" mugolò, i pensieri intorpiditi da quel piacere - spostò la mano di nuovo sulla nuca dell'altro, a massaggiare la zona colpita. Domani. Domani, domani, domani, do - "Feli" mormorò solo.
Filippo lo sapeva, sapeva cosa Einar stesse pensando, cosa volesse dire. Lo abbracciò ancora, stringendolo forte e lasciando che Einar affondasse il viso contro la sua spalla. "Che fortuna essere capitato proprio qui, uh?" sussurrò, baciandogli una tempia.
Einar annuì piano, più volte, premuto contro di lui - lo strinse più forte per poi scostarsi lentamente, scrollando via quel pensiero fisso del domani.
"Te preparo el cubalibre - questa volta per davvero" scherzò allora dandogli un pizzicotto sulla guancia arrossata, appena appena accennato.
"Ho tanta sete, sai?" rise Filippo, mordendogli piano la mano.
Quello rise di rimando preparando al volo due cubalibre e servendogliene uno con una cannuccia - prese un sorso dal proprio e poi uno straccio per iniziare a pulire il bancone, con un sorrisetto rilassato (e felice) sulle labbra. "Buono?" chiese, mentre sfregava il legno.
L'altro prese un lungo sorso ed annuì. "Buonissimo." disse e poi si voltò a guardare la pista da ballo.
Einar si tolse i guanti, che aveva finito di pulire e aveva già sistemato i bicchieri in previsione dell'arrivo dei clienti - seguì la direzione dello sguardo di Filippo, spostandosi aldilà del bancone per tirare giù gli sgabelli e le sedie dai tavoli. Probabilmente lo stesso pensiero che stava attraversando la testa dell'altro attraversò anche la sua - una fitta allo stomaco, mentre lo abbracciava delicatamente da dietro, inspirando forte il suo profumo.
Il cantautore buttò giù quello che restava del cocktail e sospirò piano, appoggiandosi a lui. "Sono capitato per caso anche qui, sai?" raccontò. "Stavo scappando da quel tipo e mi sono ritrovato in un vicoletto." chiuse gli occhi, mentre ricordava. "Ho sentito l'odore dell'oceano e sono finito in questa strada." poi aveva visto tutte quelle coppie e la curiosità lo aveva spinto ad entrare. Si era guardato intorno, seduto al bancone, aveva ordinato della birra e poi - poi aveva visto Einar, lì, che ballava e lo guardava e - già. Voltò il capo da un lato e lo baciò lentamente, perso in quei ricordi.
E lui sorrise, che l'attrazione che aveva sentito per l'italiano, quella sera, era stata come un magnete: lo aveva portato a posare la mano sul suo fianco, a sedurlo, mentre gli ballava premuto addosso, sentendo la voglia di passare la notte con lui crescere sempre più - una notte, sì, una notte che era diventata due, poi tre, fino a - domani, domani, Einar. E allora lo baciò più forte per scacciare il pensiero, la malinconia, per provare a rimanere ancora sulla linea della filosofia del suo paese, sul cogliere ogni attimo ed esserne felici così, sul non avere nulla ma in realtà avere tutto: sì, non gli sarebbe rimasto nulla di materiale di quei giorni (se non il tatuaggio), ma avrebbe avuto tutto, tutto riposto nel suo cuore - chiuse gli occhi nel bacio.
"Einaaarcitooo" chiamò con voce squillante Marisol, annunciando così il proprio arrivo. Ridacchiò quando trovò il collega e l'italiano intenti a baciarsi.
Filippo si staccò malvolentieri, riaprì gli occhi e si voltò a guardare la ragazza appena entrata, rivolgendole un sorriso educato. "Hola, Marisol." la salutò, prima di accorgersi di come la donna avesse appena chiamato il barman. "Einarcito?" domandò, guardandolo divertito.
"Einarcito" confermò quello arrossendo un po' e dandogli una spintarella, fingendosi indispettito. "Lei mi chiama siempre -"
"- Einarcito, Einarcito" canticchiò la ragazza passando loro accanto con un sorrisetto ed aguzzando la vista - oh, ma guarda, un tatuaggio di coppia. "Bonito el tatuaje" ridacchiò fermandosi dietro il bancone e parlandone appositamente al singolare: era uno unico, alla fine, seppur diviso da miglia e miglia - era quello il senso, no?
Il sorriso del ventunenne si allargò un po'. "Bello, vero? La scritta è stata un'idea di Einarcito." la informò aggiustando un po' la pellicola.
"Estronso" lo apostrofò il cubano, sentendo di nuovo quel diminuitivo (anche se, doveva essere sincero, tra le labbra di Filippo suonava quasi sensuale) - gli diede un pizzicotto e poi gli tirò un po' i capelli per vendetta, sotto lo sguardo divertito della barista.
"Ay, qué parejita feliz sois" commentò lei fingendo di sistemarsi il polsino della camicia.
"Perché? Non è vero?" rise il ragazzo, allungandosi a mordergli piano una guancia. "Einarcito." poi si accorse di ignorare il significato di quello che aveva detto Marisol. "Cosa vuol dire parejita?"
"Coppietta" tradusse Einar per lui pinzandogli il naso tra le dita e poi - 'fanculo - baciandolo (in sottofondo un ay, tan bonitos) con un sorriso ad increspargli le labbra. "Marisol escherza sempre" mormorò per giustificare quel parejita... o forse il bacio che gli aveva appena dato, quasi a confermare la versione della ragazza.
Quello rise un po' e gli diede un altro bacio, prima di allontanarsi. Sapeva solo ridere dei commenti di Marisol, anche perché a pensarci troppo gli ritornava in mente la partenza. Diede un buffetto sul sedere del cubano ed andò a sedersi sul solito sgabello, davanti al bancone. "Sai cosa pensavo?" domandò. "Potresti farmi un daiquiri, dopo."
"Un daiquiri" ripeté Einar incrociando le braccia al petto con un sorrisetto. "Lo sai, a mi me parece che estai prendendoci gusto a chiedermi i cocktail" lo prese in giro, iniziando un attimo dopo a prendere l'occorrente - si bloccò, che Marisol lo stava guardando con ghigno divertito e qualcosa stretto in mano.
"Lo pasaron muy bien mientras me esperabais." lo prese in giro, dondolandogli la carta vuota di un profilattico. L'italiano scoppiò a ridere, captando facilmente il senso della frase.
Einar arrossì fino alla punta dei ricciolini, riprendendosi immediatamente la confezione vuota ed accartocciandola - merda, come avevano fatto a dimenticare di buttarla?
"È colpa de Felipe - no sabe tener las manos a posto, sai" disse allora, fingendo la più totale innocenza. "Siempre, siempre que me toca" aggiunse scuotendo la testa con un sospiro.
Filippo alzò un sopracciglio e scosse il capo. "Solo colpa mia?" chiese, fissandolo. "Povero Einarcito." disse, facendo ridere la barista.
"Ay, pobrecito." aggiunse lei.
Quello buttò la testa all'indietro in una risata - diede una ditata allo stereo accendendo la musica e decretando ufficialmente l'inizio del turno: ignorò Marisol che gli chiedeva - fingendosi scandalizzata - se avessero disinfettato tutto e scelse una canzone più ritmata. Iniziò a preparare il daiquiri per Filippo, sentendo che - dannazione - sarebbe stato l'ultimo. L'ultimo, pensò, sentendo il buon umore scemare e, come uno stupido, si fece cogliere da un capogiro al solo pensiero - strinse più forte la bottiglia tra le mani.
Il cantautore lo osservò per un po', notando il cambiamento d'umore e gli lanciò una nocciolina sulla fronte. "Mi fai un sorriso?" chiese, sorridendo a sua volta.
Einar si allungò a rubargli delle noccioline dalla ciotolina e se le ficcò in bocca - quanto gli piacevano? Ogni volta che le aveva davanti finiva per mangiarsele tutte. Allora sorrise, sorrise posando la mano su quella di Filippo e riempiendosi la testa della sua bellezza - si riscosse solo per servirgli il daiquiri.
Quello arricciò il naso, tanto largo era il suo sorriso, e prese un sorso del cocktail. Sbuffò divertito e ne bevve un altro po', facendo poi la linguaccia al barman. "Buono."
"Bueno, bueno, bueno, siempre dices bueno. I miei cocktail sono perfetti, ricordatelo" lo rimbeccò lui divertito notando i primi clienti entrare nel locale: un gruppetto di ragazze, uno di ragazzi - si palesò pure il suo capo che, camminando con aria entusiasta, raggiunse Einar e Marisol dietro al bancone: diede un bacino alla ragazza e poi una pacca sulla spalla ad Einar e mezzo abbraccio salutandolo con un ¡Einarcito! urlato, per sovrastare la musica.
Filippo seguì il capo con lo sguardo - le labbra strette con disappunto. "Anche lui ti chiama così." notò, buttando giù una manciata di noccioline, sperando mandasse giù l'acidità che iniziava a salire.
Einar guardò l'uomo sparire nel retro e poi si voltò a guardare di nuovo Filippo - sorrise. "Molti me llaman così, è muy frequente qui" gli spiegò, piegando un po' il capo da un lato e chinandosi verso di lui. "Puoi chiamarmi anche tu, così, questa notte" mormorò.
L'italiano si leccò le labbra e mandò giù quello che restava del daiquiri. "Preferisco Ein." confessò, sfiorandogli una guancia con l'indice. "Non è più bello?"
Il sorriso dell'altro si allargò mentre col viso si spingeva piano contro il suo dito - socchiuse gli occhi. "Sì. Sì, lo è" fu d'accordo, che nessuno lo aveva mai chiamato così, forse qualche volta Jo (sebbene preferisse dei nomignoli più da fidanzati).
Qualche metro più in là, Marisol continuava a guardarli: "Domani Filippo torna in Italia" le aveva detto prima Einar, quando lei gli aveva chiesto cosa lo turbasse così, che non lo vedeva sorridente come ogni sera. Asciugò un bicchiere e si avvicinò ad Einar per posarlo accanto a lui.
"Mira..." cominciò, a bassa voce. "¿Porqué no bailas con Felipe?" propose. "No hay mucha gente, no necesito tu ayuda."
Quello si voltò a guardarla e scrollò un po' le spalle, che non voleva lasciarle tutto il lavoro e - domani, Einar, domani. Gli si inumidirono gli occhi a quel pensiero e abbassò lo sguardo. "Gracias, querida" le rispose grato, posando la mano sulla sua e cercando di mandare via quella tristezza che gli pesava sulle spalle da ore. Appoggiò la bottiglia, mollando tutto lì - indossò il sorriso più bello che avesse e fece il giro del bancone, prendendo Filippo per mano senza troppe spiegazioni.
Filippo lo abbracciò forte, dondolando con lui seguendo il ritmo della musica. "Quanto sei fi-ne." canticchiò nel suo orecchio.
Ed Einar ci si abbandonò, tra quelle braccia, sentendo il bisogno di crollare, di crollare per un solo attimo e non essere più quello più forte dei due - nascose il viso contro il suo collo, le mani intrecciate sulla sua schiena e il tatuaggio lì, quel libre che continuava a ricordargli che aveva fatto qualcosa di speciale per qualcuno, che aveva aiutato Filippo che era alla disperata ricerca di ossigeno, di una via d'uscita, di tornare a respirare. Sapeva così tanto, di lui, avevano condiviso tutto e l'idea che se ne andasse per sempre era - cazzo. Lo strinse di più, quasi fino a fargli male.
Filippo premette il viso contro la spalla dell'altro, chiudendo gli occhi, stringendolo anche lui. Quanto erano comode quelle braccia: era forse stupido ad accorgersene soltanto in quel momento. "Potremmo fuggire, sai?" propose, d'improvviso, nel suo orecchio. "Fuggire e girare per la città, fuggire ed andare a casa a fare l'amore finché non dimentichiamo tutto e tutti." mormorò, stringendolo un po' di più. "Far l'amore e basta."
Merda, pensò Einar mentre la mano gli tremava e gli saliva un grumo di sentimenti fino alla gola - lo buttò giù serrando gli occhi più forte. "Sì. Escappiamo via e passiamo la - l'ultima notte nascosti dal mondo" sussurrò sentendosi così romantico e triste, ora che andava stringersi un po' di più su di lui e mentre la musica quasi li prendeva in giro, suonando una sorta di lento.
Il cantautore, allora, lo baciò - lo baciò forte, provando a trasmettere ogni pensiero, ogni stato d'animo.
Domani, domani, domani. Domani che era quasi oggi e ad Einar andava sbriciolandosi il cuore. Erano caduti in una trappola tesa dal destino e non erano riusciti a tirarsene fuori: avevano vissuto tutti quei giorni lasciandosi guidare dalla libertà, dai desideri del momento (sesso, magnifico sesso che poi era diventato fare l'amore), dalla voglia di visitare luoghi nuovi, di assaggiare piatti del posto e baciarsi di nascosto. Filippo aveva seguito un percorso di crescita: si era scrollato di dosso i demoni e le paure e pareva paradossalmente ringiovanito, con quelle guance sempre arrossate per il sole - Einar poteva essere fiero di tutti questo, di ciò che lo aveva aiutato a raggiungere, guidandolo in quel viaggio nel viaggio. Sfiorò le sue piume con le dita e tornò a chiudere gli occhi nel bacio.
"Andiamo via, niño - via."

*

*

Bentornati a Cuba!

Ed eccoci alla prima parte dell'ultimo capitolo di Cubalibre.

La nostra cara Marisol è la shipper più accanita della coppietta Cuba e Libre.
Allora, Marisol, noi ci appelliamo a te: falli rimanere insieme ed allontana il capo da Einarcito!

Insomma, Feli ed Einarcito sono totalmente persi uno per l'altro ma domani Feli partirà.
Il tempo sta per scadere: cosa accadrà?

Come sempre, fateci sapere se anche questo capitolo vi è piaciuto con una stellina ed un commento. E non dimenticate #cubalibreff su Twitter!

A presto,

moonypads e Siamo_infiniti

Cubalibre || EiramDove le storie prendono vita. Scoprilo ora